Brevi giorni e lunghe notti: il Sud ancestrale di Lumen

Gabriele Genovese in scena
Gabriele Genovese in scena

È il sud ancestrale e mitico, ancorato a riti e tradizioni, ma proteso verso la scoperta del Nuovo Mondo, al centro dello spettacolo “Brevi giorni e lunghe notti. Storie di straccioni, di porci e di re”, di e con Gabriele Genovese, regia e scenografia di Elisabetta Carosio, al debutto nazionale ai Linguaggi Creativi di Milano.

Negli anni tra la guerra e il nuovo millennio il mondo cambia velocemente. Ma nella provincia del meridione il tempo scorre lento, scandito da una musica che racchiude il dolore e l’amore di una terra aspra.

In questo scenario si affollano personaggi e storie apparentemente slegati, che si ricomporranno in un mosaico variopinto chiudendo la storia in un cerchio.
Incontriamo Ada, modesta ragazza di paese in servizio presso una famiglia benestante, che vive la crudeltà di una maternità violata, rubata, in seguito alla quale decide di cavarsi gli occhi da sola; le suggestioni di un bambino di otto anni al racconto dello scannamento del maiale da parte di uno zio imponente; i viaggi di Cosimo, giovane esuberante, nel nuovo continente, carico d’attese e speranze, e il ritorno in patria con un juke-box e tanta disillusione. Sono solo alcuni dei tasselli del mosaico.

Nel microcosmo non possono mancare elementi di folclore come maghe depositarie di scienze mediche e verità assolute, parrucchieri ancorati alla tradizione ma con lo sguardo sull’America, feste di paese corredate di riti irrinunciabili come la processione, cantanti in preda a crisi creative illuminati da una chiaroveggente. Che risolve tanti piccoli drammi, ma rimane inerme davanti alla natura, perché lì la magia non si può fare.

Sono voci che si intersecano, storie che s’incastrano e a volte si ripetono da angolazioni differenti, fino alla composizione dell’istantanea finale, che racchiude tutti i protagonisti di questo piccolo universo che è la provincia.

Toni grotteschi si alternano ad atmosfere felliniane: il personaggio della maga e il racconto dell’ultima notte del maiale prima della festa del paese ne sono gli esempi più rilevanti. Il dramma si mescola alla commedia. L’ironia a volte diventa amarissima, e si riconoscono ben delineati i tratti della nostra storia.

Andiamo quindi oggi alla scoperta della Compagnia Lumen (di cui in passato avevamo già visto “Figli di chi”), formata da Elisabetta Carosio e Gabriele Genovese, con cui abbiamo scambiato una chiacchierata. Lui, attore, proviene dalle scuole Paolo Grassi e Accademia Teatrale Veneta, insieme ad Elisabetta Carosio e Alessandra Carlino ha fondato questa giovane compagnia, i cui progetti teatrali sono rivolti anche all’infanzia e al teatro sociale.

Gabriele, in “Brevi giorni e lunghe notti” racconti un Sud candido e crudele. Come nasce il tuo progetto?
Il progetto nasce qualche anno fa, quando ho iniziato a riscrivere queste storie che avevo ascoltato da bambino. La primissima, sette-otto anni fa, fu quella dell’uccisione del porco vista da un bambino, scritta quando partecipai ad un laboratorio per attori con Serena Sinigaglia.
Negli anni quel pezzo mi ha portato fortuna, nei provini e nelle ammissioni in accademia. Questi frammenti di storie sono rimasti per un lungo periodo congelati nella memoria, fino a quando non ho avuto il tempo e il coraggio di comporli in uno spettacolo.
Come autore mi interessa il rapporto tra un fatto vero e la sua trasformazione attraverso il racconto che passa di bocca in bocca. E in questo senso, quale terreno è più fertile della provincia? Attraverso le storie delle pièce volevo parlare dell’uomo, della sua violenza quotidiana e delle sue fragilità; della sua caparbietà, della morte, dell’abbandono, della capacità di rispondere alla vita. Parlo della Puglia e della Calabria, essendo io mezzo e mezzo. Sono tutte storie che ho ascoltato da piccolo un po’ in entrambi i posti. Si parla di un Sud che si pensa non esista più, ma che in realtà vive ancora.
Elisabetta Carosio è stata fondamentale: ha creato le scene e registicamente ha limato, sviluppato e formalizzato le proposte drammaturgiche e interpretative che le facevo in prova.

La storia sembra un gioco ad incastri, un mosaico di personaggi con storie e sentimenti autonomi. Eppure alla fine il quadro si compone: nel microcosmo del paese ognuno trova il suo posto. Cosa ti ha guidato a scegliere questa struttura?
Volevo conservare il punto di vista di ogni personaggio su uno stesso avvenimento e soprattutto indagarne la relazione con quell’avvenimento. Di questi personaggi mi interessa il loro ribaltamento, quel momento in cui escono da quell’etichetta che un paesino di provincia ti dà.
Ognuno è tratteggiato dagli altri, ma c’è sempre un momento di verità che non ci aspettavamo, che ci spiazza e ci fa paura. Quando ho pensato al finale ho immaginato un’istantanea. Mi affascinava l’idea che in pochi istanti, e per ragioni diverse, tutti gli abitanti della drammaturgia si ritrovassero lì a guardarsi, e in quel momento accadessero le cose più importanti.

Da attore è una bella sfida interpretare tanti personaggi senza cadere nella macchietta.
Da interprete, le sfide sono state diverse, in primis la tenuta fisica: lo spettacolo non è lungo ma richiede diverse variazioni ritmiche, vocali, corporee e momenti tecnicamente molto precisi. Un altro elemento di difficoltà è stato trovare la misura per ogni personaggio. Bisogna fare i conti col proprio corpo e con la propria voce. In alcuni casi, per sfuggire all’effetto macchietta, ho lavorato più sul contenuto che sulla totalità del personaggio.

BREVI GIORNI E LUNGHE NOTTI. Storie di straccioni, di porci e di re
produzione: Compagnia Lumen
di e con Gabriele Genovese
regia e scenografia: Elisabetta Carosio

durata: 1h 10’
applausi del pubblico: 1’ 30″

Visto a Milano, Linguaggi Creativi, il 21 febbraio 2016

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