E’ mercoledì. Nella lunga fila che parte dal carcere napoletano di Poggioreale “e arriva fino a Mergellina”, una donna come tante attende impaziente di incontrare suo marito.
“Colloqui” è un tentativo di aprire uno squarcio sulla quotidianità di queste vite, segnate e quasi plasmate dall’attesa e dagli orari di visite dei detenuti, dell’avvocato… e che in questo caso si mischiano anche alle chiamate del preside della scuola dei figli, ai treni da prendere per arrivare in tempo ogni volta.
In questo continuo e sfiancante andirivieni il personaggio di Angelina, interpretato da Antonella Stefanucci, è disegnato con tocco leggero dall’autore e regista Domenico Ciruzzi.
La protagonista, pur appartenendo ad una realtà degradata nella quale sparatorie e arresti diventano quasi chiacchiere da bar, riesce a mantenere un’ingenuità figlia da una parte della paura di perdere il controllo, e dall’altra dell’ignoranza di un mondo altro. Una donna sottomessa alle richieste del marito, che non perde occasione per ridimensionarla alla figura stereotipata di moglie-madre-oggetto, così come ai ritagli di tempo di un avvocato assente e rassegnato a non essere mai pagato per il lavoro svolto negli anni per la famiglia.
Nonostante tutto, però, Angelina non rinuncia a sognare un lieto fine, quasi una benedizione che dall’alto possa rivoluzionare l’animo cattivo degli uomini o, se questa non dovesse arrivare, almeno una guerra, o un terremoto o un legale americano che faccia uscire il suo uomo dal carcere.
Nel ritmo cadenzato, ma senza particolari picchi di pathos, si alternano ciclicamente i soliti interlocutori: marito – avvocato – abitanti del quartiere.
Le luci sono ridotte all’essenziale, e le musiche a tratti non fungono di supporto allo spettacolo: vorrebbero accentuare l’enfasi di alcuni momenti ma paradossalmente sembrano appesantirli o banalizzarli.
Lo studio del corpo della protagonista sembra esser stato in parte accantonato, così che l’azione fisica si concentri esclusivamente su due luoghi: la sedia dei colloqui col marito e quella della cucina di casa.
Lo spettacolo risulta, nel bene e nel male, senza grandi pretese e benché sia apprezzabile la delicatezza con cui si sfiorano certe tematiche, si avverte quasi il timore di incidere, di entrare fino in fondo nella cruda realtà che si descrive, aggrappandosi spesso a momenti comici che strappano sorrisi, data anche la verve della Stefanucci. Il tutto, però, a scapito di quel retrogusto di amarezza che ci si aspetterebbe dal soggetto scelto, specie se nelle note di regia si legge che l’obiettivo è di “accendere un riflettore su di un’umanità dolente e spesso incolpevole, totalmente oscurata dagli orrori del crimine e di politiche inadempienti e fuorvianti”.
Così il gorgoglio del sugo cucinato sul piccolo fornello di scena resta solo un lontano sottofondo, e il profumo si disperde nella sala senza entrare nelle narici.
Colloqui
drammaturgia e regia: Domenico Ciruzzi
con: Antonella Stefanucci
scene: Fabrizio Comparone
luci: Luigi Agliarulo
fonica: Pasquale Russo
durata: 45′
applausi del pubblico: 2′
Visto a Napoli, Galleria Toledo, il 6 aprile 2011