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Antigone e la strategia del rito. La tragedia secondo Bucci e Sgrosso

Antigone - Le belle bandiere
Antigone - Le belle bandiere
Antigone – Le belle bandiere (photo: teatrocasalecchio.it)

Le Belle Bandiere sono nate nel 1992 in seno al gruppo storico del Teatro di Leo, diretto da Leo de Berardinis. Ai fondatori della compagnia Elena Bucci e Marco Sgrosso, da anni sotto i riflettori, si deve aggiungere oggi anche Maurizio Cardillo, di cui troppo poco si è sentito parlare.
Il duo ormai è diventato un trio, capace di adattarsi perfettamente al sistema di ruoli della prosa classica e sostenerne il repertorio. Insieme a loro, un gruppo di giovani attori e tecnici, con piena adesione al progetto artistico della compagnia, cerca di costruire qualcosa di importante.

Dopo Shakespeare, Ibsen, Brecht e Goldoni, Bucci e Sgrosso affrontano per la prima volta in termini autonomi la tragedia antica. La radice di questo confronto, infatti, deve essere cercata nel cuore della poetica del loro maestro de Berardinis, nella sua riflessione sul “teatro popolare di ricerca”, dove definiva “popolare” proprio la tragedia greca, negli spettacoli “Quintett” e “Come una rivista”, rispettivamente del 1988 e del 1999.

Proprio in “Come una rivista”, Sgrosso aveva affrontato il ruolo di Creonte, che incarna nuovamente in questo allestimento disegnando una figura ieratica e fortemente evocativa. È l’interpretazione più originale e convincente che appartenga alla nostra breve memoria.
Il suo abito scuro, lungo fino ai piedi, colpisce per l’ampiezza delle maniche, che coprono le mani del sovrano fino a farle scomparire. La maschera dorata che indossa al suo ingresso in scena evoca le vestigia funebri di Agamennone a immagine del potere.

Alla figura simbolica del sovrano fa da contraltare Antigone, ribelle alle leggi dello stato, che decide per pietà umana di concedere degna sepoltura al cadavere del fratello Polinice, gesto che un editto di Creonte aveva espressamente vietato, pena la morte.
Elena Bucci, nei panni di Antigone, veste un abito nero e un “chiodo”, simbolo della ribellione giovanile. Se a questo livello il contrasto è fin troppo esibito, tutt’altro avviene sul piano dell’esecuzione. La Bucci riesce a dare sostanza alla materia profonda della tragedia sofoclea, costruendo momenti di limpida, autentica, comunicazione. Riesce a “commuovere”.

Il testo di Sofocle è ridotto all’osso e l’elaborazione drammaturgica ne conserva lo schema, “la strategia”. Su questa struttura si innestano i contenuti più altamente poetici dell’opera, rimasti pressoché inalterati.

Il compito di portare avanti il racconto è consegnato al coro, dove tutti gli attori indossano la maschera. Una voce indistinta e funerea mescola la lingua italiana a quella dialettale, sapientemente orchestrata da Cardillo in veste di corifeo.
Da questa articolata e “pastrocchiata” composizione si staccano in forma di assolo le altre figure del racconto, che conquistano lentamente spazio e identità: Ismene, Emone, una guardia, Tiresia.

Uno spettacolo da guardare con attenzione.
Per l’ultima volta citiamo le luci di Maurizio Viani, capaci di “illuminare” la sostanza del teatro. “Il sole” di Leo è tramontato.

ANTIGONE OVVERO UNA STRATEGIA DEL RITO
da Sofocle
progetto ed elaborazione drammaturgica: Elena Bucci e Marco Sgrosso
regia: Elena Bucci con la collaborazione di Marco Sgrosso
con: Elena Bucci, Marco Sgrosso, Daniela Alfonso, Maurizio Cardillo, Nicoletta Fabbri, Filippo Pagotto, Gabriele Paolocà
disegno luci: Maurizio Viani 
suono e sensori: Raffaele Bassetti
direzione tecnica: Giovanni Macis
luci: Davide Cavandoli
costumi: Nomadea e Marta Benini
assistente all’allestimento: Alessandro Sanmartin
organizzazione: Federica Cremaschi
distribuzione: Emilio Vita per Argante
produzione: CTB Teatro Stabile di Brescia in collaborazione con Le Belle Bandiere
durata: 1h 15’ (senza intervallo)
applausi del pubblico: 4’

Visto a Casalecchio di Reno, Teatro Testoni, 27 gennaio 2012

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