Beatitudo. Trent’anni di Compagnia della Fortezza

In primo piano Armando Punzo (photo: Stefano Vaja)|L'ingresso del pubblico (photo: Stefano Vaja)
In primo piano Armando Punzo (photo: Stefano Vaja)|L'ingresso del pubblico (photo: Stefano Vaja)

“Tutto accade per la prima volta”. Un frammento da “La cifra” di Jorge Luis Borges, abbrivio ad un percorso lento e rarefatto tra sogno, utopia, ricerca di un altrove, attraverso cui si snoda “Beatitudo”, lo spettacolo che celebra i trent’anni della Compagnia della Fortezza di Volterra, una sorta di sintesi e manifesto di un cammino che, anno dopo anno, è stato capace di aprire ed esplorare strade nuove.

Non una “semplice” esperienza di teatro in carcere, quella animata dal regista e drammaturgo campano Armando Punzo, che sin da subito, all’interno delle possenti mura della Fortezza Medicea, ha voluto affrancarsi da ogni riduttiva categorizzazione, dando vita ad una vera e propria rivoluzione culturale e artistica.

È all’opera dello scrittore argentino Borges che s’ispira il lavoro che la Compagnia della Fortezza ha condiviso col pubblico per suggellare questi trent’anni di “architetture dell’impossibile” – nell’ambito di un più articolato progetto speciale – che, grazie al teatro, hanno dato corpo ad una utopia concreta e possibile grazie all’esercizio di una sperimentazione quotidiana.

Il sogno di Punzo, che vive il penitenziario quale luogo dove reinventare il teatro e restituirgli la sua necessità e in cui sperimentare la possibilità di essere altro da sé, è quello di creare un teatro stabile in carcere.
La realtà di questi trent’anni parla comunque di una esperienza ancora oggi capace di stupire, sorprendere, commuovere, celebrata da una serie di appuntamenti, a partire proprio dallo spettacolo “Beatitudo” presentato dal 23 al 26 luglio nel Carcere di Volterra, approdato poi al Teatro Persio Flacco di Volterra con un allestimento speciale, in attesa del debutto, in prima nazionale, al Teatro Verdi di Pisa il 6 e 7 ottobre per poi andare in tournée a Milano, Bologna, Cagliari.

Anche la cittadina di Volterra, al di fuori delle mura del carcere, è stata attraversata dalle celebrazioni di questi 30 anni: nel centro storico le immagini della mostra #TRENTANNIDIBELLEZZA/UNA LUMINOSA LONTANANZA, mostra fotografica di Stefano Vaja, a piazza San Giovanni l’installazione urbana “Luoghi comuni. Reloaded”, ispirata alla prima realizzazione di “Luoghi Comuni” nel 1988. E infine il 4 agosto l’evento conclusivo delle attività estive, nell’ex refrigerante della Centrale Geotermica Enel Nuova Larderello con l’evento site specific “Le Rovine Circolari – Cerco il volto che avevo prima che il mondo fosse creato”, sempre ispirato all’opera di Borges.

“Beatitudo”, ancora una volta regia e drammaturgia di Armando Punzo, trae le sue radici dal primo studio presentato lo scorso anno, “Le parole lievi”, così come è consuetudine per i progetti della Fortezza. Un tempo lungo per lavorare sui testi, da leggere, scandagliare, selezionare, scegliere, elaborare per creare una struttura drammaturgica dove le immagini si fondono alle parole, le storie diventano universali e si inscrivono nei corpi degli attori-detenuti – circa 80 quelli coinvolti in ogni fase della realizzazione – che le restituiscono agli spettatori pulsanti di rinnovata forza.

Il controllo dei documenti, la consegna del pass per entrare, senza borse, telefoni, con solo qualche moneta in tasca per acquistare acqua e caffè. Il rito, alla Fortezza, prende il via ben prima che la parola drammaturgica cominci a squarciare l’aria.
Una volta oltrepassati i cancelli ecco che la Fortezza diventa spazio teatrale: il suono di bicchieri che sibilano nell’aria, infiniti libri, posti uno accanto all’altro, per infinite storie e saperi.
Il pubblico, in fila, lentamente, è invitato a camminare ai margini del cortile, trasformato questa volta in una sorta di piscina in cui l’acqua ospita immagini e corpi.

