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Colpi di scena 24. Il teatro di figura per le nuove generazioni

Bella bellissima (ph: Francesco Bondi)

Bella bellissima (ph: Francesco Bondi)

“La ragazza dei Lupi” di Teatro Gioco Vita, “Granny e Lupo” di Danilo Conti e “Bella bellissima” di Nadia Milani tra gli spettacoli più interessanti di questa edizione

Dal 17 al 20 giugno, tra Forlì e Faenza, siamo stati ospiti della tredicesima edizione di Colpi di Scena, la biennale di teatro per ragazzi e giovani, organizzata da Accademia Perduta/Romagna Teatri e ATER Fondazione, con la direzione artistica di Claudio Casadio e Ruggero Sintoni.

Davanti alle decine di operatori giunti da tutta Italia sono state presentate 16 nuove creazioni, che hanno cercato di offrire un panorama il più esaustivo possibile dei linguaggi e delle tematiche presenti nel teatro dedicato all’infanzia.
Oggi, nella nostra analisi, ci soffermeremo su tre spettacoli che, se ancora ce ne fosse bisogno, hanno testimoniato come il teatro di figura, anche in Italia, abbia raggiunto un ragguardevole livello artistico, che non ha niente da invidiare al resto d’Europa. Parliamo de “La ragazza dei Lupi” di Teatro Gioco Vita, “Granny e Lupo” di Danilo Conti e “Bella bellissima” di Nadia Milani, gli ultimi due prodotti da Accademia Perduta.

Se per Teatro Gioco Vita questo discorso vale da diverso tempo, essendo la compagine piacentina una delle eccellenze mondiali per il teatro d’ombre, e per un artista come Danilo Conti già il precedente cammino artistico ne testimoniava il valore, l’incanto maggiore a Colpi di Scena ci è venuto da “Bella, bellissima” di Nadia Milani, artigiana/creatrice proveniente dal Teatro del Buratto, e che aveva già dato ottima prova di sé in “Caro Lupo”, costruito per la compagnia Drogheria Rebelot.
“Bella bellissima” affronta in modo fantasmagorico, attraverso una fiaba del tutto particolare, il tema del pregiudizio estetico; ma lo spettacolo va ben oltre nel saper affrontare, grazie anche alla solida, mai didascalica, drammaturgia di Beatrice Baruffini, tutte le implicazioni presenti in chi deve affrontare le scelte della vita al suo inizio.

La protagonista è infatti una piccola strega di cui assistiamo la nascita, da parte delle sue tre madri, impersonate da Giulia Canali, Noemi Giannico ed Eleonora Mina, che si presentano al pubblico vestite di nero sotto forma di streghe, intente a crearne, come di prammatica, una nuova, una specie di figlioccia, con tanto di speciali pozioni magiche.
Le tre animatrici, sotto la guida di Milani, si destreggiano in scena muovendo con sapienza e precisione anche tutto il complesso macchinario della creazione. Ecco così che nasce lei, la nostra protagonista, che vedremo diventare grande, con tutti i riti che attraversano gli anni della crescita, pur rimanendo piccola piccola e un poco sgraziata, come del resto ci immaginiamo siano tutte le streghe, vestita con un abituccio nero e i capelli arruffati. Viene seguita amorevolmente, con tutte le attenzioni del caso, dalle sue madri fino a che non c’è il fatale incontro con l’Orco, nientemeno sulla luna, su cui è arrivata con la sua scopa personale: qui l’Orco verrà rapito dal suo fascino stregonesco.
Ma nel percorso della vita che le si apre piano piano davanti, e che affronta con spavalderia, guardandosi allo specchio si sentirà inadeguata per lui: per quei capelli, per quel viso, per quella sua fisicità così diversa (che chi via via incontra, la spinge scioccamente a cambiare), fino a diventare quello che lei non è più: sarà forse di più gradevole forma, ma assolutamente non corrispondente alla propria identità. E l’Orco, a cui dà simpaticamente voce Claudio Casadio, l’accetterà lo stesso?

