Der schmerz. Il male interiore: essere ancorati ad una realtà che sta stretta. Sentire la voglia di andare oltre, di uscire fuori. Quello scalpitìo martellante dentro al cuore che suggerisce che il tuo posto è altrove, che non puoi rimanere “al paese tuo”, a fare quello che fa tuo padre che fa quello che faceva tuo nonno. La voglia di mollare tutto e tutti, proprio quando sono quei tutti a trattenerti. Insomma, liberarsi dalle catene del “basta poco”, della casa sicura, della lingua conosciuta, della famiglia che vede, provvede e protegge.
“Vagare verso stelle lontane… in uno spazio senza confini e senza domani… Libero”. Alla Capitan Harlock. Non necessariamente quello schivo e silenzioso dei manga o del cartone animato anni ’70, ma quello che alberga malcelato in Dominic Pavia, alias Capitan Harlock, giovane abruzzese che gli amici chiamano così per la passione sfrenata verso l’eroe con la cicatrice in volto e la benda sull’occhio destro. ‘Che di rimanere a fare il modesto portiere di un modesto albergo nel suo modesto paese, Dominic Pavia non ne vuole proprio sapere.
E allora via con la narrazione: un viaggio tra sogno e realtà non a bordo dell’astronave Arcadia, forse, ma di un altro mezzo che porta comunque alla conquista di un nuovo “pianeta”, che di nome fa Germania.
Il teatro Aurora di Marghera sceglie lo spettacolo del Teatro del Sangro – compagnia I guardiani dell’Oca per dare il via alla nuova stagione affidando così a “Capitan Harlock” il compito di trattare la prima sezione del tema “La contemporaneità del male”, scelto dalla Fondazione di Venezia per il percorso di Esperienze-Giovani a Teatro 2010/2011.
Nel racconto teatrale, quella strana sensazione di malessere interiore – ma anche la capacità di sognare e di vivere parallelamente tra realtà e illusione – viene affidata completamente alla capacità affabulatrice della parola orale di Stefano Angelucci Marino, unico attore in scena che, come un cantastorie, ci porta direttamente nella mente e nei sogni del protagonista.
La storia e il disagio di Dominic sono quelli di un ragazzo di trent’anni come tanti, che ha voglia di volare via come uno degli eroi della sua infanzia; che non vorrebbe (ma gli tocca) rimanere a sentire i genitori che lo richiamano alla gente affidabile e alla vita salubre, priva di intolleranze “alimentari” del proprio paese. E che, nonostante tutto, prova a sognare, arrivando perfino a diventare un grande portiere in un albergo di Dusserdolf. Per poi, ancora una volta, ripartire in cerca di un altro pianeta.
“Capitan Harlock” è uno spettacolo bello nella sua semplicità, profondo nella sua leggerezza e nella spontaneità con cui il protagonista rende la propria voglia di evasione e di rivalsa, il suo inseguire un sogno d’indipendenza, con la purezza del sentimento che lo porta a stringere amicizia con altri colleghi immigrati albanesi, e nonostante l’ingenuo tentativo di conquistare una donna che lo disprezza e finirà col tradirlo.
Una recitazione emotiva intrisa di passione, rabbia e candore caratterizza Stefano Angelucci Marino, magistralmente orchestrato dallo strumento dell’ironia e da un’inflessione dialettale che riesce a comunicare bene la quotidianità e il calore delle immagini sulla scena.
Il lavoro riprende i temi più sentiti dalla scrittura di John Fante: dall’immaginario della terra abruzzese con la sua vita modesta al tema dell’immigrazione, dalla capacità di raccontare piccoli mondi familiari a quella di liberare ogni sentimento, in un’inquietudine visionaria che si alimenta di miti e illusioni.
CAPITAN HARLOCK
di e con: Stefano Angelucci Marino
produzione: Compagnia del Sangro – Compagnia I Guardiani dell’Oca
durata: 60′
applausi del pubblico: 1′ 20”
Visto a Marghera (VE), Teatro Aurora, il 13 novembre 2010