Natalia Di Iorio, direttrice artistica e organizzatrice della manifestazione dal suo nascere, mette sul piatto i dati: risultati di bandi, modalità di creazione delle graduatorie pubbliche nell’assegnazione dei finanziamenti, paradossi nelle tempistiche, necessità pratiche e artistiche di un festival che quest’anno ha rischiato seriamente di non potersi tenere, e che minaccia l’emigrazione in altri luoghi.
Gli strali non sono semplicemente appuntati al lato più “pratico” della quantità dei fondi pubblici («tutti devono fare i conti con i tagli. Noi più degli altri: il 50 per cento, calcolato su un taglio ancor precedente, di un altro 50 per cento»), peraltro costituenti una percentuale non maggioritaria dell’impegno economico profuso.
Più costruttivamente accende il dialogo la considerazione: «Che politica culturale ha in mente quest’amministrazione per la città di Roma? L’impressione è che non cambi la direzione culturale con l’avvicendamento politico al Comune».
Nella sua realizzazione pratica, poi, il festival si compone comunque di nomi conosciuti, di spettacoli degni d’interesse e di iniziative stimolanti nonostante le difficoltà. Il che, come specifica la Di Iorio, non significa che il teatro di qualità lo di possa avere anche a poco prezzo, e che prima si scialasse; significa invece che, in condizioni pericolose per la sopravvivenza stessa della manifestazione, l’organizzatore deve far perno sulla sua esperienza e sull’ultimo argine resistente prima della rinuncia definitiva, dell’abbandono: le amicizie, la stima personale che gli artisti sono arrivati a nutrire nei suoi confronti, e la disponibilità di questi a trasferte talvolta quasi impensabili.
Ecco come si spiega la presenza ieri sera per l’apertura di Toni Servillo (“T.S. legge Napoli”), stasera di Fabrizio Gifuni (“Gadda e il teatro”), di Carlo Cecchi (“Nunzio”, di Spiro Scimone il 30 ottobre, e con Nicola Piovani in “Duo”, l’8 novembre), Sandro Lombardi (“Tre Lai” di Giovanni Testori, il 2 novembre), Enzo Moscato (“Toledo Suite”, il 10 novembre).
Tre, al di là di tutto, sono gli spettacoli su cui la Di Iorio ha voluto scommettere e sui quali ha indirizzato i fondi comunali: “Circus Klezmer,” già in scena all’Argentina la scorsa stagione, “Leonce e Lena” messo in scena da Nicola Russo, con «echi di Amleto», ambientato nello «spazio stordito» di una discoteca nell’orario della chiusura, e la “Malacrescita” del drammaturgo e poeta Mimmo Borrelli, il cui nome è presente anche come autore fra i testi letti da Servillo.
Anche in quest’ultimo caso il teatrante è alle prese con la necessità di ridurre, economizzare in una forma meno impegnativa, adeguata ai “tempi che corrono”, di progetti più antichi, più complessi e impegnativi, nella fattispecie la premiata e apprezzata tragedia “La Madre”.
Da segnalare anche la collaborazione con la Scuola Paolo Grassi e la Civica Accademia d’Arte Drammatica Nico Pepe di Udine, da cui uscirà la produzione di “Mistero Buffo e altre storie”, quella con lo Studio di Pirandello a Roma, in cui si terranno due eventi critici su Gozzano e Beckett, tenuti da Renato Palazzi e Guido Davico Bonino.
Non mancherà attenzione per il teatro ragazzi, e l’adozione dell’esperimento del teatro in spazi diversi, in particolare in dimore private, che informerà la rassegna Stanze, da metà novembre in poi.