E’ importante che una città come Lugano, appena fuori dai nostri confini, abbia finalmente un teatro di grande rispetto, e diventa ancora più significativo che si avvii a programmare una stagione lirica permanente, creata in loco, con intelligenza e partecipazione, con artisti che lavorano in quel Paese.
Ciò accade al LAC, struttura multifunzionale di recente inaugurazione, vera e propria casa delle arti che, dopo la programmazione di una “Bohème” in forma di concerto, in occasione dei 150 anni della morte del suo autore, ha presentato un “Barbiere di Siviglia” con tutti i crismi dell’opera lirica.
Il capolavoro di Gioachino Rossini è stato musicalmente diretto dallo svizzero Diego Fasolis, con la regia di Carmelo Rifici, che dirige la programmazione teatrale del LAC. Un “Barbiere” assai speciale, eseguito con strumenti storici del primo Ottocento con un diapason a 430 Hz, e che ha utilizzato l’edizione critica curata da Alberto Zedda per la Fondazione Rossini, riportandoci dunque alla sua esecuzione originale.
Di solito, come ben sanno i nostri fedeli lettori, facciamo l’esegesi di ogni opera proposta. Questa volta saremo più sbrigativi, perché “Il Barbiere di Siviglia” (come del resto “La Traviata”) fa parte del Dna di ogni italiano, che più o meno conosce le vicissitudini della storia e ne canta le arie più famose.
Ci limiteremo quindi a dire che l’opera buffa in questione è basata su un libretto di Cesare Sterbini, tratto dalla commedia omonima francese di Pierre Beaumarchais e che andò in scena con esiti non certo positivi (dovuti ai fan di Paisiello, che aveva composto un’opera dal medesimo soggetto) il 20 febbraio 1816, al teatro di Torre Argentina in Roma, con il titolo “Almaviva, o sia l’inutile precauzione”.
La storia vede il barbiere Figaro aiutare il Conte d’Amalvaviva, sotto le mentite spoglie di Lindoro, per impalmare la bella Rosina, concupita dal suo tutore, Don Bartolo.
L’allestimento di Rifici, affidato ai bei costumi di Margherita Baldoni e alle scene di Guido Buganza, ci immerge direttamente nella Spagna del passato, in un ambiente decorato da splendidi azulejos, con un fondale bianco-azzurro che non cambia per tutta la rappresentazione.
L’ambiente si riempirà poi a poco a poco, in un contesto atemporale, di strumenti di grandi dimensioni, praticabili e scale, intorno ai quali e sui quali interagiranno i protagonisti.
La contemporaneità ci è restituita da grandi neon che spesso incorniciano le scene, e da scritte, sempre al neon, che caratterizzano i due atti: il primo dedicato al denaro, promesso dal Conte a Figaro; il secondo all’amore (si pensa felice ma non sarà così, ci diranno poi Mozart e Da Ponte) che si instaurerà tra i due amanti, alla fine dell’opera.
Rifici lascia muovere in modo naturale i personaggi (c’è persino un gustoso cenno di seduzione tra Figaro e Rosina), che accompagnano l’opera soprattutto con il canto, mentre affida ad un cospicuo numero di attori e mimi le controscene, con ottimi effetti in alcuni momenti (il temporale, ad esempio), ma con un affastellamento di troppi segni in altri (il finale del primo atto).
Ad ogni modo il tutto è proposto sempre con gusto, invenzione di soluzioni comiche e convincente leggerezza.
La direzione di Fasolis, che sceglie un’orchestrazione affidata agli strumenti originali, pur dilatando i tempi (elemento che si riverbera anche sulla durata dei recitativi e delle soluzioni sceniche), si fa amare perché riesce a farci riassaporare ancora, e in qualche caso finalmente, ogni strumento nella sua giusta dimensione, fra cui tre chitarre e un gioco godibilissimo tra cembalo e fortepiano.
Fra i cantanti spicca Edgardo Roche come Almaviva, con la sua bella e modulata voce tenorile, che cesella ogni passaggio dell’opera e soprattutto, al meglio, la difficilissima aria “Cessa di più resistere”. Giorgio Caoduro è un Figaro disinvolto e dalla voce sempre espressivamente intonata, mentre Riccardo Novaro sorregge con giusto ritmo la parte di Bartolo e ben modula il rutilante sillabato de “A un dottor della mia sorte”; Ugo Guagliardo come Don Basilio ci regala una corretta, anche se non trascinante, “Calunnia”, mentre non ci ha convinto del tutto la Rosina di Lucia Cirillo, scenicamente disinvolta, ma che non sempre riesce a modulare la voce con la giusta caratura; da dimenticare vocalmente, infine, il Fiorello di Yiannis Vassilakis.
Sempre convincente l’apporto del Coro della Radiotelevisione svizzera, per una serata che fa ben sperare in una stagione lirica ancora più ricca e piena di sorprese.
Il Barbiere di Siviglia
Gioachino Rossini
Commedia in due atti Con sopratitoli in italiano
Libretto di Cesare Sterbini
Editore Casa Ricordi, Milano
Diego Fasolis Direzione musicale
Carmelo Rifici Regia
I Barocchisti
Coro della Radiotelevisione svizzera
Edgardo Rocha Il Conte d’Almaviva
Riccardo Novaro Bartolo
Lucia Cirillo Rosina
Giorgio Caoduro Figaro
Ugo Guagliardo Basilio
Alessandra Palomba Berta
Yiannis Vassilakis Fiorello
Matteo Bellotto Un Ufficiale
Alfonso De Vreese Ambrogio
Attori
Caterina Filograno
Ugo Fiore
Leda Kreider
Benedetto Patruno
Matteo Principi
Marco Risiglione
Walter Rizzuto
Livia Rossi
Annapaola Trevenzuoli
Isacco Venturini
Andy Sommer Regia televisiva
Guido Buganza Scene
Margherita Baldoni Costumi
Alessandro Verazzi Luci
Alessio Maria Romano Movimenti scenici
Walter Cerrotta Assistente alla regia
Giulia Breno Scenografo assistente
Giada Masi Costumista assistente
Andrea Marchiol Assistente del direttore musicale, preparatore del Coro e Maestro al clavicembalo
Carlo Caputo Maestro al fortepiano
Titta Carvelli, Alessandra Danesi, Alessandro Ghiringhelli, Michele Patuzzi, Helio Vida Maestri collaboratori
Visto a Lugano, LAC, il 3 settembre 2018