Malavita e arte per il debutto a Torino dello spettacolo con protagonista Roberta Caronia
Ciara (da pronunciare Kira) è una giovane donna che vive a Glasgow. Intraprendente, brillante e risoluta, è la proprietaria di una piccola galleria d’arte contemporanea, molto frequentata dalla buona società. Il suo pregio maggiore, che ha determinato il successo di cui gode in città, sta tutto nella grande abilità che possiede nel tessere rapporti autentici con l’alta borghesia scozzese e con gli artisti di cui si contorna, primo fra tutti Alan Torrance. Una capacità che le deriva molto probabilmente dal suo modo di concepire l’arte.
Eppure, dietro questa cortina invidiabile, Ciara nasconde un background familiare dalle tinte fosche: è la figlia di Mick, uno dei gangster più temibili della zona, è la moglie di uno dei criminali in ascesa, socio in affari del padre, ed è la sorella di Ciran (Kiran), un tossicomane ormai spacciato.
Ciara tenta di mantenere disgiunte la vita lavorativa e la scomoda eredità a cui è legata, e lo fa nel segno dell’emancipazione del proprio mestiere. E mentre tenta con ostinazione di potenziare la reputazione della sua galleria d’arte, il mondo intorno a lei comincia a frammentarsi e a crollare.
È un potente ritratto quello che emerge da “Ciara. La donna gigante” del drammaturgo scozzese David Harrower. A portarlo in scena è la Fondazione TPE – Teatro Piemonte Europa che abbandona il teatro Astra per questa prima italiana e approda negli spazi di Area X di Intesa Sanpaolo a Torino. Proposta in anteprima al Traverse Theatre di Edimburgo nell’agosto 2013 e arrivata in Italia con Valter Malosti in forma di reading nell’ottobre del 2019 al Teatro Belli di Roma nella cornice di TREND – Nuove Frontiere della Scena Britannica, questa nuova versione scenica è affidata alla regia di Elena Serra e al talento di Roberta Caronia che veste i panni della protagonista.
Un monologo fiume in cui a farla da padrone sono sentimenti come la rabbia e il risentimento, in cui le parole sono sminuzzate in una modalità ora aggressiva e graffiante, ora alienata e sconvolta.
Il racconto di Ciara scoperchia il vaso di Pandora e spiana la strada ai ricordi, dai crimini ordinari agli abusi più abietti e vili della malavita locale. Un groviglio, un viluppo intricato di flashback, che conduce alle umide viuzze di Glasgow, al mondo degli spacciatori, delle prostitute, dei ladri e dei piccoli delinquenti.
Sul palco, composto di quattro grossi cassoni di legno che sopraelevano gli interpreti, Ciara inizialmente è in un angolo, austera ed elegante, sorseggia vino e si abbandona a una narrazione puntuale e dettagliata che restituisce immagini e scenari, profili e quadri, con una leggerezza, quasi levità, sorprendente. Salvo poi lasciare il posto a una lucida irrazionalità quando la descrizione cede il passo al ricordo e vira all’improvviso verso traiettorie funeste, miscelando freneticamente passato e presente, ciò che è stato e ciò che è, in una crescente, sempre più ritmata, asfissia emotiva.
Ciò che senza dubbio colpisce è la presenza totalizzante del personaggio femminile che, messo a dura prova dall’esistenza, combatte con tutta la forza per tenere insieme i pezzi di un’identità ormai in frantumi. È una vita travagliata quella di Ciara, incarnata dalla talentuosa Caronia, vincitrice del Premio ANCT 2020, che non si risparmia nemmeno un minuto nel dare corpo e voce alla protagonista, incisiva più nel sarcasmo che nella ruvidità, più nel sussurro che nel grido, ma comunque bravissima nel valorizzare la parola in ogni sua sfumatura, in ogni suo significato recondito.
Alla centralità femminile e al lavorio verbale, si affianca il performer Isacco Venturini al quale è affidato il compito di tradurre in movenze tutti quei risvolti indefinibili di cui il testo si avvale. La pittura è così traslata nella presenza del corpo maschile in azione, del progetto video “Portrait” di Donato Sansone e della scenografia firmata da Jacopo Valsania, quattro casse di legno che, nell’immaginario comune, rimandano a quelle utilizzate per il trasporto di manufatti artistici o a quelle destinate alle merci in cui la malavita nasconde molto spesso ciò che deve sparire, e su cui sono applicate le facciate di Glasgow.
Il testo, estremamente verboso, ha una scansione ineccepibile e presenta sterzate drammaturgiche insospettabili: rivelazioni cocenti, ribaltamenti, incontri criminali e colpevoli imprevedibili. Nel solco di questa vicenda, Ciara affronta le proprie contraddizioni esaminando con puntiglio il rapporto violento e travolgente con gli uomini della sua vita. E in questa sorta di confessione incessante, la regia di Elena Serra prova a scavare nell’inconscio della protagonista, nella zona più intima e impulsiva, non senza qualche difficoltà nel raccordo tra narrazione del presente e quella del passato (o meglio, tra l’elemento della temporalità e quello della narratività).
Ne scaturisce un profilo di donna sardonica e agonizzante che, grazie all’arte e in particolare a due quadri di Alan Torrance, “Il giovane macellaio” e “La donna gigante”, esorcizza il proprio dolore, la propria rabbia e disperazione, agendo sul pubblico alla stregua di una Fedra, Antigone o Medea dei nostri giorni.
CIARA. La donna gigante
di David Harrower
traduzione Monica Capuani
con Roberta Caronia
e con Isacco Venturini
regia Elena Serra
spazio scenico e luci Jacopo Valsania
scrittura coreografica Isacco Venturini
progetto video Portrait Donato Sansone
elettricista Isabella Caruso
produzione TPE – Teatro Piemonte Europa
in collaborazione con Intesa Sanpaolo
si ringrazia TREND – Nuove Frontiere della Scena Britannica
durata: 1h 10′
applausi del pubblico: 3′
Visto a Torino, Area X di Intesa Sanpaolo, il 3 aprile 2022
Prima nazionale