“Era proprio necessario?”. “Siamo a un film già visto!”. “E’ un paradosso”…
Sono alcuni dei commenti scaturiti fra i milanesi circa “l’affaire Cirque du Soleil”, che ha occupato in questi mesi giornali, social network e rete in una sollevazione popolare e culturale (a partire dalla lettera di Ilaria Drago indirizzata proprio alla compagnia canadese) che non ha visto bandiere e schieramenti politici, ma solo una grande indignazione generale. Oggi torniamo a parlarne a ragion veduta, o meglio a spettacolo visto.
Ma prima facciamo un passo indietro.
In occasione dell’esposizione universale, Expo Milano Spa ha scelto di occupare il suggestivo Open Air Theatre nel sito di Expo Milano 2015 per ben quattro mesi di repliche (fino al 30 agosto) di “Allavita!”, spettacolo del Cirque du Soleil, che ha dedicato uno show ai temi dell’esposizione, una sorta di inno alla vita nello stile che le è proprio, ossia attraverso un insieme di musiche, proiezioni e danze che si mescolano a cabaret e acrobatica.
A sollevare tanta indignazione è stata in primis la cifra stanziata per lo spettacolo, costato 8 milioni di euro. Ha senso spendere 8 milioni di euro per un’unica produzione quando con quella cifra si salverebbero tanti teatri in crisi?
Ma ciò che davvero è rimasto sullo stomaco a molti teatranti nostrani è il fatto che non si sia scelto di distribuire questo capitale tra le realtà italiane, che, come tutti, attendevano risposte e possibilità per mostrare e mostrarsi durante l’Expo. E non solo un cartellone (che si chiama “Expo in città”) a cui possono accedere tutti inserendo il proprio evento in una sorta di piattaforma informativa-aggregativa.
Vero è che Expo Milano 2015 è un’esposizione, e l’‘esporre’ in un simile contesto implica anche il mostrare proposte grandiose, internazionali e accessibili a tutti. Il Cirque du Soleil, con i suoi complessi scenografici di portata immensa, le luci, i colori, le musiche… è tra le scelte più immediate e facili per qualsiasi esperto di marketing, come ribadiva anche Oliviero Ponte di Pino in una recente intervista. Come non attrarre pubblico così, e per di più anche internazionale?
D’altro canto il Cirque du Soleil è una grande azienda privata, fondata a Montreal nel 1984 da Guy Laliberté, che oggi conta 3.800 dipendenti che interpretano una media di 20 spettacoli in tutto il mondo in contemporanea.
C’è poco teatro, di quello che per lo meno intendiamo noi, ma c’è comunque molta professionalità, unita ad altrettanto atletismo, giocoleria, immaginazione, atmosfera, multiculturalità, attenzione ai grandi numeri… E questo è un mix che funziona, attira un pubblico che forse non andrebbe a teatro, tanto meno spendendo 35 euro di biglietto, se non fosse perché, in quest’occasione, lo spettacolo non sarà mai più replicato: è un’occasione mondiale, unica nel suo genere.
Il Cirque du Soleil è stato messo sul mercato qualche tempo fa dal suo fondatore, che ha mantenuto una sola piccola quota con l’obiettivo di continuare a fornire gli input creativi necessari per la crescita artistica del gruppo. Il resto è andato a TPG – FOSUN, un gruppo statunitense di private equity e un conglomerato cinese che punta all’espansione. Ci sono poi quote di minoranza in mano alla Cassa di Depositi del Quebec e di altri imprenditori. Insomma, ormai il Cirque du Soleil è un marchio e come tale si comporta: fa business, sposta capitali, si espande in Cina. Movimenti che neppure i maggiori teatri italiani possono prendere in considerazione.
Nella valutazione di quest’operazione all’Expo di Milano, non andrebbero allora applicate le categorie di giudizio sull’operazione culturale, perché questa più che culturale, ci pare un’operazione prattamente commerciale. E difatti, quando andiamo ad assistere finalmente allo spettacolo (impossibile parlarne senza vederlo!), ci è chiaro che sia così.
Biglietto a prezzo unico, cerchio viola (a metà della grande platea dell’Open Air Theatre). Sedute di cemento, modello concerto, spalti e seggiole. Intorno le grate, con il pubblico attaccato e compresso rimasto fuori a godersi comunque lo spettacolo, perché il teatro è all’aperto e non è difficile vedere cosa succede.
Se la guardiamo dal lato puramente artistico, tutta questa magnificenza ci pare in realtà un fuoco fatuo. Lo spettacolo dovrebbe raccontare la storia di un ragazzino, Leonardo, che riceve in dono un seme magico da sua nonna. Da questo seme appare un amico immaginario che lo guida in un fantastico viaggio tra stupore, coraggio e speranza. Nella sostanza l’ora scarsa di esibizione si delinea attraverso tre numeri in tutto; fra l’uno e l’altro sketch comici di cuochi e assistenti clown che giocano con le verdure, si tirano in testa baguette, ammiccano al pubblico e girano tra gli spettatori.
Certo, gli artisti del Cirque du Soleil sono fenomenali. La scenografia è imponente, i costumi splendidi, le musiche emozionanti. E molti di quegli artisti sono italiani, ingaggiati ad hoc. Ma lo spettacolo di per sé è scarno, la drammaturgia è debole, piuttosto paiono tre numeri circensi di sicuro impatto emotivo per un grande momento performativo che diverte e intrattiene senza pensiero.
Se ci abituassimo a presentare/vendere così i nostri spettacoli, che nascono da menti che riescono con budget inesistenti a portare comunque in scena la magia del teatro con molto meno, forse il pubblico sarebbe comunque in qualche modo attratto.
L’Expo avrebbe potuto essere un’occasione per mostrare al mondo che la nostra italianità (fatta non solo di cibo, mafia e mandolino) è anche teatro, e in termini di numeri significa centinaia di spettacoli e produzioni dal basso ogni anno, che spesso non riescono a girare ma ci sono, più o meno vivi e pulsanti.
Questo è quanto in qualche modo si cercherà di fare a Milano in questo luglio con il progetto Padiglione Teatri, che mettendo insieme Piccolo Teatro, Elfo Puccini e Franco Parenti, grazie all’assessorato alla Cultura del Comune, offrirà alla città 58 spettacoli prodotti da altrettante compagnie e teatri milanesi in un unico composito cartellone, con un ingresso a 10 euro a spettacolo. In scena da Animanera a Pacta, da Teatro delle Moire a Lab121, Campo Teatrale, Alma Rosé, Dionisi, Proxima Res, Elsinore, Teatro i, Pim Spazio Scenico, Ariella Vidach, Quelli di Grock… Li volete sapere tutti? Li trovate qui.
Mi chiedo se questo signore l’abbia visto e se fosse cosi’era sicuramente bendato