In scena tutto questo viene reso attraverso un teatro di figura di straordinaria essenza (la scena è di Alessia Dinoi, le luci di Matteo Moglianesi) che, partendo da una semplice e grande libreria antica, è capace di trasformarsi in una landa desolata, creata con semplici scope, in un bosco, in un mare con tanto di nave, attraversati dalla presenza di un bestiario divertente e diversificato, sino all’arrivo dell’amato Orco, che si forma all’improvviso invadendo la scena di meraviglia.
Nadia Milani si conferma, con “Bella, bellissima”, artista di razza, capace di modulare un teatro sempre diverso, di immaginifica sostanza, coadiuvata da un team impeccabile di artiste e artisti che creano un teatro di figura immaginifico, di raffinata complessità.

Eccoci poi a Danilo Conti in “Granny e Lupo” di TCP Tanti Cosi Progetti che, da maestro qual è, non ha più bisogno, come accadeva in passato, di molti pupazzi e maschere per raccontare due storie che si intersecano tra loro, avendo come protagonista un povero lupo bistrattato. Gli basta infatti la pura narrazione e pochissimi elementi a disposizione per raccontarci questa storia con poesia e profondità, mescolata a leggera ironia.
Nella prima, che narra la famosa storia giapponese di un lupo e una capra (che così pericolosamente diversi non si può), loro malgrado, durante un temporale, si trovano senza capirlo chiusi al buio di una casa: Conti utilizza così una semplice scatola a due facce, che all’occorrenza diventa lupo o capra, per narrare una storia di paura e di condivisione.
Nella seconda, un lungo vestito da cui esce un muso lupesco e un semplicissimo candido burattino invitano i bambini ad assistere al tenero rapporto tra un lupo e, questa volta, un fantasma, quello di Granny, che altri non è se non quello della nonna di Cappuccetto rosso, precedentemente fagocitata da un suo collega.
Le due storie incantano i bambini senza bisogno di marchingegni complessi, per mezzo di un teatro di figura di divertente e sagace consistenza.

La ragazza dei lupi (ph: Sergio Ferri)

“La ragazza dei lupi” di Teatro Gioco Vita trae invece ispirazione dall’omonimo romanzo di Katherine Rundell, vincitore nel 2017 del prestigioso Premio Hans Christian Andersen attribuito ai migliori libri per ragazzi.
Qui il teatro di figura si esprime in un tripudio di ombre, che ci appaiono su teli bianchi di ogni formato che, accompagnate da parole appropriate e dalle musiche evocative di Paolo Codognola, sono capaci di narrarci una vera epopea. E’ l’epopea di Feo, una bambina di undici anni che vive tra gli impervi boschi della Russia insieme a tre lupi, Bianca, Nero e Grigia, che Feo ha salvato, rendendoli alla loro natura selvaggia, e Ilya, un ragazzino costretto a fare il soldato ma che amerebbe invece danzare.
Li vedremo lottare attraverso avventure emozionanti contro Rakov, un crudele e sanguinario generale dell’esercito dello Zar, che ha messo in prigione Marina, la madre della ragazza.
Davanti agli occhi dei bambini si dispiega, tra paesaggi mozzafiato, una storia che parla di coraggio e di amicizia, connaturata al rispetto della natura, che il potere immaginifico delle ombre trasposta in una natura ancora incontaminata.

Un progetto ambizioso e complesso, quello di mettere in scena con le ombre il romanzo della Rundell, che vede i due performer in scena, Valeria Barreca e Tiziano Ferrari, districarsi con perizia tra i diversi linguaggi, in uno spettacolo che, pur avendo ancora bisogno di maggior scorrevolezza, essendo alle prime repliche, si dimostra già di eccellente fattura e di grande empatia, coinvolgente per i ragazzi. La creazione ha poi il pregio di testimoniare un bellissimo lascito di saperi: dal maestro Fabrizio Montecchi a Marco Ferro e Valeria Sacco, della benemerita compagnia Riserva Canini, che firmano la regia e l’adattamento del romanzo, con la sempre confortante presenza di Nicoletta Garioni.

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