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Blind Summit Theatre e quella tavola già apparecchiata

The Table

The Table
The Table

Quanta solitudine ho provato al termine di “The table”, prima nazionale della compagnia inglese Blind Summit Theatre in scena al Funaro di Pistoia, mentre mi guardavo intorno alla ricerca di qualche volto che non mostrasse tutto quell’entusiasmo misto a infatuazione che si respirava tra il pubblico, che si era quasi spellato le mani a forza di applausi, durante e dopo la messinscena. Cercavo qualcuno che non fosse totalmente entusiasta, eccitato e ipnotizzato dalla “marionetta” Moses, e che magari non fosse del tutto convinto dello spettacolo. Come me.

Dopo averci dormito su, convinto che la notte portasse consiglio, mi sono ritrovato ancora più solo.

Lo spettacolo vede quale assoluto protagonista Moses, burattino di grandi dimensioni manipolato a vista da tre burattinai, secondo la tradizione Bunraku, lo storico teatro dei burattini giapponese, e reinventato dalla compagnia londinese per il teatro contemporaneo.
Adorato dal pubblico, Moses è un pupazzo irriverente, scanzonato e volgare nella maniera “giusta”, molto stand-up comedy con venature british e yiddish.
Oltre ai riferimenti citati nelle note di regia (Beckett, Sartre, Yves Klein), in questo spettacolo si respira anche un lontano profumo di Kafka, di Karl Kraus ma anche di Lenny Bruce e Woody Allen. E per provocare l’ilarità non sempre si va per il sottile: per far ridere vale tutto, anche qualcosa che un po’ sa di scontato.

“The table” nasce in occasione dell’incarico che i Blind Summit hanno ricevuto dalla Jewish Community Centre di Londra per fare uno spettacolo per il Seder (un pasto con amici e familiari in cui gli ebrei ricordano la loro fede) reinterpretando la storia dell’Esodo, secondo le indicazioni dell’Haggādāh, raccolta di interpretazioni rabbiniche dell’uscita dall’Egitto.

Così nello spettacolo il protagonista Moses vuole raccontare una storia epica su Dio e Mosé, sulla vita, la morte e il teatro di figura; ma ha un piccolo problema: si distrae continuamente.
“L’intera storia vuole affermare la divinità di Dio e l’umanità di Mosè” afferma Mark Down, e in questo sembra riuscire pienamente. Moses è molto umano e niente ha del profeta biblico: in questo sta una delle chiavi di lettura che hanno decretato l’enorme successo del lavoro, arrivato in Italia dopo una lunga tournée mondiale seguita al suo debutto al Fringe di Edimburgo nel 2011.

In effetti non ci sono aggettivi per esprimere bravura, capacità, tecnica e mestiere dei componenti della compagnia, Mark Down, Sean Garratt e Laura Caldow, e certo non capita spesso di assistere a lavori di questa fattura. E i tre ne paiono ben consci: una bravura che esala dal palco sin dalle prime battute. Sono consapevoli di essere più che bravi e anche che lo spettacolo sarà un successo (oltre ad aver vinto il Fringe di Edimburgo “The table” ha vinto anche il Kontrapunkt Festival National of Puppet Art in Polonia, ed è stato inserito dal Sunday Telegraph nella Top 5 Modern Puppet show e dal Chicago Times nella Top 10 Theatre 2013).
Ed è questa evidente sicurezza, maturata ancor prima di entrare in scena, ad aver disturbato parecchio chi scrive, perché toglie quell’alone di emozione e quell’incertezza che si suppone pervadano l’attore quando calca il palcoscenico. Una sensazione, per la fortuna della compagnia, che però mi vede solo.

THE TABLE
pupazzi Nick Barnes
regia Mark Down
con Mark Down, Sean Garratt, Laura Caldow
co-ideatori  Nick Barnes, Sarah Calver , Mark Down, Sean Garratt, Mabel Jones, Irena Strateiva, Ivan Thorley
musica Lemez and Friedel
consulenza artistica Andrew Dawson
con il sostegno di ARTS COUNCIL ENGLAND e JACKSON’S LANE

durata: 1h 14′
applausi del pubblico: 4′

Visto a Pistoia, il Funaro, il 21 marzo 2015
Prima nazionale

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