Un esperimento Bestiale Improvviso. Quello di Santasangre

Bestiale Improvviso
Bestiale Improvviso
Bestiale Improvviso (photo: Achille Le Pera)

Un anno fa era sbarcata a Romaeuropa un’astronave. Sul fianco c’era scritto “Framerate_0 – Primo esperimento”. Videoproiezioni e partitura sonora si erano abbattuti sulla presenza ingombrante e assolutamente nuova di una lastra di ghiaccio gigante issata in scena, di fronte agli occhi strabuzzati, alle fronti aggrottate e alle sciarpe arrotolate del pubblico.

In quel modo l’affermato gruppo romano Santasangre apriva il proprio laboratorio a una nuova idea, riassumeva accanto alla futuristica attrezzatura che li contraddistingue nuovi elementi da analizzare, da far reagire, da far esplodere. Nuove potenzialità. Ci si sentiva di fronte a un equipaggio di alieni, scesi sulla terra per mostrarci una superba tecnologia e il modo crudele con cui ciascuno di noi sarebbe stato oggetto dei loro esperimenti. Senza avere alcuna possibilità di reagire.

Narcotizzati di fronte al procedere di una ricerca forsennata, abbiamo assistito alle tappe successive, fino ad arrivare a B.Motion (Bassano Opera Festival) di fronte alla “terza ipotesi” senza davvero più punti di riferimento, irritati per qualcosa che davvero non si riusciva a comprendere. Ché certe volte anche agli studi si richiede una compiutezza. Come quando lavori fino a tardi e poi raggiungi quel punto in cui, con la coscienza pulita, puoi interrompere e proseguire il giorno seguente.
Nell’incontro di Novo Critico si è andati più a fondo su tutti i lavori precedenti; è stata quella un’occasione di studio diligente, neutro, scevro da qualsiasi pregiudizio. E poi a Romaeuropa ecco pronto “Bestiale Improvviso”.

Tutto quello che di glaciale c’era negli esperimenti già presentati viene conservato, insieme all’enorme valore aggiunto di un’iniezione di carnalità, la creazione di un nuovo archetipo per la parola “umano”.
La platea completamente immersa nella nebbia costringe gli spettatori a vagare come pellegrini in cerca del posto assegnato. Immagine affascinante, significante. I primi minuti sono un bombardamento di suoni e bagliori indistinti, da dietro allo schermo diviso in tre si intravedono appena i movimenti frenetici di Teodora Castellucci, Cristina Rizzo e Roberta Zanardo, nei crediti citate emblematicamente come “corpo”. Poi cadono gli schermi e la scena è occupata solo dall’assenza. Il palco non è più un palco, ma la landa desolata di un pianeta altro, sulla quale incombe una presenza inquietante, un monolite scuro e vivo che si avvicina impercettibilmente. La prima apparizione dei tre corpi è davvero la fotografia di uno sbarco alieno. Le vesti color carne e i volti celati da una rete che ne fascia i lineamenti, le figure vengono derubate di qualsiasi contestualizzazione, di qualsiasi fisiognomica, di qualsiasi sessualità. Non sono esseri umani. Eppure il loro movimento sta per raccontarci la nostra natura più intima.

Quel “bestiale improvviso” passa come un tifone di necessità, investe spazio e corpi creando quadri di rara crudeltà in cui la leggiadria della danza viene ingoiata da un movimento primordiale, afasico, irresistibile. Improvviso, appunto. Il monolite agisce come un’intelligenza suprema, è l’eco di quella lastra di ghiaccio da cui si era partiti, ne è un’evoluzione carbonizzata. Nell’epilogo – e solo allora – arriva il calore. È luce e video condensato in un nuovo termine: “esposizione”.
Dal freddo astrale di uno spazio senza punti cardinali si giunge alla poesia del chiarore dell’alba, che ci investe tutti. Ed è un viaggio di meraviglia. È scienza materializzata, corpo e visione che hanno potenza di uragano. Resta intatta una sola domanda, ma fondamentale: tutto questo è (anche) teatro? Se il lavoro dei Santasangre rischia di scivolare nell’estetica pura, questa volta l’immagine è un tubo per scivolare giù, fino agli abissi di una riflessione. Di cui queste righe sono testimonianza. Esperimento riuscito.

BESTIALE IMPROVVISO
ideazione: Diana Arbib, Luca Brinchi, Maria Carmela Milano, Dario Salvagnini, Pasquale Tricoci, Roberta Zanardo
coreografie in collaborazione con Cristina Rizzo
partitura ed elaborazione del suono: Dario Salvagnini
progetto ed elaborazione video: Diana Arbib, Luca Brinchi, Pasquale Tricoci
corpo: Teodora Castellucci, Roberta Zanardo, Cristina Rizzo
luci e costumi: Maria Carmela Milano
animazione 3D: Piero Fragola e Alessandro Rosa
violoncello: Viola Mattioni
organizzazione: Elena Lamberti
produzione: Santasangre 2010
co-produzione: Romaeuropa Festival 2010, Centrale Fies, Festival delle Colline Torinesi, Fabbrica Europa
collaborazione tecnica: Città di Ebla
residenze: Fabbrica Europa/Stazione Leopolda, Centrale Fies, Kollatino Underground, Lavanderia a Vapore
realizzato da Romaeuropa Festival 2010
presentato nell’ambito di Metamondi di Telecom Italia, Festival Temps D’Images, DG istruzione e Cultura,
progetto vincitore del bando produzione della Regione Lazio Focus on Art and Science ni the Performings Arts
durata: 50′
applausi del pubblico: 3′ 12”

Visto a Roma, Teatro Palladium, l’11 novembre 2010

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