Cinque danze con Davide Valrosso: riflessioni per il futuro

Cinque danze per il futuro (photo: Rebecca Lena)
Cinque danze per il futuro (photo: Rebecca Lena)

Cinque sono state, in tutto, le occasioni di incontro con Davide Valrosso, nel corso di questi ultimi anni, legate spesso a progetti definiti e residenze, presso teatri e spazi non teatrali. Prima e durante la pandemia.
La piacevole sensazione del ritrovarsi per continuare una narrazione interrotta, un racconto elaborato, ha caratterizzato queste “ricorrenze”. E per ognuna di esse, in abbinamento, cinque sono stati i concetti emersi e sviluppati. Cinque parole, di quelle che “ci vogliono per pensare”, come sostiene il filosofo Umberto Galimberti. Parole che mettono a fuoco la poetica, l’estetica e la sensibilità artistica di Valrosso. Parole come empatia, contatto, relazione prossemica, ascolto, tempo.

E “Cinque danze per il futuro” è il progetto con il quale il coreografo è ritornato a Roma il 4 e 5 novembre, nell’ambito di Romaeuropa Festival, al Teatro Biblioteca Quarticciolo, lì dove tutto ebbe inizio, la scorsa estate, nel corso della residenza creativa inserita all’interno del Fuori Programma Festival. Un lavoro che ha raggiunto la completezza di una sua forma e dimensione specifica.

Coreografo, performer, artista associato al festival Oriente Occidente, Valrosso ha collaborato con Balletto di Roma, Attakkalari Bangalore, Polish Dance Theatre.
Con i suoi spettacoli ha partecipato a numerosi festival, sia in Italia che all’estero. Parallelamente ha lavorato, come formatore, con realtà come l’Accademia Nazionale e il Balletto di Toscana ed è coordinatore di C.I.M.D. – Centro Internazionale di Movimento e Danza, di Milano. Nel 2020 ha fondato la compagnia da lui diretta: NINA.

Parlare di danza e di futuro, per Valrosso non è mai stato sganciato da come viviamo, da cosa esiste e da cosa troviamo intorno a noi e all’interno del nostro tempo. Il punto, allora, è cosa significano non solo il futuro, ma anche il passato e il presente.

«Mi interrogo costantemente sul futuro – sostiene – anche perché credo di essere in qualche modo nato in un periodo sbagliato. Credo di essere sostanzialmente più vecchio di quello che sono dal punto di vista delle mie esigenze, del mio rapporto con il tempo, delle necessità. Ma sono incastrato in questo tempo che vivo. Non dico che sono spaventato dal futuro perché non vorrei avere una visione negativa, però, credo che bisogna fare molta attenzione nei confronti di una tendenza all’omologazione e alla perdita dell’umanità».

«Le mie paure sono anche ciò che mi dà la forza per fare quello che faccio. Nella danza o nell’arte in generale trovo la possibilità di poter creare un disorientamento, un innesto, un’anomalia. Un’esperienza che in qualche modo può diventare una variazione tematica rispetto alla corsa che il mondo sta facendo verso non so bene dove. Vivo questa condizione di difficoltà nel senso che da una parte sento l’appartenenza al tempo presente, nelle modalità in cui lo vivo e lo gestisco, ma contemporaneamente mi sento distante e lontano da esso, in qualche modo dissociato».

Ed è da questo punto di partenza che hanno origine le cinque composizioni coreografiche per il futuro, tra poesia ed elettricità, tra l’inquietudine e l’adrenalina. Ognuno dei cinque quadri viene costruito e delineato in scena mediante le interazioni tra Valrosso e il chitarrista Daniele Gherrino.

In “Cinque danze per il futuro” la danza si fonde quindi con la musica. Ciò che avviene è un processo vorticoso di fecondazione, di fusione e di trasformazione. Si realizza mediante la connessione tra l’energia del corpo, le onde sonore, la condivisione degli sguardi, i cambi e gli scambi dei ruoli.

Accumulandosi viene destrutturata la massa di immagini e di esplorazioni, di visioni utopiche e di possibilità concrete, agite in scena. Fino ad arrivare alla creazione di un corpo nuovo, singolare e meticcio. Il successivo sviluppo è contenuto in cinque fasi evolutive. Cinque sequenze o cinque mo(vi)menti random.

«Il processo creativo è un’evoluzione tendenzialmente non lineare che inizia ancora prima della messa in scena e delle prove in sala. In generale, è una stratificazione di elementi: immagini e suggestioni che giungono in modo irrazionale. Si tratta di immagini abbastanza ovattate, non chiarissime, che si consolidano nel tempo. E identificano quello che io chiamo il “sapore” del lavoro. La tematica, il titolo del lavoro arrivano successivamente, quando si sedimentano le immagini, i sapori, la potenza degli incontri – come quello con Daniele Gherrino – l’interazione con gli spazi specifici. Nel momento in cui queste cose cominciano a strutturarsi, inizia la fase di studio. Comincio ad analizzare, a identificare ogni elemento a disposizione. Cerco di immaginare degli elementi drammaturgici, un paesaggio estetico sul quale intendo costruire la mia “casa” e, infine, sviluppo il/i concetti che definiscono l’orizzonte e i contorni del mio lavoro. Parte del processo è quello di identificare il tema del lavoro che inconsciamente è già presente, ma riesco a vederlo solo alla fine».

“Cinque danze per il futuro” esplora e rielabora il concetto di forma estetica, come risultato della pratica di una creazione estemporanea. Il cuore del progetto è costituito da elementi e pulsioni come la presenza fisica, la concentrazione, l’energia sprigionata. Sentire l’altro sulla scena, gli altri nel pubblico, è ciò che muove ogni azione e movimento fino a canalizzare gli impulsi emozionali dei vari momenti di improvvisazione. Mantenendo sempre vivo il rapporto danzatore-musicista.

«Penso che non saprei fare altro se non costruire una o più danze che si muovono all’interno di un tracciato compositivo, in cui possono trovare uno spazio di libertà, di improvvisazione, per catturare le informazioni provenienti dall’esterno. E questo si definisce nel rapporto dialogico tra me, il pubblico e la musica, i musicisti e gli elementi scenici».

Il futuro pensato da Valrosso muove da una visione distopica del presente dove l’uomo continua a collocarsi al centro dell’universo. In un sistema pressato da intessi economici, un circolo continuo di produzione, consumo, distruzione e tentativi di riparazione dei danni creati.

«Ripensando al mio lavoro da coreografo, vorrei fare molto di più in questo tempo storico in cui tutto viene fatto, fagocitato e richiesto di nuovo. L’arte purtroppo vive lo stesso meccanismo di uso e consumo e questa visione consumistica si è integrata con la visione dell’arte produttiva. Vivo il disagio di questa perenne richiesta di novità e vorrei di più, non solo per me, ma anche per il pubblico».

Cinque danze per il futuro
Concept Davide Valrosso
con Davide Valrosso
musiche originali eseguite dal vivo Daniele Gherrino
collaborazione all’ideazione Valeria Vannucci
produzione NINA
con il sostegno di ADH – Anghiari Dance Hub, Körper, a.ArtistiAssociati, C.I.M.D, PARC Performing Arts Research Centre, Centro Nazionale di Produzione della Danza Virgilio Sieni e di Fondazione CR Firenze
in collaborazione con Fuori Programma Festival/Teatro Biblioteca Quarticciolo, ARTEFICI.ResidenzeCreativeFvg / ArtistiAssociati

Applausi del pubblico: 4’

Visto a Roma, Teatro Quarticciolo, il 5 novembre 2021

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