Collective Trip: per Borderline Danza è una questione di gender

Collective Trip di Borderlinedanza
Collective Trip di Borderlinedanza

La compagnia Borderline Danza, fondata nel 1998 dal coreografo, danzatore ma anche psichiatra dell’ASL di Salerno Claudio Malangone, arriva per la prima volta a Torino, ospitata per l’inaugurazione della 36^ stagione di danza contemporanea del Balletto Teatro di Torino presso la Lavanderia a Vapore di Collegno.

Lo spettacolo presentato, “Collective Trip: una questione di gender”, mette in chiaro sin dal titolo le tematiche che verranno affrontate, ma anticipa anche lo sguardo indagatorio, critico e di accusa che la giovane compagnia salernitana rivolge agli stereotipi legati al dualismo di genere, biologico ma anche sessuale.

A introdurre lo spettacolo una serie di video didattici preparano alla visone presentando alcune fra le innumerevoli etichette che oggi giorno vengono usate per discriminare orientamenti sessuali, dissidenze di genere e riconoscimenti identitari del proprio essere. Tra queste termini come gay, lesbica, eterosessuale, transgender, poliamoroso, bisessuale, Queer, binario e molti altri. Una carrellata di parole di uso comune che spesso sono adoperate con connotazione dispregiativa, anche se non se ne conosce il reale significato.

Il dualismo di genere e le diverse sfaccettature che assume nella vita di tutti i giorni sono dunque l’oggetto indagato, e le considerazioni del coreografo sull’argomento prendono forme nitide per mezzo dei corpi dei sei performer che, nel loro agire, assumono pose, atteggiamenti o gesti fortemente connotati come macisti o femminili. La linea di demarcazione imposta dal senso comune tra i due generi appare netta.

Anche le taglienti battute, spesso urlate con l’intento di offendere l’altro, pongono l’accento sulla dicotomia tra superstizione e realtà: “Ti senti rosa o blu?”, “Una vera donna porta sempre i tacchi”, “Dai! Non piangere, sei un uomo. Non sarai mica una checca!”, “Sei maschio o sei femmina?”.

Con questa proposta Malangone cerca di instaurare un dialogo con il pubblico, che non è chiamato solo a riflettere sulla tematica affrontata, tanto meno a giudicare la personale lettura proposta dal regista, ma ne tenta il coinvolgimento invitandolo sulla scena a partecipare alla costruzione dello spettacolo.

Parte del pubblico viene infatti accolta sul palco ad assistere i performer. Tra questa porzione di spettatori scelti vengono poi selezionate 12 persone che, a rotazione e teleguidate per mezzo di auricolari e i-pod, sono chiamate ad interpretare semplici sequenze coreografiche e a muoversi nello spazio seguendo traiettorie prestabilite e disegnate sul tappeto danza.

Si susseguono così numeri performativi, una sorta di varietà composto da scene di danza, recitati e proiezioni video a cura dell’artista Jake Dypka, sino a giungere all’apice dello spettacolo: l’atto delle confessioni. Che sono in realtà le storie degli stessi danzatori, su cui lo spettacolo si è basato, e che, registrate in brevi audio, vengono proposte ad alcuni spettatori individualmente. Il pubblico si trova così a confrontarsi in un rapporto intimo e diretto con i performe i quali, mettono in gioco il proprio vissuto, i propri traguardi ma anche le sfide perse, presentano le personali sensazioni provate sulla questione del gender.

“Obiettivi secondari, non meno importanti, sono quelli di indurre uno stato emotivo e/o cognitivo attraverso il quale esprimere, confermare o modificare le proprie opinioni rispetto al tema del gender – spiega il coreografo – che diviene al tempo stesso un pretesto per ragionare sulla modalità dell’atto creativo e del tentativo di raggiungere e di coinvolgere il pubblico nel processo di costruzione e realizzazione”.

Sulle note del “Canone di Pachelbel” si cambia poi registro, e tutti gli spettatori vengono invitati a unirsi alle danze, da soli, in coppia o in gruppi. Malangone demolisce una volta per tutte la quarta parete e porta a compimento la sua volontà di inclusione totale del pubblico nello spettacolo. Uno stratagemma che produce quell’unione che va al di là del genere biologico e dell’orientamento sessuale, portando ad abbattere le etichette che ci vengono attribuite.

COLLECTIVE TRIP: UNA QUESTIONE DI GENDER
Concept, regia e coreografia: Claudio Malangone
Costumi: Alessandro De Santis
Disegno luci: Francesco Ferrigno
Luci: Giuseppe Ferrigno
Danzatori: Luigi Aruta, Adriana Cristiano, Alessandro De Santis, Antonio Formisano, Francesca Montesanto, Giada Ruoppo e il pubblico che desidera intervenire
Produzione Borderlinedanza, MIBACT, Regione Campania, Ra.I.D. Festival, Associazione Musicateneo UNISA

durata: 50′

Visto a Collegno (TO), Lavanderia a Vapore, il 12 novembre 2019

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