L'ingresso del pubblico (photo: Stefano Vaja)
L’ingresso del pubblico (photo: Stefano Vaja)

Ad accogliere gli spettatori una schiera di monaci vestiti con i toni dell’arancione che brandiscono delle lunghe canne e poi un uomo, Punzo, e un bambino, per una storia che procede tra passato, presente e futuro. L’uomo e il bambino concludevano “Dopo la Tempesta”, ultimo spettacolo della Compagnia della Fortezza sull’opera di Shakespeare, voltando le spalle a ciò che restava di un affresco shakespeariano insostenibile, senza speranza, uscivano di scena alla ricerca di un’altra terra, di un’altra possibilità.

L’uomo e il bambino approdano adesso nell’universo borgesiano, per provare ad andare oltre i limiti, le sbarre della mente e ricercare un altrove e un mondo fatto di immaginazione, sogno, riflessione. “Voleva sognare un uomo, sognarlo con minuziosa interezza, e imporlo alla realtà” scrive infatti Borges nelle “Rovine circolari”, uno dei suoi racconti più evocativi.
È a questo sogno che pare aspirare tutto lo spettacolo, così come l’esperienza artistica della Compagnia della Fortezza.

“Beatitudo” è frutto di un lavoro che si pone quasi più come una pratica filosofica che teatrale, metafora di questi trent’anni e del desiderio di andare oltre, procede per suggestivi quadri narrativi. E termina proprio con un’immagine che ne rievoca e riassume la suggestiva forza: il cortile della Fortezza, dove tutto è nato, ricoperto da un telone bianco, è attraversato da una sfera rossa, un cuore che batte simbolo di sogno, vita e necessità.
Sono due ore intense. Come in una processione, meditata, dall’atmosfera dilatata, dove prendono forma mondi antichi, immagini e riferimenti cari all’imaginario letterario borgesiano, come La casa di Asterione, la Biblioteca di Babele, ricreata con meticolosa cura, il labirinto in cui perdersi e ritrovarsi, abbracciarsi e danzare.

Nel grande cortile della Fortezza Medicea, di fronte ad un pubblico accecato dal sole e abbagliato dai riflessi delle forme che si muovono sull’acqua, tra sfere, piramidi, libri, ancelle e guerrieri, appaiono, uno dopo l’altro, alcuni tra gli infiniti personaggi di Borges, non semplici individui ma figure che assurgono a simbolo, fuori dallo spazio e dal tempo, come sospesi in una dimensione che non è sogno e non è realtà. «Tra i tanti personaggi di Borges – scrive Punzo – sentiamo più vicini i più lontani dalla vita, quelli che tradiscono meglio le nostre aspettative, che non ci danno appigli per riconoscerci, ci sfumano tra le mani e si rendono imprendibili».

È dirompente la forza con cui il lento e ripetitivo, nei gesti e nelle sequenze, rito teatrale si compie davanti agli occhi degli spettatori, imponenti le scene d’insieme, che si svolgono attraverso uno spazio magistralmente riempito da infiniti oggetti (le scene sono curate da Alessandro Marzetti e Punzo, decorazioni e arredi di Silvia Bertoni), volti pesantemente truccati, sguardi fissi e forti, abiti estremamente curati (di Emanuela Dall’Aglio) che rimandano a epoche e luoghi lontani o presenti, struggenti le interpretazioni degli attori, che prendendo parola danno voce sì alle parole di Borges, ma mediate attraverso lingue e narrazioni che appartengono solo a loro, per un disegno circolare di storie ed emozioni.

Scorre sul filo della sospensione, “Beatitudo”, alla ricerca di un altrove più volte evocato da Punzo, a comporre una densa drammaturgia di frammenti, potente nelle immagini, il ritmo scandito dalle musiche originali e dal sound design di Andrea Salvadori. Per tutto il tempo un tappeto sonoro, ora lieve ora potente, arricchito dall’ensemble di percussioni dei Quartiere Tamburi, segue movimenti e silenzi, parole e sguardi. Sino a giungere all’Aleph, porta di accesso alla pienezza dell’universo: “Vedo l’Aleph da tutti i punti, vedo nell’Aleph la terra e nella terra di nuovo l’Aleph e nell’Aleph la terra”. Summa perfetta di uno spettacolo che diventa nuovo punto di partenza di un progetto, quello della Fortezza, in continuo movimento.

