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Animali domestici: i giovani di Caroline Baglioni tra poesia e devianza

Animali domestici (ph: Marcella Foccardi)

Animali domestici (ph: Marcella Foccardi)

La tentata strage di Luca Traini a Macerata nel 2018 come sfondo per lo spettacolo di Antonio Mingarelli con Christian La Rosa e Alice Raffaelli

Quando il 3 febbraio del 2018 arrivò la notizia che, a Macerata, un balordo aveva fatto fuoco su sei migranti africani ferendoli, in tanti pensammo al clima di tensione generato da alcuni politici di destra nella campagna elettorale che precedette le elezioni politiche del vicino 4 marzo. Alcuni candidati avevano esasperato il pericolo immigrazione e l’emergenza criminalità.
In realtà, dietro la strage tentata da Luca Traini, 28enne pistolero palestrato lettore del “Mein Kampf”, appassionato di croci celtiche e saluti romani, ex candidato leghista con frequentazioni in Forza Nuova e Casa Pound, c’era qualcosa di più dell’odio razziale. Traini era stato impressionato pochi giorni prima dal ritrovamento del corpo di Pamela Mastropietro, 18enne uccisa e fatta a pezzi, sempre a Macerata, da un pusher nigeriano. Ma a ben guardare, quella di Traini era una giovane vita costellata da frustrazioni familiari e sentimentali, fallimenti lavorativi e solitudine.

Alla vicenda di Traini s’ispira lo spettacolo “Animali domestici”, drammaturgia di Caroline Baglioni, progetto e regia di Antonio Mingarelli, che ha raggiunto il Teatro Fontana di Milano (rassegna “Itaca / Nuove Poetiche”) dopo la presentazione in anteprima a Primavera dei Teatri.

La regia di Mingarelli sfrutta l’alternanza buio/luce di Gianni Staropoli per il ping pong scenico di Christian La Rosa (premio Ubu come miglior attore under 35 nel 2017) e Alice Raffaelli (performer, danzatrice, attrice, finalista Ubu 2018).
Luca, detto “Lupo”, e Alice, liceale 14enne: due reietti, due malesseri.

Buio pesto, luce da luna calante. Lupo si presenta di spalle, felpa e calzoncini, calze e scarpe da tennis, occhiali da intellettuale mancato, accento marchigiano smaccato, e discorsi che sono un misto di xenofobia e ignoranza.
Buio, luce notturna da cameretta. Alice e i suoi capelli neri fluenti, la frangetta sugli occhialoni rotondi, la giacca di jeans sulla maglietta hard rock, i pantaloncini, i leggins, gli anfibi ai piedi. Da una parte lo zaino, dall’altra un vocabolario-mattone che lo riempie da solo.

Le farneticazioni di Lupo, il suo personaggio buffo e frenetico; la sua mania dello sport e del peso sotto controllo, un padre assente e svilente, una madre ipercurante e ansiosa, il cibo come surrogato affettivo, la mania della dieta. Lupo, delirio e cinismo.
Le paturnie di Alice, miope, flemmatica, impacciata; i gesti puliti e solenni dentro il perimetro di una comfort zone in perpetua costruzione.
Lupo e la sua Alfa 147, la spesa da portare a casa per non sentirsi inutile, il jingle di un discount come tormentone, e a tavola la coscia di pollo diventa una spada.
Alice e i suoi tormenti, un senso d’inadeguatezza e nichilismo, le ansie, il bullismo subìto, una vita scolastica senza acuti; ma anche una passione, quella del teatro, della scrittura che può essere salvifica: «una penna su un foglio può dire più di quanto pensiamo», le dice il maestro.

Lupo, Alice, lo stesso disagio: l’incapacità relazionale, la paura di vivere che supera quella di morire, l’inadeguatezza di fronte alle scelte. Sentirsi fuori luogo, fuori ruolo, fuori tempo massimo. Un sentimento d’alienazione e d’impotenza che quando non trova sublimazioni creative può degenerare nella violenza.
Lupo, la sua fragilità espressiva. Lupo senza un vocabolario.
Alice è chiamata a scrivere, pensa di esserne incapace, e invece riempie pagine su pagine. Alice un profluvio di parole, Alice e lo sfogo. Lupo: la vendetta, il reato, e il tunnel diventa abisso. Alice: l’arte, la parola liberatrice, e l’abisso diventa uscita.
La luce, il buio, l’incontro. Un testo che attraversa le inquietudini adolescenziali. Lupo e Alice sono facce della stessa medaglia. Lupo e Alice siamo noi, oppure lo siamo stati.

Apprezziamo il testo sardonico e poetico, goffo, vaneggiante, esuberante di Caroline Baglioni. Nessuna semplificazione manichea, nulla di rassicurante. Piuttosto la sensibilità senza giudizi né pregiudizi, il vuoto, il disarmo generazionale in termini di complessità.
Alice, le sue paure, la sua empatia per Lupo, randagia come lui: Alice, la sua danza finale sghemba, irrazionale e istintiva, nevrotica, sincopata, abortita, così vicina alla pietas di Antigone.
Un lavoro adatto ai ragazzi che ripudia i luoghi comuni, con una prova attoriale maiuscola e una regia telefonata, forse prevedibile, comunque adeguata al testo.

ANIMALI DOMESTICI
Con Christian La Rosa e Alice Raffaelli
Drammaturgia di Caroline Baglioni
Progetto e regia di Antonio Mingarelli
Light designer Gianni Staropoli
Scene e costumi Eleonora Rossi
Tecnico Luci Omar Scala
Assistente alla regia Elena Zagaglia
Collaborazione alla drammaturgia Shara Abruzzese, Alice Rocchetti, Leonardo Ciucciovè, Riccardo Trivelli.
Insegnante dialetto Rebecca Liberati
Foto di scena Marcella Foccardi
Riprese video Umberto Terruso
Dedicato a Paolo e Vittorio Taviani
Una produzione Teatri della Plebe / Utovie Festival in collaborazione con AMAT/ Proxima Res /ArmuniaFestival – Residenze artistiche

durata: 1h
applausi del pubblico: 2’

Visto a Milano, Teatro Fontana, il 27 aprile 2023

 

 

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