Le giornate di Bmotion Danza, a Bassano del Grappa, non si sono lasciate fermare neanche quest’anno, riuscendo piuttosto a lavorare sui risvolti positivi delle necessità di ideazione di un covid-festival.
Le aperture possibili a vere e proprie ricerche, tanto sui periodi di lockdown, quanto sull’incremento dei nuovi mezzi di comunicazione telematica, divenuti così pervasivamente presenti nella nostra vita di tutti i giorni, non mancano tra i lavori in programma nell’edizione di quest’anno: vengono presentate nei pomeriggi, non a caso tutte rigorosamente all’aperto, in un contesto ripensato da capo a piedi rispetto agli anni precedenti.
Dopo l’immersione sulla piattaforma Zoom per seguire le pratiche fisiche e i dialogues – quest’anno solamente online – il pubblico si è presto ritrovato ad occupare spazi mai esperiti prima, scoprendone il grande potenziale, come è successo, ad esempio, con la riuscitissima collaborazione tra Alessandro Sciarroni e Collettivo Cinetico intitolata “Dialogo terzo: in a landscape” e presentata in prospettiva con le sue turning lines tra le lunghe rette stampate sull’asfalto della palestra Vittorelli.
Puntando però il proprio focus sulle re-invenzioni post pandemiche, il primo dei due lavori che colpiscono di più per l’affondo verso le profondità aperte dalla nuova medialità in cui ci siamo ritrovati negli ultimi mesi è senza alcun dubbio il processo creativo sviluppato da Masako Matsushita intitolato “Diary of a Move”.
Un diario fisico, ma anche un diario corporeo, a tutti gli effetti un prodotto esplicito di una connessione creata durante il periodo del lockdown tra l’artista e 64 cittadini che si sono detti pronti a raccontarle in molti modi un movimento al giorno.
La performance concretizza in evento scenico tutto ciò vede Masako sul prato erboso del chiostro del Museo Civico con un piccolo quadernetto nel quale ha selezionato i movimenti, perfetti per entrare in questo sharing pieno di tensione ed emozione.
Una ricerca tanto significativa da far sentire la mancanza di una pluralità di altre esperienze simili nel panorama contemporaneo, che ci convince sia per l’idea di corpo e di rapporto che porta in sé sottesa, ma anche, e soprattutto, per i modi sempre intelligenti di portare il tutto da un altro verso all’altro: un processo che ha, in ultima istanza, qualcosa di astrattivo quantomeno nella misura in cui è in grado di rendere i movimenti nella loro inspiegabile assolutezza, così alta e così incistata nella più concreta realtà quotidiana in un sol tempo.
Una serietà di intenzioni e risultati, iniziata via Zoom e divenuta vita vera – anche se proprio lì si è stati spinti a chiedersi dove sia stato più forte il grado di verità o di intensità – che si concretizza anche in un altro tipo di sperimentazione, avviato da Bmotion a causa delle restrizioni alla mobilità: quest’anno infatti due dei lavori in programma, “Practicing Empathy 2by2” e “Virtual studies for a dark swan, 2020”, sono stati sviluppati dalle rispettive coreografe, Yasmeen Godder e Nora Chipaumire, interamente via Zoom, lavorando da remoto con gli interpreti (Selamawit Biruk, Beatrice Bresolin, Vittoria Caneva, Giacomo Citton, Anna Grigiante, Ilaria Marcolin e Elena Sgarbossa) invece in presenza, a Bassano.
Ed è così che, anche chi era scettico sulle distanze, fisiche e mentali, emotive e corporee, imposte dai nuovi se non nuovissimi media, si vede invece travolto dalla potenza effettiva che i prodotti di simili processi sono stati in grado di far vivere in sé.
Un’edizione, insomma, che non ha mancato di stupire e di aprire profondità di ricerca dove mai ce lo si sarebbe aspettato prima, confermando ancora una volta la capacità di Bmotion danza di colpire nel segno riguardo alle più recenti, se non addirittura circostanti, novità della migliore produzione coreografica contemporanea internazionale.