Due grandi Don Chisciotte del teatro contemporaneo, in movimento perenne, in viaggio costante, in ricerca continua.
Carlo Quartucci e Carla Tatò sono stati a Torino per una serie di impegni teatrali, incontri e momenti di approfondimento.
Li incontriamo nei locali dell’associazione culturale Pratici e Vaporosi dove lei, anche grazie alla tenacia di Giuliana Pititu (autrice del libro “Carla Tatò, Dell’attore, del corpo scenico, della parola e della voce”), sta conducendo un laboratorio sull’attore autoriale.
Il lavoro a cui assistiamo nell’attesa dell’intervista è davvero impegnativo e prevede una lettura corale della “Pentesilea” di Von Kleist che procede con un ritmo intenso sotto gli occhi attenti della Tatò, in una poetica veste di direttrice d’orchestra.
Ci sono anche gli attori della Piccola Compagnia della Magnolia tra i partecipanti, e l’energia che viene sprigionata dal lavoro è davvero tangibile.
Tutte le ventiquattro scene di cui è composta l’opera vengono analizzate e i momenti in cui l’attrice si lancia in interpretazioni autonome fanno venire un brivido di emozione unica.
Guardandola lì, seduta, con il copione in mano, ad infondere coraggio ed energia ai giovani attori ci sembra di vederla in scena negli anni Sessanta con Carmelo Bene, quasi come non fossero passati gli anni. Eppure sappiamo che non ama parlare del suo periodo pre-Quartucci, non le interessa quello che c’è stato prima, pur riconoscendone il valore.
Ma la domanda gliela faremo ugualmente, ci interessa sapere chi considera il suo maestro, proprio lei che ha lavorato con molti dei talenti più importanti del teatro sperimentale e non italiano.
E’ così che abbiamo iniziato la nostra videointervista con una coppia, nella vita e nell’arte, davvero fuori dalla norma. Li abbiamo poi lasciati con una domanda: cosa si prova a sapere di aver contribuito alla storia del nostro teatro. La risposta è degna dei due grandi artisti che abbiamo avuto di fronte.