Autore e regista di teatro, è co-direttore artistico del Teatro Litta, realtà di indagine e ricerca oltre che uno dei teatri più antichi di Milano. Ha lavorato per la televisione, il cinema, la pubblicità, la moda e il design.
Formatosi alla Scuola d’Arte Drammatica “Piccolo Teatro” come assistente alla regia, Antonio Syxty è uno dei fautori dell’eterodossia teatrale degli anni ’70-’80 a Milano, autore di performance e messe in scena che mescolano impronte dada ad allucinazioni da società dei consumi in decadenza.
Un appassionato d’arte e di nuove drammaturgie che non perde il gusto della provocazione: mai casuale anche la scelta dei testi, come quello portato in scena quest’anno dal 10 febbraio all’8 marzo “Mi ami? Do you love me?” di Ronald D. Laing, tratto dai testi “Mi ami?” (1976) e “Nodi. Paradigmi di rapporti intrapsichici e interpersonali” (1970), veri cult di quel periodo.
Interpretato da Cara Kavanagh, Guglielmo Menconi e Mister X con scene e costumi delle giovani ma promettenti Francesca Pedrotti e Alice De Bortoli, scenografe della scuola di Margherita Palli e Giacomo Andrico, Syxty parla della sua creazione come di uno spettacolo comportamentale.
Il regista immagina, infatti, un mondo virtuale con molteplici ipertesti: immagini, video, storie, suoni, playlist di canzoni, esperienze che si interfacciano e si sovrappongono. Una sorta di colossale zapping. Per spiegarlo si affida ad un pensiero del grande video artista Bill Viola, il quale afferma che “una medesima reazione emotiva viene attivata nel cervello di una persona in entrambi i casi: sia quando questa si trova a fare un’esperienza, sia quando la vede fare da qualcun altro”, un principio neuroscientifico definito ‘meccanismo specchio’.
Con “Mi ami?” Syxty ha voluto catalogare comportamenti banali e reiterati di due soggetti, un Lui e una Lei, su cui si compie una sorta di esperimento percettivo, prendendo a prestito i ‘dialoghi’ e le ‘poesie’ di Laing, basati a loro volta su comportamenti relazionali e rapporti intrapsichici di un Lui e una Lei immaginati e trascritti dal grande psichiatra in forma di dialoghi compulsivi e frasi spezzate, deframmentate, afasiche.
Quanto tutto questo sia vicino al contenuto del linguaggio frammentato che oggi occupa gran parte delle nostre autostrade comunicative (sms, messaggi pubblicitari…) è evidente: riflesso di un mondo in crisi semantica, oltre che di valori.
Impaginato in un’ipotetica e virtuale pagina web, usando provocatoriamente il palcoscenico di un teatro, Syxty torna al teatro di provocazione degli anni Settanta per definire il perimetro e una sorta di manifesto poetico personale. Ne abbiamo parlato con lui sulla scena, al Teatro Litta.