Soltanto adesso Pasqualina ci guarda, immobile, mentre gli spettatori si accomodano nella penombra di questo giardino sospeso, nel teatro Flavio Vespasiano di Rieti.
Il mondo per lei non si è mai fermato, fino ad ora; lei che si porta dietro spazi aperti e un po’ di niente in tasca.
Pasqualina ci ferma, come per strada, in piedi, per raccontarci la sua storia, in dialetto pugliese.
Raccontare è sconfiggere la solitudine. La solitudine del vivere per strada, abbandonata tra la folla, ritrovandosi come un pezzo di puzzle che non combacia più con le aspettative di una società dal disegno perfetto.
Candida e impetuosa, scandisce pezzi della sua storia insieme ai piatti preparati dalla nonna quando abitavano in Puglia. Una lunga ricetta fatta di ingredienti e cicatrici che non si dimenticano. Piatti succulenti si mescolano a violenze, cibi gustosi vengono impastati con la solitudine. Una storia scritta con una forchetta che gratta un piatto, e narrata con la normalità della rassegnazione.
Con “Cara Utopia” Marianna Di Mauro indaga la condizione di una donna che sopravvive ai margini del nostro mondo perfetto. Una donna che parte dal Sud alla ricerca di una vita migliore che però non arriva, sognata e poi quasi dimenticata; una donna che ha accarezzato, in tutti questi anni, la sua personale utopia di realizzarsi in un sogno. Ma il fuoco rimane sempre acceso malgrado tutto, malgrado la vita per strada.
Quel dialogo, provato e riprovato come allo specchio e le ricette ripassate come per un esame, rimarranno senza risposta, con gli occhi fissi della brava Claudia Crisafio in un sorriso pieno di aspettative.
Rimbomba il silenzio in questo non luogo, un’illusione necessaria e fugace che ci porta a riflettere sulle possibilità, sulle occasioni che abbiamo avuto e quelle che non ci siamo cercati.
Lo spettacolo è costruito con geometrie forti: tic e movenze diventano ancoraggio, passato e presente si confondono creando un flusso narrativo coinvolgente. Claudia Crisafio, gobba nel suo cappotto rosso, goffa nella semplicità d’un personaggio umile, riempie uno spazio simbolico, archetipo, realizzato da Giulia Olivieri: piante verdi sovrastate da una casetta bianca, trasparente, composta solo di una cucina; una nuvoletta senza coda rimane sospesa. Come un sogno che pesa spigoloso sul destino della protagonista.
Ultima produzione di Nuove Officine, “Cara Utopia”, testo di Maria Teresa Berardelli, ha debuttato a fine luglio nell’ambito del RIC Festival, mostrandosi un lavoro curato nei dettagli, frutto della capacità della regista di progettare, realizzare e condurre la propria idea di spettacolo attraverso la relazione, la condivisione e il dialogo con le compagne di viaggio. Una direzione sinfonica equilibrata, che fa sì che le qualità dell’attrice vengano rafforzate e messe in risalto, donando a Pasqualina una forza che lascia il segno in chi la guarda.
La sua purezza ed ingenuità fanno inceppare i nostri meccanismi perfetti, pedine equidistanti, inquadrate e operose costrette in un formicaio di progresso e successo. Il velleitarismo di un emarginato, buffo e ignorante, scava nelle fondamenta di sabbia delle nostre vite. Così che ci troviamo a ripetere il titolo dello spettacolo quasi a giustificarci, alla ricerca di un’assoluzione perché consci che non approderemo mai al Paese dell’Utopia, nonostante un po’, uscendo dal teatro, lo vorremmo.
Vi lasciamo alla photogallery dello spettacolo.
CARA UTOPIA
di Maria Teresa Berardelli
traduzione adattamento e regia: Marianna Di Mauro
con: Claudia Crisafio
aiuto regia: Dimitri D’Urbano
scene e costumi: Giulia Olivieri
foto: Ciro Meggiolaro
produzione: Nuove Officine
in collaborazione con RIC Festival 2014
applausi del pubbico: 2′
Visto a Rieti, Teatro Flavio Vespasiano, il 24 luglio 2014