“Astronomo, filosofo eccellente, musico, spadaccino, rimatore, del ciel viaggiatore, gran maestro di tic-tac, amante – non per sé – molto eloquente, qui riposa Cirano Ercole Saviniano signor di Bergerac, che in vita sua fu tutto e non fu niente”.
Questo l’epitaffio che il personaggio di Rostand si scrive da sé, pochi attimi prima di morire per le ferite riportate in un codardo agguato. Questo il punto di partenza per Teatro Minimo, che propone una riscrittura in forma ibrida tra recital, monologo, dialogo voce-contrabbasso.
Del testo di Rostand, nella traduzione di Mario Giobbe, Michele Santeramo conserva quasi solo il triangolo amoroso. In un fantasioso montaggio, pieno di salti e ritorni di pagina in pagina, nessuno degli intrighi tra Cirano e il potente De Guiche, perfido innamorato di Rossana, sopravvive a un’elaborazione drammaturgica che sfronda ogni contestualizzazione temporale o geografica. Santeramo va addirittura ad aggiungere un personaggio: la coscienza di Cirano, combattuta tra orgoglio e fragilità, si sdoppia e dona personalità al celebre pennacchio, simbolo acuto di quell’integrità morale che aveva fatto di Cirano un mito di potenza ed estro poetico nascondendone il lato umano, consumato dal sentimento puro. E il pennacchio si fa grillo parlante, esilarante “opinionista” che parla in gramelot franco-pugliese. Di quell'”indomita purezza” rivendicata dal Guascone rimane invece un commento severo e disilluso: perché Cirano, simbolo di tutta l’umanità perdente, non capisce in tempo il gioco vizioso che lo porterà alla tragedia? Perché, insomma, deve sempre finire che ci scappa il morto proprio tra gli sfortunati? Un punto di vista amaro e geniale.
Santeramo è attore generoso e si abbandona, con l’eleganza e la precisione che lo contraddistinguono, a un rap avventuroso tra le righe di pentagramma affollate dal contrabbasso del bravissimo Giorgio Vendola. Il loro è un dialogo armonioso: c’è spazio per creare la confusione della sala di Palazzo Borgogna dove per la prima volta Cristiano e Rossana s’incontrano, tempo per inseguire i pensieri di Cirano mentre racconta a se stesso come gli sia impossibile credere in un qualsiasi amore, e c’è l’abilità di passare dal caos del campo di battaglia in cui Cristiano si farà ammazzare al silenzio del bosco di querce dove, in quell’autunno di quattordici anni dopo, Cirano confesserà a Rossana il proprio amore e il proprio inganno, morendone a sua volta. Il tutto senza un cambio luci, senza un movimento più invadente di un gesto della mano. Un raro esempio di fluidità e teatralità rinnovata. In perfetto stile “minimo”.
CIRANO
di e con Michele Santeramo
regia: Michele Santeramo
produzione: Teatro Minimo, Festival Castel dei Mondi, Comune di Andria
musiche dal vivo: Giorgio Vendola
durata spettacolo: 60’
applausi del pubblico: 2’ 30’’
Visto a Roma, Teatro Piccolo Eliseo Patroni Griffi, il 4 aprile 2009