Avign-on Avign-off: i fischi a Johan Simons e le cronache dalla città del teatro

Angelo
Angelo, tyran de Padoue
Angelo, tyran de Padoue (photo: Christophe Raynaud de Lage)

Turn on. Insomma com’è questa città che per un mese all’anno si accende e si trasforma in un palcoscenico totale? Proviamo a raccontarvi qualcosa, quello che a noi è parso, quello che abbiamo visto e sentito, cercando di essere parziali, faziosi, e di dare – a chi vorrà nelle prossime edizioni avventurarsi in questo spettacolo unico – qualche istruzione per l’uso.

La città antica non è grande, le mura la cingono e una passeggiata di poco meno di un’ora a passo svelto permette di girarla nelle sue arterie principali. All’interno di questo recinto, nel mese di luglio, da più di sessant’anni ormai, avviene un rito collettivo che coinvolge tutta la Francia, che viene qui in cerca di gloria, fama, possibilità. E’ una piccola Broadway, con i dovuti distinguo e paragoni, ma in fondo è così.
Arrivi e ad ogni palo della luce, ad ogni cabina elettrica, ad ogni angolo al quale si possa affiggere un seppur minimo manifestino, trovi una carta da parati in salsa teatrale da cui sbucano volti, immagini situazioni, date e ora delle repliche. E’ l’Off.

Sì, perché l’In è decisamente più istituzionale, non ha bisogno di portare gente a teatro, mentre l’Off vive di quanti spettatori l’artista riesce a portare in sala. Funziona così: l’artista affitta la sala (dopo essere rientrato nel cartellone dell’off gestito dall’association Avignon Festival & Compagnies) e poi da mattina a sera la compagnia va in giro per la città a cercare pubblico pagante. In tutti i modi. Licet insanire, anzi, è la regola. Un minimo di mutualità la garantisce la Off card, che al prezzo di 30 euro permette sconti di ingresso.

ON: una trentina di spettacoli, programma agevole e di pronta consultazione
OFF: un migliaio di spettacoli, programma di oltre 100 pagine a colori, una Babele in cui è dolce perdersi ad ascoltare le mille lingue del teatro
ON: i siti di pregio artistico, la corte del Palazzo dei Papi, cappelle medievali sparse per la città, cave esauste in riserve naturali
OFF: dovunque, in ogni angolo, molti teatri che vivono di questo, praticamente, tanto che ormai c’è anche una Avignone winter
ON: organizzazione perfetta, consolidata, molto denaro
OFF: guerriglia teatrale, ogni arma vale per vincere la battaglia, ma organizzati anche loro
ON: conferenze pubbliche, bicchieri di vino rosato, rassegne stampa
OFF: caos giovane (ma non solo, anche la figlia di Depardieu e il figlio di Belmondo – in coppia – presentano un loro lavoro, e i manifestini sono in giro). Quasi quasi fa più chic
ON: bar degli artisti, spazi riservati, eleganza della tradizione
OFF: kebab on the road, ibridazioni, lingue, compagnie giovani, ormonale, very trendy

Cosa abbiamo visto e cosa possiamo dire. Abbiamo fatto, in questo ultimo fine settimana, un giro sul programma istituzionale (ma Klp ha dedicato spazio, nelle scorse settimane, anche ai giri nel circuito off).
Il tema era quello della guerra, che Wajdi Mouawad, terzo triumviro che si è affiancato alla direzione storica, ha voluto mettere al centro della programmazione. Gli artisti hanno declinato la cosa in ogni modo possibile: dal tema dell’esilio a quello del colonialismo (Mon Képi blanc), dalla dicotomia paesi ricchi-paesi poveri (Les Cauchemars du gecko), alla differenza sociale (Casimir et Caroline), fino al tema della tecnologia che cambia i riti nei paesi in via di sviluppo (il Radio Muezzin di Koegi dei Rimini Protokoll).

Il pubblico francese è meno politically correct di quello di casa nostra, forse perché ha meno referenza per il teatro con l’abito buono e più consapevolezza del rito: si alza e se ne va senza tanti problemi in piena replica, o fischia a fine spettacolo se qualcosa non piace. Assisto così in diretta a qualche sonora bordata nel solenne cortile del Palais des Papes dopo “Casimir et Caroline”, di Ödön von Horváth diretto da Johan Simons. Uno spettacolo dal tono pop, non inguardabile invero, sebbene non senza peccato, che ha spaccato il pubblico. E il pubblico senza peccato ha scagliato la prima pietra. Durante la prima, pare ci sia stato addirittura un misurato ma speziato battibecco fra uno spettatore in disappunto e un attore (una battuta, ovviamente).

“Angelo, tyran de Padoue”, dal testo di Victor Hugo nella direzione di Christophe Honoré ci ha invece lasciati particolarmente freddi. Tradizionale l’impianto narrativo, un’ambientazione moderna dentro una scatola scenica identica a quella pensata dai Propeller per il loro Mercante di Venezia.
Già visto. E già visti anche i lavori un po’ troppo a-là-Living di Raharimanana, “Les Cauchemars du gecko” (Gli incubi del geco) diretto da Thierry Bedard, e “Loin… (Lontano…) ideato e interpretato da Rachid Ouramdane.
Nel primo un gruppo di africani-europei racconta sia la loro Africa sia la loro Europa. Il tratto più divertente è una specie di canto afro-reggae il cui testo dice: “Guardate come siamo belli”. Fosse stato solo quello, lo spettacolo sarebbe stato perfetto. Peccato per il resto, un  po’ didascalico e consumato sia nel dire che nel fare.
Il secondo è il racconto di un immigrato di nuova generazione, che cerca e si cerca. Memorie di famiglia in una scatola scenica nera, illuminata da quattro neon e da qualche video intervista di parente Vietcong e resistente d’Algeria. Durata effettiva: quarantacinque minuti. Durata percepita: un’eternità.

Più originale il “Mon Képi blanc” (Il mio Kepi bianco) di Sonia Chiambretto, portato in scena da Hubert Colas. Il colonialismo per raccontare quello che siamo stati, la memoria di quello che non siamo e la ricerca di un essere che non è. Un monologo molto ben interpretato. Quarantacinque minuti di durata anche questo, ma l’interprete tiene bene la scena.
La serata si chiude alla cava, con la performance flamenco di Israel Galvan. Una delle cose più straordinarie. Ma di questo, come diceva il didascalista di Heidi, parleremo nella prossima puntata.
Per ora è sera. Da Marsiglia arriva il maestrale, la gente affolla tavolini all’aperto e bancarelle. Stanco morto cerco il letto. Turn off.

 

No comments

  1. says: sergio

    quanto si vede che ci sei stato anche tu! e il finale è magistrale. bel lavoro! 🙂
    sarai a edinburgh? io dal 21 al 26

Comments are closed.