In principio è ancora e sempre l’azione. Ma il verbo sta rimontando. Anche se, matematicamente, rigorosamente, si tratta di un’epica che non ce la fa a proseguire in racconto, deraglia, si sgonfia su se stessa. Barocco, puro suono, rigurgito fatico, il linguaggio si avviluppa e si dimentica da dove era partito. O se ne va per tutt’altra strada.
Anelante è chi abusa della voce del padrone, tra poteri forti o fortissimi: Dio e il culo i primi bersagli. E poi, sul filo del paradosso, Freud e i suoi sonni inquieti. A rigor di logica si diventa logorroici: allenare la voce dove il corpo non può arrivare. Manovrare il prossimo, nell’alto dei cielo o in fondo all’oceano.
Incontriamo Antonio Rezza e Flavia Mastrella al Teatro Vascello di Roma prima di una replica del nuovo “Anelante” (in scena ancora fino al 17 gennaio), di cui vi avevamo già parlato in occasione del debutto assoluto a Torino.
Le migliori domande, com’è tradizione, sono arrivate quando non c’era più tempo per porle.
A voi quel che è stato, tra invettive, indicazioni di metodo e sovversione dell’ordine, con l’anelito di approfondire insieme.
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