Atti di guerra: Guinea Pigs e la violenza brutale del branco

Letizia Bravi
Letizia Bravi

Ci sono spettacoli che colpiscono per la loro forza e violenza e lasciano nello spettatore un senso di disagio. È il caso di “Atti di guerra”, dittico che la giovane compagnia Guinea Pigs, diretta da Riccardo Mallus, ha portato in scena a Zona K nell’ambito della rassegna Focus.

Due quadri: lo stupro di un branco su una ragazza alle prese con i primi approcci amorosi; e la violenza di un manipolo di tre uomini su una escort. Due vicende liberamente ispirate alla cronaca, tra misoginia e cyberbullismo. Il cinismo si allarga con angosciante lucidità.

Le due parti sono caratterizzate da una drammaturgia agile, briosa: movimenti scenici dinamici, dialoghi di sciolti botta e risposta, narrazioni in terza persona, brevi flussi di coscienza.
La rapidità della drammaturgia di Giulia Tolli e della regia di Mallus fa da contraltare alla gravità dei temi trattati, alla crudezza delle scene e dei personaggi.

Bravi gli attori. Francesco Martucci e Federico Manfredi incarnano vite senza (com)passione, sguardi privi di empatia. Sono esseri ripugnanti senza gradazioni, mostri refrattari a ogni umanità. Soprattutto, nel dipanarsi delle due storie apprezziamo la facilità di sdoppiarsi di Letizia Bravi e Marco De Francesca: prima innamorati irrequieti, smarriti di fronte alla violenza perseverante; dopo prede di una dissimulazione feroce, automi risucchiati nei meccanismi del tornaconto o del piacere da vendere o comprare.

Una luce asettica di fari (di Martino Minzoni) abbaglia e ferisce: rende la scena algida come le facce mortifere dei protagonisti, i gesti spigolosi senza umanità.
La composizione sonora di Gianluca Agostini scandisce un incedere militaresco vagamente rap. Il movimento scenico orchestrato da Betti Rollo rende lo spettacolo fisico, ritmato, quasi un addestramento per pugili. Anche il nero dei costumi metropolitani scelti da Laura Dondi acuisce il malessere, estremizza la violenza. Il clima cupo è dilatato dal microfono che amplifica la voce, distorce i suoni naturalistici (fruscii, gocciolii) rielaborati al computer.

“Atti di guerra” narra una realtà distopica: il mondo viene dipinto con connotazioni negative; i mali sono portati all’esasperazione. Un po’ come in “Arancia meccanica” di Kubrick, troviamo uomini in balìa di sé stessi, incapaci di scegliere il proprio destino e la propria morale: esseri inamidati, inanimati, che per agire attendono solo di essere innescati da qualcuno o qualcosa.
La violenza è rappresentata come spirale inesorabile, come potenziale distruttivo pronto a deflagrare. Si susseguono così episodi di brutale aggressività, rappresentati però attraverso traslati: il filo del microfono che crea circoli asfissianti, suoni che stordiscono, luci che abbagliano, stridori urticanti. I corpi si avvicinano e si allontanano, percuotono lo spazio scenico. Alcuni momenti dello spettacolo diventano scene di coreografia marziale.

“Atti di guerra” è uno spettacolo efficace, ben congegnato quanto a capacità di intrecciare narrazione e rappresentazione, parola e corpi in movimento, luce e suoni, focalizzazioni interne ed esterne.
Forse andrebbe raffinato il finale, che qui è un troncamento spiazzante, con gli elementi ‘traumatizzanti’ dello spettacolo a ristagnare nel subconscio. La compagnia propone – nella forma di un confronto con degli esperti e una riflessione con il pubblico – una mediazione. Ma la soluzione dovrebbe risiedere in pianta stabile anche all’interno del prodotto artistico.

ATTI DI GUERRA
Ideazione e regia: Riccardo Mallus
Drammaturgia: Giulia Tolli
Di e con: Letizia Bravi, Marco De Francesca, Francesco Martucci, Federico Manfredi
Composizione sonora: Gianluca Agostini
Movimento scenico: Betti Rollo
Costumi: Laura Dondi
Luci: Martino Minzoni
Foto: Diego Monfredini e Lucia Baldini

durata: 1h 10’
applausi del pubblico: 1’ 20’’

Visto a Milano, Zona K, il 23 maggio 2018

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