All’interno de La città incantata abbiamo potuto vedere “Sandokan o la fine dell’avventura” dei Sacchi di Sabbia, esilarante messa in scena per attori e verdura de “Le Tigri di Mompracen”, in cui cinque attori “rileggono”, interpretandolo con studiata noncuranza, il famoso romanzo di Salgari su un tavolo da cucina attraverso un meccanismo perfetto in cui la verdura non è solo divertente accompagnamento ma protagonista significante.
Ma la proficua intrusione del teatro di ricerca nel teatro per l’infanzia prende sistematicamente vigore con il progetto che il Teatro delle Briciole di Parma intraprende a partire dal 2010: “Nuovi sguardi per un pubblico giovane”, offrendo produzioni apposite ad alcuni dei gruppi più giovani ed interessanti della ricerca. E’ in questo ambito che nascono “Baby don’t cry” di Babilonia Teatri e “La Repubblica dei bambini” di Teatro Sotterraneo, spettacoli ambedue presentati a Milano.
Una delle caratteristiche di questi spettacoli è che i gruppi prescelti immettono totalmente il loro stile riconoscibilissimo nelle rispettive creazioni, donandolo interamente al pubblico infantile.
Babilonia Teatri in “Baby don’t cry” sviscera nella consueta forma catalogica che procede per associazioni e flussi di parole lucide e incisive i ricordi e i desideri legati alle lacrime di ogni bambino.
Nei lunghi elenchi che i due attori pronunciano in scena, a cui si aggiungono immagini semplicissime ma altamente significanti, si riconoscono benissimo sensazioni e frasi fatte della nostra e di tutte le infanzie, dove il pianto è come un allarme che sottintende un disagio altrimenti non avvertibile.
Allo stesso modo ne “La repubblica dei bambini” lo stile di Teatro Sotterraneo, tutto intriso di ironia purificatrice e interattività, riempie pian piano lo spazio scenico, in cui l’icona del cellulare fa anche qui mostra di sé, inducendo i bambini per una volta protagonisti a scegliere i confini, le regole, la forma del potere e chi li dovrà governare, così come le modalità di lotta da intraprendere contro chi se ne approfitta. Si accorgeranno, loro malgrado, che la democrazia, almeno quella che conosciamo, è imperfetta, ma che dobbiamo metterci di impegno a sperimentare nuove occasioni di condivisione per vivere più serenamente nella comunità che ci circonda.
A Milano sono stati presentati anche i due lavori che Emma Dante con la sua compagnia Sud Costa Occidentale ha realizzato per l’infanzia: il già apprezzato “Anastasia, Genoveffa e Cenerentola” ed il nuovo (dobbiamo dire, almeno per noi, deludentissimo) “Gli alti e bassi di Biancaneve”.
Nel primo la storia di Cenerentola rivista dalla regista siciliana è raccontata con stile riconoscibilissimo: dalla recitazione parossistica di tutti gli attori, all’impastare l’italiano con il dialetto siciliano e nel sottolineare i momenti salienti della storia con un originale ed efficace tappeto musicale che va da Liza Minelli a Massimo Ranieri fino a Gino Paoli.
E ovviamente, alla fine, nella famiglia, ancora una volta protagonista della regista, a vincere è Cenerentola, proprio perché non ha niente da nascondere, al contrario delle sorelle e della matrigna, sempre pronte a fingersi diverse a seconda dell’ambiente in cui vivono.
Nel secondo spettacolo protagonista è un’altra icona del mondo fiabesco, “Biancaneve”. Ecco allora Biancaneve divertirsi come una bambina con le sue bambole, ma ecco anche la regina cattiva con il suo specchio che riflette tutto di lei, soprattutto i sogni che la portano a tentare di uccidere l’odiata rivale. Biancaneve diventerà “grande”, andando nel bosco, conoscendo i nani ed incontrando il principe, che le donerà il vestito da sposa.
Insomma, è con gli alti e bassi della vita che la protagonista si deve confrontare per diventare adulta.
Anche qui i rimandi allo stile Dante sono frequenti: il dialetto, il parossismo della recitazione, l’accompagnamento musicale che diventa significante, lo smontaggio della fiaba attraverso rimandi contemporanei e l’ironia feroce delle situazioni. Tuttavia, a parte l’incalzante duetto tra lo specchio e la regina, poco o nulla ci è parso teatralmente significante. E francamente ripetitivo ed irritante appare il nano Eolo che scoreggia ripetutamente.
Resta comunque il fatto che La città incantata ha dato l’occasione di fare i conti sulla situazione di teatro ed infanzia rispetto alla ricerca, che di questo campo si sta interessando.
A fronte di quanto detto consigliamo di leggere, sull’ultimo numero de “Lo straniero”, la rivista diretta da Goffredo Fofi, proprio un dossier legato a teatro ed infanzia con interventi di Rodolfo Sacchettini, Chiara Guidi, Marco Martinelli, Virgilio Sieni, Massimo Conti, Maurizio Braucci, Enrico Castellani e Valeria Raimondi, Daniele Villa e Luca Mori.
Tutto ciò, pensiamo, sarà di stimolo per il mondo del teatro ragazzi; ricordiamo anche, però, che nulla è stato inventato oggi, e che decine di compagnie lavorano in silenzio per e con i ragazzi da molto tempo, con grande creatività e professionalità.
Ringrazio Michelangelo Campanale per aver espresso meglio il suo pensiero e di aver enucleato altre problematiche riferite al teatro ragazzi. I due articoli usciti non volevano essere esaurienti sul teatro ragazzi italiano ma parlare dell’importante iniziativa del CRT ed era riferito soprattutto a quella, consentendomi altresì però di storicizzare il rapporto tra gruppi di teatro di ricerca ( termine usato qui per delimitare un settore) che si sono dedicati al teatro ragazzi e quello è stato fatto. So benissimo che molti gruppi che operano nel teatro per l’infanzia ogni giorno fanno ricerca e Campanale sa bene come cerco di monitorarli quasi quotidianamente ma non era materia dell’analisi che intendevo fare. Devo però sottolineare che sia Babilonia Teatro sia il Sotterraneo di intesa stretta con le Briciole hanno lavorato intensamente con i bambini prima di produrre gli spettacoli e si vede benissimo e la stessa cosa ha fatto Chiara Guidi.Esiste invece l’altro problema che sottolineava Campanale la difficoltà sempre maggiore del chiamiamolo così settore soprattutto al Sud come esiste anche la problematica di parte del così detto teatro di ricerca che crede di aver scoperto quarant’anni dopo il teatro per ragazzi e dei ragazzi. Ma avremo tempo di parlare di tutto ciò in altri interventi mirati,
Scusami Mario ma io continuo a non capire
e anzi ti dirò di più mi sembra anche un pochino offensivo nei confronti di chi fa seriamente questo mestiere
che significato a il termine ricerca ?
In che modo lo sguardo dello spettatore bambino viene considerato da compagnie che nella maggior parte dei casi non ha mai avuto contatti con l’infanzia ?
E evidente che molti di questi spettacoli di “ricerca” si travestono da spettacoli per bambini ma rimangono di ricerca semplicemente perchè non hanno ricercato nel posto giusto
certo “sarà distimolo per noi” ma il nostro e il tuo lavoro non puoi spiegarlo in poche righe e alla fine di un esaltante articolo sul TEATRO DI RICERCA
ti abbraccio