Nanou e quell’Anticamera ancora da esplorare a fondo

Anticamera
Anticamera
Anticamera – Gruppo Nanou (photo: Laura Arlotti)

Il Gruppo Nanou ha presentato all’edizione appena conclusa del festival Inequilbrio “Anticamera”, la terza parte dell’ampio progetto Motel, articolato in tre stanze, dove un esiguo numero di personaggi interagiscono offrendo “residui narrativi”, fatti di un luogo disabitato, denso di segreti, amanti, puttane e assassini.

Portare in scena un lavoro in prima nazionale che fa parte di una trilogia e ne rappresenta i prodromi, gli spunti, le origini comporta una piccola riflessione: chi assiste dovrebbe avere per lo meno delle nozioni sugli altri due spettacoli precedenti, in modo da cogliere collegamenti, riferimenti, percorsi di sviluppo. Ma spesso, per un non addetto i lavori, non è affatto così.
Decido allora di pormi dalla parte di chi assiste al progetto per la prima volta.

L’inizio è pervaso di un forte erotismo. Nella sala buia due lembi di gambe femminili in scarpe col tacco ipnotizzano in un’immagine di spasmodica curiosità, che si rivela a poco a poco, per lacerti, attraverso tagli netti di luce sul corpo della performer, che lentamente retrocede, senza rivelarsi nella sua figura itera, fino a rinchiudersi in un cubo bianco, claustrofobico, ospitante una sedia -bianca anch’essa – e qualcosa da bere.
Il piccolo fondo della struttura lascia intravedere una carta da parati elegante, che richiama certe stanze di un tempo che fu. È un interno stretto, dove è faticoso stare, in cui non ci si può stendere, dove non sembra sia concesso il riposo, dove si è obbligati ad assumere pose e dove l’erotismo attuato per metonimie corporali lascia decidere allo spettatore chi sia questa misteriosa figura: una prostituta al termine della giornata, un’amante sedotta e abbandonata, una donna frustrata e sola che affoga nel bere sogni infranti.

Ma il seguito sembra deviare in percorsi meno netti, forse anche ripetitivi, e per questo non convincerà fino in fondo. Le luci giocano ancora su figure geometriche, si danza all’interno di un cerchio di luce, che richiama una geometria di base imperante nella performance: cubo, quadrato, cerchio, sfera simboleggiano immagini definite, nette, che non lasciano spazio alla fuga, alla liberazione da un quotidianità in cui si è stretti e costretti, che confondono.
Ci sono azioni talvolta improvvise, che però sembrano non scendere in profondità, e forse hanno l’intento di alleggerire o creare distonia, assenza di significato, virate improvvise che tuttavia rischiano di mettere in luce una certa esilità di questa seconda parte del lavoro. E allora si ha la sensazione di uno spettacolo che non sfrutta a pieno gli spunti iniziali, coinvolgenti ed enigmatici, in tutta la loro morbosità ambigua.

C’è uso di oggetti, ci sono un divano e una sedia piccolissimi, quasi dei giocattoli che evocano degli interni; si inscenano balletti che ricordano un certo cinema hollywoodiano o i musical americani alla Fred Astaire. Eppure tutto questo non ha la forza d’impatto, il fascino, il mistero di quel cubo bianco con un corpo incastrato che abbiamo visto all’inizio e che ha inghiottito per sempre l’enigmatica figura femminile, la cui presenza continua ad aleggiare nella nostra mente.

Anticamera, Motel [Faccende Personali]
di Marco Valerio Amico, Rhuena Bracci
con: Marco Valerio Amico, Rhuena Bracci, Marco Maretti
suono: Roberto Rettura
light design: Fabio Sajiz
scene: Antonio Rinaldi, Giovanni Marocco
concept feat. Robert Rebotti {jacklamotta}
prodotta da nanou ass.cult, coprodott da Armunia, Schloss Brollin
realizzato con il sostegno di Centrale Fies, L’Arboreto – Teatro Dimora di Mondaino, Ravenna Teatro, Regione Emilia-Romagna – Assessorato alla Cultura, Comune di Ravenna – Assessorato alla Cultura, Teatro Fondamenta Nuove, Associazione Cantieri, Città di Ebla
durata: 27′
applausi del pubblico: 1′ 50”

Visto a Castiglioncello (LI), Festival Inequilibrio, il 9 luglio 2011
prima nazionale

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