Claudio Longhi, neodirettore del Piccolo: un regista che conosce «la polvere del palcoscenico»

Claudio Longhi
Claudio Longhi

La scelta migliore che si potesse fare

La designazione di Claudio Longhi come direttore del Piccolo Teatro di Milano entusiasma Filippo Del Corno. L’assessore alla Cultura meneghino aveva assistito con preoccupazione allo stallo seguito alle dimissioni di Sergio Escobar, alle tante fumate nere del Cda paralizzato dall’ostruzionismo dei due consiglieri regionali, tacciati di «speculazione» e «condotta irresponsabile».

Nel pomeriggio di lunedì 6 ottobre la svolta, con la nomina di Longhi. Una fumata bianca sospirata. Una sorpresa a metà. Il nome dell’ormai ex presidente di ERT – Emilia Romagna Teatro Fondazione era nell’aria. Se ne parlava da giorni. Ha preso forza dopo il recente allargamento a otto del Cda del Piccolo, con la cooptazione di Lorenzo Ornaghi (già rettore dell’Università Cattolica e ministro dei Beni culturali) e di Mimma Guastoni (presidente dell’associazione TeatriXMilano). La nomina, che dovrà ora essere ratificata dal Ministero, è avvenuta con l’astensione di Angelo Crespi, mentre l’altra consigliera designata dalla Regione, Emanuela Carcano, si è espressa contro.

Per Del Corno, Longhi è una figura carismatica che «mette insieme capacità organizzative e visione culturale, in continuità con Luca Ronconi di cui era stato collaboratore. Era il migliore tra i cinque profili eleggibili, tutti peraltro di valore».

Ma chi è Claudio Longhi? Anzitutto un uomo di cultura. Bolognese, classe 1966, nell’ateneo felsineo si è laureato in Letteratura Italiana con il professor Ezio Raimondi, critico letterario, filologo, saggista, accademico tra i luminari del Novecento.
Esperto tra i più brillanti di Ludovico Ariosto, fine conoscitore della letteratura almeno fino a Edoardo Sanguineti, Longhi ha poi collaborato con Umberto Eco. Ha pubblicato molti saggi e articoli in riviste, atti di convegno e volumi miscellanei, virando sulla drammaturgia moderna e contemporanea, italiana e straniera. Si è poi occupato dell’evoluzione del linguaggio registico, in particolare della storia della regia critica italiana. Tali contributi gli sono valsi l’incarico come Ordinario di Discipline dello spettacolo al Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna.

Per Longhi il teatro non è solo oggetto di studi, ma anche e soprattutto pratica attiva. Vanno rimarcate le collaborazioni degli anni Novanta prima con Pier Luigi Pizzi, poi con Graham Vick, infine con Luca Ronconi, di cui è stato regista assistente. Con la regia si è poi cimentato personalmente firmando spettacoli per il Teatro di Roma, il Teatro degli Incamminati, il Teatro Stabile di Torino, il Teatro Due di Parma, l’Istituto Nazionale del Dramma Antico ed Emilia Romagna Teatro Fondazione.

Di rilievo le collaborazioni con il Piccolo Teatro, dove è tornato anche lo scorso anno con “La commedia della vanità” di Elias Canetti. Tra i suoi spettacoli più apprezzati, “Prometeo” (2012), e i premiati “La resistibile ascesa di Arturo Ui” (2011, premio ANCT come spettacolo dell’anno) e “Il ratto d’Europa” (premio speciale Ubu 2013).

Rigoroso sostenitore di un teatro “politico” in quanto “necessario”, Longhi è anche un regista classico, nel senso che è capace di tendere un filo rosso tra il passato e la contemporaneità, così da filtrare, attraverso la rilettura dei testi antichi, le contraddizioni e la complessità del presente. La regia per lui esiste solo in quanto al servizio di un’idea.

Come direttore di ERT nel quadriennio 2017-2020, Longhi ha sempre operato per inserire il teatro dentro il tessuto culturale urbano, con una ricaduta sulla vita quotidiana delle comunità, interagendo con le istituzioni e con l’associazionismo, collaborando con le scuole attraverso i progetti PON, dando visibilità alle più interessanti realtà under 25.
Un teatro d’anime, dunque, e non di vetrina. Un teatro brechtianamente capace di affascinare e divertire, perseguendo un intento educativo ad ampio raggio, anche per avvicinare e coinvolgere il pubblico giovane a questo tipo d’arte. Non a caso a ERT si parlava di “teatro partecipato”, capace di dialogare con la comunità, di rinnovarla, di generarla.

Attenzione alla ricerca, sensibilità alla didattica e alla pedagogia, sguardo aperto all’Europa: Longhi ha all’attivo anche una collaborazione con Prospero, progetto internazionale sostenuto dalla Commissione Cultura dell’Unione Europea fondato su una partnership tra ERT e Théâtre Nationale de Bretagne di Rennes, Théâtre de la Place di Liegi, Schaubühne am Lehniner Platz di Berlino, Fundação Centro Cultural de Belém di Lisbona e Tutkivan Teatterityön Keskus di Tampere.

Ce n’è abbastanza perché il dopo Escobar parta nel modo migliore. Rispetto al predecessore, Longhi ha però una dote in più: come regista conosce «la polvere del palcoscenico», assicura Del Corno. Proverà dunque, dal tempio della prosa italiana, a rispondere alle fragilità strutturali del sistema teatrale italiano, negli ultimi mesi esasperate dall’emergenza Covid.
Ribadirà che la cultura e lo spettacolo non sono semplice “intrattenimento”, bensì responsabilità che produce sapere, identità che diventa coscienza, fatica che innerva la società nel suo complesso, lavoro che genera lavoro: e va riconosciuto e va pagato.
Gli uomini delle istituzioni (presidente del Consiglio in testa) sono avvisati.

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