Prendete uno spettacolo circense e distillatene la parte più essenziale, quella magica e fantasmagorica che avvolge in nuvole fumose il clown, il mago, la contorsionista e le apparizioni favolose. Epurate questo spettacolo dal sensazionalismo, accantonate per un po’ il bestiario feroce e tenete con voi conigli tremanti e papere bisbetiche. Aggiungete la comicità di un imbarazzante vecchio zio ad una festa di famiglia col suo campionario di trucchi sgangherati e la grazia di una funambola trasformista che nuota (letteralmente!) volteggiando sulla fune. Il risultato sarà la celebrazione dell’assurdità e dell’innocenza, il trionfo della metamorfosi continua, la creazione di un mondo stregato fatto di stracci e illusioni.
Questo mondo surreale è l’ormai famosissimo “Le Cirque invisible”, proposto dall’Auditorium Parco della Musica di Roma nella sua costola estiva, il FestiVAl, che quest’anno raggiunge la sua quarta edizione nella cornice mozzafiato di Villa Adriana a Tivoli.
Jean-Baptiste Thierrée e Victoria Chaplin sono i factotum di questo circo: maghi, clown, illusionisti, acrobati, domatori, secondo il bisogno.
Lei, classe 1951, straordinaria donna camaleonte, ha creato un catalogo di geniali e raffinate trasformazioni di se stessa. La vediamo divenire uno splendido cavallo di verde velluto, o una luminosa donna orchestra che suona bicchieri, tegami e cucchiai sparsi su tutto il corpo, o ancora un serpente divoratore di uomini, e poi una miriade di figure indefinite che sembrano rubate a un libro di fiabe.
Quarta figlia dell’immortale Charlie Chaplin, Victoria lascia senza parole. E non ne pronuncia alcuna, d’altronde, per tutta la durata dello spettacolo. Si esprime limpidamente attraverso il suo corpo, incredibilmente flessibile, e i suoi occhi espressivi. Armata di ombrelli cinesi, di vesti aristocratiche, di sedie a dondolo ribaltate o di un tavolo da the rotante, poco importa, lei si trasforma, diviene un vaso di fiori, un dragone, un uccello. La sua capacità di passare dalla rappresentazione di una cosa a un’altra, cambiando l’arrangiamento di un tessuto o modificando semplicemente la posizione, è incredibile. Con grazia, un momento danzatrice, contorsionista, funambola, ci trascina nel suo immaginario fatto di bellezza e armonia.
Lui, Jean-Baptiste Thierrée, classe 1937 (!), recita la parte del mago maldestro e cialtrone che rivela tutti i suoi trucchi, invaso di una impossibile innocenza come traspare dal suo viso raggiante. Numeri fatti di burle, di lazzi, di carnevalate, a volte della durata di pochi secondi, in cui lo zio pasticcione dà vita a un non-sense che ha fatto epoca: entra in scena sempre abbigliato nel più improbabile dei modi, ricoperto a dismisura di fiori o in vesti scicchissime, tenta di rompere bolle di sapone con un martello, poi saltella gigione verso la quinta. Impossibile non affezionarsi a questo personaggio sbandato e toccante che suscita continue risate: e pensiamo naturalmente alla scena degli stivali canterini mascherati da marionette per l’occasione, dove interpreta in playback un’aria di Bizet, o al dialogo irresistibile col mitico coniglio Jean-Luis.
Sembra che i due sposi amino enfatizzare le loro differenze per creare il giusto contrasto nel ritmo alternato tra le arlecchinate di Jean-Baptiste e l’intricato trasformismo di Victoria. Inscritti in un semplice cerchio, che ricorda la pista del circo, la coppia Thierrée/Chaplin dimostra come l’incantesimo teatrale può trasformare la realtà delle cose. La purezza e l’invenzione sono le caratteristiche più importanti di questi due artisti fin dal lontano 1971, quando per il Festival di Avignone creano il loro primo spettacolo, l’ormai leggendario “Le Cirque Bonjour”, incoraggiati dallo stesso Jean Vilar.
”Le Cirque invisible” è stato creato nel ‘90, e successivamente si è evoluto al ritmo dei tempi e dei paesi nel quale viene rappresentato, rimanendo tuttavia sostanzialmente identico. Il circo di Thierrée/Chaplin rappresenta un unicum nell’ormai vasto panorama del circo contemporaneo. Fin dall’inizio i due straordinari artisti hanno fondato la loro poetica, e tutto l’apparato scenico, su una voluta e manifesta semplicità, come per suggerire allo spettatore la possibilità di una sospensione magica dalla realtà. Un circo effimero, un mondo impalpabile a cui si tende, pertanto invisibile.
”Le Cirque invisible” è la meraviglia che desta incanto, nella quale lo spettatore recupera l’esperienza del tempo festivo e lo condivide allo stesso modo con il pubblico dei più piccoli, i bambini. Sulla carta tutto ciò ha l’aria di un facile nulla, e lo spettacolo sembra discutibile. Ma occorre avere molto talento per far convenire un pubblico attorno al nulla.
Le Cirque invisible
di e con Victoria Chaplin e Jean-Baptiste Thierrée
durata: 2h
applausi del pubblico: 8′
Visto a Roma, Villa Adriana, il 18 giugno 2011