Complotti e maldicenze dei piccoli teatranti. I teatri del Lazio sulle strategie del governo

Teatrino dei pupi
Teatrino dei pupi
Il teatrino dei pupi, opera di Salvo Caramagno, rivisitata (da donzauker.it)

In completa dissonanza con quello che è il comune raccontare del mercato e delle sue libertà, un piccolo mondo del teatro, rappresentato in questo caso dall’Associazione Teatrale fra i Comuni del Lazio (ATCL), alla conferenza stampa di presentazione della stagione – tenutasi la settimana scorsa a Roma – ha deciso di dire la sua su cultura e mercato, su libertà e strategie del nostro Governo nei confronti delle arti sceniche.
Assurdo, si è denunciato, pensare a una manovra strategica per voler azzerare la cultura, togliere fondi ai teatri e alla vita culturale del nostro (ex)belpaese. Che interesse avrebbe il Governo a voler la sera, tutti noi, davanti alle tv di casa? Perché perder tempo nei pochi teatri rimasti, quando quiz, dibattiti politici, real e serial non-demenziali (e tanti consigli per gli acquisti) bastano a raccontarci il motivo per il quale siamo nati e per il quale moriremo? Avrebbe il Governo, per caso, interessi diretti a non farci uscire la sera se non per volerci riposati l’indomani, pronti ad andare al lavoro o nei grandi centri del commercio?

Tutto sa di complotto, un complotto contro il Governo e la libertà di mercato a cui il teatro ingenuamente tenta di ribellarsi, magari per imporre, come ci ricordò il ministro Brunetta in altro luogo, quel “nullafacentismo” proprio di certa gente, di certi ambienti, di certa cultura che minano la produttività e l’immagine del nostro – ripetiamo – ex-belpaese, a cui tanti in Parlamento sembrano particolarmente tenere.
Allora, se complotto è, quei luoghi incontrollabili, quali i teatri, è giusto chiuderli, perché come le piazze dei paesi, sono i luoghi dove il pensiero si distrae, e distraendosi si fomenta, si irrora di pensiero e, sfuggente, non permette più al mercato di essere libero perché libero diverrebbe quell’attore che ne subiva il dramma.

Il nostro Governo ha dunque ancora un grande lavoro da fare per garantire la libertà, eliminando quell’unica risorsa che al teatro rimane: il sostegno pubblico e chi lo difende, affinché il teatro non diventi abitudine, magari reinserendosi poi nel mercato come ospite non invitato.
Addirittura c’è chi auspica che il teatro venga coltivato sin dalle scuole primarie, per far sì che i bambini imparino a potenziare quell’unica risorsa che è stata destinata all’uomo: la sua capacità immaginifica, così che non sia solo per i più piccoli gioco da vedere, ma anche pratica quotidiana, che dunque la sacralità dell’antico luogo greco restituisca l’essere in ogni istante e in ogni dove a se stesso, affinché nessuna persona cada nel vuoto dietro la propria maschera.

Per fortuna tutto ciò non avverrà. La libertà garantita dai voti aleggia sul nostro futuro come la sicurezza di saziarci sulla nostra esistenza. Quotidianamente ci viene ricordato dai molteplici e plurimi canali tv. Ed è proprio per questo che basta rimanere a casa, la sera, e non distrarsi. Solo così il complotto del piccolo mondo del teatro non sarà mai una seria minaccia.

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