BEATITUDO
Regia e drammaturgia di Armando Punzo
Liberamente ispirato all’opera di Jorge Luis Borges
musiche originali e sound design Andrea Salvadori
scene Alessandro Marzetti, Armando Punzo
costumi Emanuela Dall’Aglio
coreografie Pascale Piscina
aiuto regia Laura Cleri
assistente alla regia Alice Toccacieli
aiuto scenografo Yuri Punzo
decorazioni e arredi Silvia Betoni
collaborazione drammaturgica Alice Toccacieli, Francesca Tisano, Salvatore Altieri, Fabio Valentino, Elisa Betti
documentazione fotografica e foto di scena Stefano Vaja, Pier Nello Manoni
documentazione video Nico Rossi, Francesco Zollo, Teresa Bucca/ VaiOltre!
direzione organizzativa Cinzia de Felice
ensemble di percussioni Quartiere Tamburi / Marzio Del Testa, Iago Bruchi, Riccardo Chiti, Lucio Passeroni, Andrea Taddeus Punzo de Felice
in scena: Armando Punzo, Salvatore Altieri, Sebastiano Amodei, Antonio Arienzo, Mohammad Arshad, Yosmeri Armas Castilla, Andrej Ayala, Said Bahy, Saverio Barbera, Nikolin Bishkashi, Christian Bracci, Paolo Brucci, Mario Cabras, Placido Calogero, Rosario Campana, Vincenzo Carandente Giarrusso, Maxwell Caratti, Emanuele Caruso, Diego Carvalhais, Roberto Cecchetti, Gillo Conti Bernini, Giuliano Costantini, Ismet Cuka, Pierluigi Cutaia, Elis Dedei, Lucio Di Iorio, Fabrizio Dipasquale, Lucio Di Roberto, Domenico Donato, Nicola Esposito, Vitale Esposito, Vincenzo Fagone, Fan Faquan, Salvatore Farina, Giovanni Fontana, Giuseppe Galiano, Salvatore Giordano, Yana Zoe Giuffrida, Nunzio Guarino, Antonio Iazzetta, Massimo Interlici, Ibrahima Kandji, Naser Kermeni, Kujtim Kodra, Urim Laci, Domenico Maggio, Mbaresim Malaj, Massimo Marigliano, Paolo Marino, Jetmir Marku, Manuel Marrese, Luca Materazzo, Giovanni Mazzola, Gaspare Mejri, Nico Merola, Francesco Nappi, Tarek Omezzin, Luigi Palummo, Marian Petru, Eva Pistocchi, Ciprian Putanu, Francesco Randazzo, Hamadi Rezeg, Jhen – Aimè Riuambula, Tip Sai Saiw, Adrian Saracil Nicusor, Mario Serban, Giacomo Silvano, Vitali Skripeliov, Vincenzo Sorio, Gaetano Spera, Julian Sula, Simone Tarantino, Lucian Tarara, Luciano Testa, Mestan Thaqi, Francesca Tisano, Massimo Torre, Orazio Vaccaro, Tommaso Vaja, Fabio Valentino, Alessandro Ventriglia, Giuseppe Venuto William Villanova, Sinan Wang, Tony Waychey, Jian Dong Ye, Carlo Zingarello e il giovanissimo Marco Piras

Produzione Carte Blanche – Centro Nazionale Teatro e Carcere e TieffeTeatro
con il sostegno di MiBACT – Ministero dei beni delle attività culturali e del turismo, Regione Toscana, Comune di Volterra, Comune di Pomarance, Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra, ACRI – Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio Spa, Ministero della Giustizia – Casa di Reclusione di Volterra, Accademia dei Riuniti – Teatro Persio Flacco
con il contributo del Consiglio Regionale Regione Toscana
Fortezza Medicea/Casa di Reclusione – Volterra

durata: 2 h
applausi del pubblico: 3’

Visto a Volterra, Fortezza Medicea / Casa di reclusione, il 24 luglio 2018

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