– E allora perché siamo in teatro?
– Proprio perché così possiamo far vedere come funziona la radiofonia e come si realizza un radiodramma!
Potrebbe essere un botta e risposta del secolo scorso, e invece è iniziata più o meno così la nostra conversazione con Sergio Ferrentino, al termine della registrazione de “Il contabile e le murene”, nella Sala Bausch dell’Elfo Puccini di Milano.
Qui, infatti, è “andato in scena” sabato scorso il secondo degli appuntamenti di “Autorevole”, un progetto nato per espandere l’esperienza del racconto radiofonico, e per farlo conoscere attraverso il teatro che, qui, “interpreta” se stesso: uno spazio della rappresentazione, quindi della visione, un luogo sociale di incontro e di apprendimento, nonché un edificio adeguato ad un pubblico numeroso.
Fonderia Mercury è uscita dallo studio di registrazione per svelare i segreti della “messa in scena” radiofonica, per far scoprire il mondo “altro”, per mostrare una recitazione diversa in cui gli attori parlano a bassa voce perché devono. E così, il radiodramma trasloca in teatro per diventare spettacolare, per il pubblico presente all’Elfo Puccini ma non solo: le registrazioni verranno poi trasformate in mp3 per essere vendute sul sito di Fonderia Mercury.
In questo modo chiunque potrà ascoltare, e riascoltare, da qualsiasi lettore audio, dal letto di casa o in viaggio, la “messa in scena” registrata, in questo caso, all’Elfo. In sala non solo si è spettatori della registrazione ma, dotati di cuffie all’ingresso, si diventa “ascoltatori” di un prodotto che viene registrato.
Ecco perché “Autorevole” inaugura un genere nuovo, gli “audiodrammi”, e non radiodrammi come li conosciamo, e rappresenta una novità: è un progetto “crossmediale” che, contaminando esperienze e linguaggi, unisce radio, teatro e internet. “Purtroppo in Italia la radiofonia è ancora legata all’FM, non si sperimentano le tecniche radiofoniche e quindi non esiste nemmeno un’editoria di riferimento legata al web – ci spiega Sergio Ferrentino, autore e regista radiofonico che, oggi, lavora soprattutto in Svizzera -. Ho individuato sei autori italiani che prima di tutto conosco e stimo, e che avessero l’abitudine a lavorare con i dialoghi piuttosto che con le descrizioni, e li ho invitati a scrivere i testi per quattro audiodrammi”.
Nel progetto sono stati coinvolti Carlo Lucarelli, Pino Corrias, Sandrone Dazieri, Andrea Bajani e Massimo Carlotto, che hanno scritto le sei storie poi adattate e dirette da Ferrentino: dopo “Radiogiallo” di Carlo Lucarelli, che ha avuto un grande successo di pubblico, abbiamo assistito a “Il contabile e le murene” di Pino Corrias.
Protagoniste, un gruppo di quattro ragazze che rischiano il loro “posto” e relativo stipendio dopo che il capo è finito nei guai a causa di una collega che ha rivelato all’autorità giudiziaria quanto accadeva sul posto di lavoro, oltre che i “segreti del mestiere”. Con la “carriera” a rischio, e i tempi che corrono, le ragazze decidono che urge recuperare quella che potrebbe essere l’ultima “busta paga”.
Non potendo più parlare telefonicamente con il loro amato (e non solo) “datore di lavoro” (che nel frattempo si è dileguato e pare impegnatissimo con i suoi “obblighi istituzionali”), per riscuotere quanto spetta dalle loro prestazioni “professionali”, escogitano un’imboscata nell’ufficio del ragioniere incaricato della preparazione e distribuzione delle buste paga (a oltre tre zeri, più provvigioni luccicanti e premi di grossa cilindrata) delle numerose “dipendenti”.
Il racconto non suona nuovo. “Vagamente” ispirato a fatti recentemente accaduti in Italia, l’inquietantemente verosimile racconto scritto da Corrias riecheggia divertente grazie all’interpretazione degli attori, brillanti e fortemente espressivi, nonostante siano “solo” voci.
“Sono tutti attori di professione, molti di loro sono diplomati all’Accademia Paolo Grassi, sanno come usare la voce in base al microfono, e anche questo rientra tra le particolari tecniche della radiofonia – prosegue Ferrentino che, durante la registrazione, è come un direttore d’orchestra – Si tratta di realizzare un’immagine acustica”.
Sul palco, infatti, i tecnici del suono alla consolle si occupano della musica e degli effetti sonori digitali, mentre il resto della scena è occupato dai leggii per gli attori, distanti tra loro e tutti rivolti verso il regista, distribuiti attorno al tavolo dei “rumori”, veri e propri personaggi: una vaschetta d’acqua, nei panni dell’acquario, bottiglie varie di vetro, che interpretano le notti ad alto tasso alcolico delle ragazze, una sedia di legno che, trascinata sul pavimento del palco, interpreta l’aggressione al povero ragioniere, e la fibbia della cintura dei calzoni per il resto…
In cuffia, a occhi chiusi, l’immagine è chiara e la scena “si vede”. Eppure è difficile resistere senza sbirciare: prevale la curiosità di vedere come funziona, come avviene la costruzione dell’immagine acustica; si toglie il volume alle cuffie per sentire la voce (in realtà bassa) degli attori, e si scoprono le indicazioni sussurrate dal regista, si vede un’attrice camminare avanti e indietro per fare il passo della ragazza che entra, interpretata però da un’altra delle voci in scena.
Una confusione, tutto il contrario rispetto alle convenzioni della rappresentazione a cui siamo abituati, eppure altrettanto affascinante. Seduce la potenza delle parole-calamita, pinze per l’attenzione dell’ascoltatore a occhi chiusi. E, ancora di più, incanta partecipare (a occhi aperti) alla loro metamorfosi, e vedere come le parole prendono forma, sonora.