I difficilissimi e contrastati sentimenti di odio e amore, seduzione e ripulsione, che fin dall’antichità hanno contrassegnato il rapporto tra gli intellettuali ed il potere, e che nella passata stagione erano già stati visitati con il notevole “Mephisto” di Luca Micheletti, li abbiamo sperimentati ancora una volta, seppur coniugati in modo diverso ma altrettanto profondo, nella nuova e coraggiosa produzione del milanese Teatro Filodrammatici grazie a “Collaborators”, scritto dall’inglese John Hodge, conosciutissimo soprattutto per la sceneggiatura di “Trainspotting”, il film cult di Danny Boyle.
La realtà molto romanzata, ma in questo caso foriera di diverse e fervide suggestioni, è quella relativa ai rapporti intercorsi tra Stalin, il sanguinario dittatore che governò la Russia dal 1924 al ‘53, e lo scrittore Michail Bulgakov, autore del meraviglioso romanzo “Il Maestro e Margherita” e del testo teatrale “La guardia bianca”: un rapporto, il loro, che si manifestò attraverso 15 incontri. Dal canto suo lo scrittore, fin dal 1936, fu affascinato dall’idea di scrivere una biografia imperniata sul giovane, allora fervente e convinto rivoluzionario Iosif Vissarionovič Džugašvili.
Basandosi su questa evidente “storica” fascinazione tra i due, costellata da lettere e da una famosa telefonata, Hodge immagina che, in occasione del sessantesimo compleanno di Stalin, venga richiesto a Bulgakov, da sempre inviso al potere sovietico, di scrivere un testo che lo celebri, pena le ritorsioni sulla moglie e, soprattutto, la proibizione di poter continuare le repliche del suo fortunato spettacolo su Molière.
Bulgakov, dapprima riluttante, alla fine accetta, ed è qui che Hodge spinge la sua fervida immaginazione a concepire una vera e propria collaborazione tra i due: fra il dittatore che si getta a capofitto a scrivere, lui stesso, il testo che ne narra la vita, e un Bulgakov spinto dall’altro a prendere decisioni politiche che lo faranno cadere poco per volta in un baratro senza fine, dopo aver pregustato inutilmente una fugace quanto vana felicità.
Il regista Bruno Fornasari, che traduce con efficacia il testo di Hodge, immette le vicende in un unico ambiente, ridisegnato da Erika Carretta: attraverso le esemplificative luci di Fabrizio Visconti, all’occorrenza lo spazio diventa l’appartamento dello scrittore (come era abitudine in quegli anni, Bulgakov condivide con altri emblematici personaggi della Russia sovietica un minuscolo appartamento), con tanto di armadio da cui spesso entrano ed escono questi personaggi, ma diventa anche l’anfratto in cui lui e Stalin lavorano, o l’oscuro luogo in cui si realizzano le torture degli oppositori al regime. Con intuizione geniale lo vediamo infine trasformarsi in quello che in realtà è palcoscenico, dove l’improbabile giovinezza di Stalin viene maldestramente rappresentata da un oscuro funzionario di partito, credutosi inattendibile regista, a cui fa da contraltare lo spettacolo dello scrittore russo su Molière, la cui morte, alla fine, combacia perfettamente con quella di Bulgakov stesso.
“Collaborators” è uno spettacolo complesso e coraggioso, forse con qualche lunghezza di troppo, che mette in scena 14 attori (tutti diplomati all’Accademia dei Filodrammatici) perfettamente in parte, a cominciare da Tommaso Amadio, un tormentato Bulgakov, e Alberto Mancioppi, un somigliantissimo, spesso autoironico, Stalin.
Ma in scena, per le oltre due ore di spettacolo, vi è anche lo stesso regista Fornasari, oscuro testimone senza parole dei fatti incresciosi che avvengono, in cui lui, e solo lui, alla fine risulterà essere il vero vincitore, l’emblema stesso di un male che non potrà venir limato, e con cui non si dovrebbe mai venire a patti.
Si ride anche parecchio in “Collaborators” (in cui vi è perfino un improvviso e breve omaggio a Pina Bausch), di un riso intriso però d’amarezza, che intende rischiarare almeno per un po’ il gioco al massacro che, in maniera lenta ma inesorabile, coinvolgerà tutti, anche chi stoltamente pensava d’esserne immune.
Fino al 4 dicembre.
COLLABORATORS
di John Hodge
con Tommaso Amadio, Emanuele Arrigazzi, Michele Basile, Marco Cacciola, Emanuela Caruso, Bruno Fornasari, Enzo Giraldo, Marta Lucini, Alberto Mancioppi, Daniele Profeta, Chiara Serangeli, Umberto Terruso, Elisabetta Torlasco, Antonio Valentino
scene e costumi Erika Carretta | disegno luci Fabrizio Visconti
musiche originali Rossella Spinosa eseguite da New MADE Ensemble
traduzione e regia Bruno Fornasari
produzione Teatro Filodrammatici di Milano per il progetto 220 anni senza perdere il Filo…
promosso da Accademia dei Filodrammatici
con il sostegno di Regione Lombardia – Progetto NEXT Edizione 2016-2017
durata: 2h 10′
Visto a Milano, Teatro Filodrammatici, il 22 novembre 2016
Prima nazionale