Intervista al nuovo direttore di un festival che si rinnova e propone un mese di appuntamenti, fino al 4 settembre, nell’area archeologica di Segesta
Un dialogo fra teatro, danza, musica e poesia in un processo di ricerca e contaminazione che riparte dai luoghi. Fra mito e storia, dove l’antico incontra il contemporaneo, il Segesta Teatro Festival diventa un viaggio nel sacro per superare la contingenza e la precarietà.
26 spettacoli, di cui sette prime, per un intenso mese di programmazione multidisciplinare iniziata il 2 agosto e che proseguirà fino al 4 settembre in uno dei luoghi più affascinanti della Sicilia: il Parco Archeologico di Segesta, in provincia di Trapani, fra il Teatro Antico, il Tempio Afrodite Urania e i comuni limitrofi per dare corpo all’idea di un festival diffuso che toccherà anche Calatafimi Segesta, Contessa Entellina, Poggioreale, Salemi e Custonaci.
Una prima edizione – il festival ha cambiato nome e direzione artistica – in uno spazio da sempre deputato al teatro. Del Segesta Teatro Festival – promosso dalla Regione Siciliana-Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana e dall’Ente Parco Archeologico di Segesta, diretto da Luigi Biondo – parliamo col direttore artistico Claudio Collovà, palermitano, regista, autore e attore, docente e già direttore delle Orestiadi di Gibellina dal 2009 al 2017. Che, nella sua Palermo, insieme a Miriam Palma e Alessandra Luberti, ha da poco aperto uno spazio di lavoro e ricerca, Area Madera, una ex falegnameria proprio nel cuore della città, accanto alla Chiesa dello Spasimo.
Ma ora sta vivendo l’intenso mese di programmazione nell’area di Segesta in cui si susseguiranno performance, installazioni, spettacoli all’alba, eventi diffusi e incontri durante i quali si alterneranno, fra gli altri, Virgilio Sieni, Salvatore Sciarrino, Roberto Latini, Mimmo Cuticchio, la Compagnia Zappalà Danza, Mamadou Dioume, Anna Bonaiuto, Giorgina Pi, passando per i Dervisci Rotanti di Damasco e i Cuncordu e Tenore di Orosei, in un dialogo continuo fra discipline e artisti italiani ed internazionali.
Com’è iniziata questa nuova avventura?
Sono stato nominato lo scorso dicembre, e sin dall’inizio il mio impegno è stato legato a costruire una squadra di lavoro per quello che è un progetto triennale, con anche l’egida del Ministero e le traiettorie che hanno ispirato il lavoro di costruzione di questa prima nuova edizione sono mirate e riconnettere il festival con le migliori esperienze internazionali nel campo della creazione contemporanea, reinterpretare il legame ideale con i fondatori del Teatro Antico, valorizzare le più interessanti espressioni artistiche del territorio e favorire e contribuire all’affermazione della Sicilia come “spazio di incontro tra culture e linguaggi”.
In quali aree del parco e come è stato immaginato questo mese di programmazione?
Useremo il teatro naturalmente, e useremo il Tempio elimico di Segesta dedicato ad Afrodite Urania e anche altri spazi nei comuni limitrofi al parco. L’infinita bellezza del Teatro Antico, che ospita pubblico e artisti dal lontano 1967, torna a vivere finalmente libera dalle limitazioni della pandemia. Ho passato molto tempo nella cavea del teatro, ad osservare il meraviglioso orizzonte dinanzi, un teatro costruito nella pietra 2500 anni fa, ancora oggi intatto. Sono partito dall’ascolto e la sacralità di quel luogo mi ha spinto verso una programmazione che richiamasse la sacralità del fare artistico. Quindi sono stati coinvolti artisti con un percorso autoriale molto coerente. Ho dato molto spazio alla danza, alla musica, dando corpo ad un carattere multidisciplinare e internazionale.
Un lavoro che punta anche alla collaborazione fra parchi archeologici della Sicilia e tra festival e istituzioni culturali. Fra le novità un dialogo con un altro festival siciliano alla sua prima edizione, Ierofanie – L’anima della Sicilia, i luoghi del Sacro di Naxos Taormina e spazio anche all’itinerante Festival della Bellezza…
Anche di Ierafonie – L’anima della Sicilia, i luoghi del Sacro al Parco Archeologico di Naxos Taormina sono il direttore artistico, un festival alla prima edizione, per un dialogo di spettacoli, due invece gli appuntamenti con il Festival della Bellezza, che porterà Massimo Cacciari e Umberto Galimberti.
Proprio ai Giardini Naxos, nell’ambito della programmazione di Ierofanie, hai proposto “The Waste Land – La terra desolata” di T. S. Eliot, accompagnato dalla Waste Band. Di che si tratta?
Una versione rock di un poema, a cento anni dalla sua pubblicazione, che conosco da sempre. Voce e musica per una nuova versione di uno spettacolo che già avevo portato in scena nel 2002. Un viaggio fra immagini, luoghi, personaggi. Un luogo di suoni, rumori, canzoni, fra lirica, classica, ballate. Eliot, così come Yeats, Joyce, Céline: guardo da sempre a questi autori e alla grande letteratura fatta da grandissimi scrittori: testi, romanzi che io riadatto per il teatro. È questo quello che rende viva la mia immaginazione.