Il debutto, a Torino, dello spettacolo dei giovani diplomati alla Scuola per Attori dello Stabile
La fratellanza, evocata già nel titolo, ma potremmo dire anche la sorellanza, è uno dei temi centrali dello spettacolo andato in scena alle Fonderie Limone dal 10 al 22 gennaio, per la regia di Gabriele Vacis (dramaturg Glen Blackhall) e con la partecipazione in scena della neonata associazione culturale PEM, Potenziali Evocati Multimediali, composta da giovani attori e attrici (classe 1996-1999), diplomati alla Scuola per Attori del Teatro Stabile di Torino, diretta dal 2018 al 2021 dallo stesso Vacis.
Qual è l’origine del conflitto tra Eteocle e Polinice? La si cerca nelle “Fenicie” di Euripide, a cui si ispira la prima parte dello spettacolo: i due fratelli, per sfuggire alla maledizione lanciatagli dal padre Edipo, decidono di alternarsi di anno in anno al governo di Tebe, ma Eteocle, ottenuto il potere, non è più disposto a cederlo al fratello, tanto più che questi si è unito ai nemici, avendo sposato la figlia del re di Argo. I tentativi della madre Giocasta per scongiurare lo scontro e riappacificarli sono vani. Eteocle e Polinice moriranno l’uno per mano dell’altro.
All’origine del conflitto vi è dunque la brama di potere? O forse la causa del duplice fratricidio va ricercata più a monte, nel conflitto con il padre?
Antigone, attorno a cui si sviluppa la seconda parte dello spettacolo, sfida le leggi dello Stato che vietano di celebrare gli onori funebri per i defunti nemici e, appellandosi ad altre leggi, quelle divine, o più umanamente in nome di un forte legame, quello viscerale che unisce una sorella a un fratello, disobbedisce al nuovo re di Tebe, nonché suo zio, Creonte, e ricopre di terra il corpo del fratello Polinice, votandosi così alla condanna e alla morte.
Questa, a grandi linee, la vicenda che da Sofocle a oggi ha generato e continua a proliferare dibattiti e interpretazioni, anche in forte contrasto tra loro, sul ruolo di Antigone e quello di Creonte, ma ciò che qui interessa è il rapporto tra fratelli e sorelle e la ricerca di un senso, di un motivo per vivere, anzi per sopravvivere, quando il legame è infranto.
Ismene, più giovane di Antigone di qualche anno, non ha il suo coraggio e tenta di dissuaderla dallo sfidare le leggi ma, una volta scoperto il reato, si accorge che le sarebbe impossibile continuare a vivere senza più né sorella né fratelli, e così si autoaccusa, anche se subito smentita da Antigone.
“Quale motivo abbiamo… avete per vivere?”, “C’è qualcosa per cui saremmo/sareste disposti a morire?”. Lo chiedono al pubblico. In scena non ci sono più soltanto Antigone, Ismene, Eteocle, Polinice, né Meneceo ed Emone, figli di Creonte, segnati anch’essi da un tragico destino, ma Davide, Andrea, Chiara, Pietro, Lucia, Eva, Erica, Enrica, Edoardo, Letizia, Daniel, Lorenzo, Gabriele, Giacomo, giovani attrici e attori che si interrogano, anche a proposito della loro scelta di fare teatro, attraverso i Classici.
Le parole di Euripide e di Sofocle, un po’ narrate un po’ interpretate, si mescolano alle voci autentiche di questi giovani, alle parole di Lorenzo che confessa, pur riconoscendone l’aberrazione, di invidiare i suoi coetanei ucraini che in questo momento sanno ciò per cui stanno lottando, sanno per cosa sono disposti a morire.
Un bilico centrale, ricoperto di terra, taglia in due la scena, sostanzialmente spoglia. Attrici e attori, vestiti con abiti morbidi e dalle tonalità anch’esse terrose, si muovono armoniosamente in scena con lo stesso passo e respiro, creano figure, camminate ritmate, allargano e restringono la spazio scenico.
Il pubblico viene spesso illuminato, come per inglobarlo nell’azione. Impossibile non lasciarci coinvolgere dalla forza emotiva ed evocativa dei canti, in lingue difficilmente riconoscibili ma che sanno di antico.
Nella messinscena si distinguono la cifra stilistica di Vacis e di Roberto Tarasco. Tuttavia, più dello spettacolo, dotato indubbiamente di una sua eleganza, ciò che interessa è il percorso intrapreso da questi giovani, la loro intenzione di vivere il teatro come un luogo di riflessione sul vivere comune, come un luogo politico, ma anche – ce lo suggerisce lo scrittore Fabio Geda in una sua intervista al regista – come luogo di cura.
Stupendo lavoro,mi riferisce Cinzia Zanellato dal Due Palazzi di Padova,con cui collaboro.
Possibile una replica,ad ottobre 2023,al Teatro Farinelli di Este PD,all’interno della 17 edizione della Rassegna di teatro scolastico “Teatrando:giovani e scuola in scena”?
Per info:www.progetto-teatrando.it
Manuelita Masia,Referente delegata Teatrando