“Buenos Aires” nasce su commissione: mentre Rafael Spregelburd è in scena con “La stupidità” al festival internazionale proprio di Buenos Aires, James Tyson, direttore del Chapter Arts Centre di Cardiff propone all’autore, attore e regista tra i più acclamati della scena contemporanea internazionale (nativo proprio della capitale argentina), un progetto in collaborazione con altre due compagnie straniere: il Chapter Stiwdio di Cardiff e il Ranters Theatre di Melbourne.
Per queste “Three cities”, questo il nome del progetto, l’obiettivo è produrre uno spettacolo semplice, breve e descrittivo delle rispettive città. E, come fa notare proprio Spregelburd, “le città scelte non sono Londra, Sidney o New York, ma Cardiff, Melbourne e Buenos Aires. Tre porti che qualche volta sono stati decisivi, oggi solo tre ‘cortili interni’ del mondo globalizzato. Tre città che durante il secolo scorso sono state grandi promesse di ricchezza e di futuro. Tre promesse che non sono mai state mantenute. Almeno, non in questo senso. Tre produttori di marginalità, di alterità e di allontanamento”.
In quest’ottica Spregelburd ricompone lo spaccato di una Buenos Aires che potrebbe ricordarci l’Italia di qualche decennio passato: un interno dai colori opachi, dalla mobilia spoglia, quasi decadente, tappezzeria un po’ sgualcita alle pareti e quattro personaggi in qualche modo fuori dal tempo. Come se la “contemporaneità” fosse rimasta fuori dalla porta. O ne fosse entrata solo a tratti.
D’impianto classico è anche la scelta drammaturgica dell’autore argentino, con uno spettacolo diviso in scene per ricreare spaccati di una storia quasi “senza senso”, assurda e originale.
Sarà Gwyn, un gallese in arrivo a Buenos Aires perché in fuga da un passato misterioso e doloroso, a mettere in moto e svelare le relazioni fra gli altri tre personaggi: Selva, agente immobiliare che affitta l’appartamento al suo amante, Martin Dominighi, professore di fisica disoccupato e alla ricerca di una formula da vendere alla Nasa per produrre acqua potabile, che a sua volta subaffitta una stanza a Clara, studentessa di pittura arrivata dalla provincia. Vite marginali, esse stesse opache, vissute sorseggiando mate ed elaborando inverosimili formule per truffare la Nasa e diventare ricchi. Senza legami profondi e stabili, esistenze riunite in un appartamento quasi come per farsi compagnia, per affrontare meglio la solitudine di una grande città.
In un intreccio ironico quanto improbabile, Spregelburd fa così emergere le contraddizioni di identità meticce, alla ricerca di se stesse e di un proprio posto nel mondo, tra sogni, illusioni e nostalgie.
Attraverso gli occhi di Gwyn (lo straniero, interpretato dallo stesso Spregelburd), lo spettacolo prova ad analizzare luoghi comuni che sono propri di un popolo definito dall’autore “una strana razza ibrida che continuamente cerca di inventarsi un passato per poter trovare una spiegazione del suo presente onirico”. Una storia di speranze e fallimenti, tanto da far affermare a Spregelburd come “Buenos Aires” sia la commedia più crudele di tutta la sua produzione e, proprio per questo, mai rappresentata (finora) in Argentina perché “praticamente insopportabile”.
BUENOS AIRES
di Rafael Spregelburd
traduzione: Manuela Cherubini
con: Alberto Suárez, Mónica Raiola, Andrea Garrote, Rafael Spregelburd
regia: Rafael Spregelburd
musiche: Federico Zypce
tecnici: Santiago Badillo, Alejo Varisto, Pablo Ruiz Seijo
producer: Corina Cruciani
durata: 1 h 21′
applausi del pubblico: 3′ 30”
prima nazionale
Visto a Torino, Teatro Carignano, il 19 ottobre 2009
Prospettiva 09