Lo confeziona in maniera quasi sartoriale Angela De Gaetano. E pare di vederla cucirselo addosso, un po’ come quell’abito da sposa bianco e perfetto che l’aiuta a triangolare la scena condivisa con Vito De Lorenzi alle percussioni.
La maturità d’attrice deve averla naturalmente consegnata ad un desiderio di narrazione che esplode qui, nel tutto suo “Bocche di dama”, come talento registico e drammaturgico.
Sono in due, per la verità, a far parte della compagnia Ambrò (‘andiamo’, in griko), che sigla la produzione: lei e Fabio Chiriatti, ma proprio perché sono solo due preferiscono dire che ‘si fanno compagnia’. E decisamente vanno. Forte.
Margherita non riesce a prendere sonno. È la vigilia delle nozze e conta le bustine di camomilla mentre la famiglia dorme. Sta aspettando la signorina Doriana che, curva sotto il suo valigione, arriverà a pettinarla molto prima del sorgere del sole. E in quel suo carico nasconde non solo l’occorrente per le acconciature anni Cinquanta, ma anche le storie antiche di una Lecce color seppia.
Fra queste una che solo l’insistenza della ragazza riesce a trarre dall’oblio. È la storia di un’altra fanciulla che di nome fa Mariuccia. La storia del suo pianto nero e del suo nastrino blu.
L’ultimo frammento di un abito calpestato e martoriato nella notte di una fuga che non ci fu mai. Mariuccia la più piccola, la pensosa, quella che fa domande imbarazzanti e non cela il difettuccio. Mariuccia e Agata come due anime sorelle sospese sulle terrazze comunicanti della città vecchia. Mariuccia la figlia di donna Teresa, morta con le ossa spezzate, e di don Leo, barbiere e ‘cravattaro’, che spara al mare per la maledizione di avere avuto solo figlie femmine.
Una attoralità empatica ma tecnicamente impeccabile fa di Angela De Gaetano una narratrice eccellente fra parola e canzone, dalla tradizione napoletana al tango delle capinere, e finanche un accenno di mambo alla Silvana Mangano. E quel sentire autenticamente sentito arriva al pubblico, che segue con intensità le vicende della piccola quindicenne di cui narra. Il suo mondo di dentro e quello di fuori. La fontana con i cavalli alati che in piazza Duomo non c’è più. La tettoia liberty del mercato coperto oggi nascosta chissà dove. I pranzi della domenica e le loro servitudini. Un brulichio di voci che l’attrice mette in fila dopo averli ritratti a sé dalla memoria familiare, e che restituisce all’osservatore nella loro antica autenticità.
Ecco dunque palesarsi, fra ilarità e malinconia, i notabili da apostrofare col don, anche se non sono preti ma solo uomini dabbene e chi invece prete lo è per davvero, le immancabili pettegole e le irresistibili icone del mercato del pesce, accanto a personaggi surreali come Mauro detto ‘ping pong’, trovatosi nel posto sbagliato al momento sbagliato, e lu Pascalinu pacciu, venditore ambulante, che il giorno delle nozze vide gli angeli rubargli il prezzemolo…
Fino all’urlo finale, che maledice l’orrore seppur nella nostalgia.
Bocche di dama
di e con: Angela De Gaetano
percussioni: Vito De Lorenzi
produzione: Ambrò
Visto a Novoli (LE), Teatro Comunale, l’8 febbraio 2014