Coscienza Civica. Per la salvezza di un’avanguardia consapevole

Massimiliano Civica
Massimiliano Civica

Qualche tempo fa. Nella quiete del parco del Castello Pasquini di Castiglioncello abbiamo chiesto a Massimiliano Civica di parlare con noi del suo teatro, un teatro importante e condiviso sempre con i suoi attori, in un percorso culminato l’anno scorso con il Premio Ubu nella categoria Miglior regia per “Alcesti” di Euripide, andato in scena a Firenze, cui non è seguita alcuna tournée. Una scelta che ha fatto discutere e riflettere assieme.

Con ancora maggior vigore che negli anni passati, quando la pratica registica e il lavoro come direttore artistico in Liguria avevano impegnato in modo implacabile Civica, negli ultimi mesi la sua presenza nel dibattito civile sugli scenari del teatro italiano quale conseguenza della novazione normativa sopravvenuta è diventata una sorta di coscienza critica di alterità.
Numerosi i suoi interventi in diversi consessi, che hanno animato e scosso la comunità (ahinoi sempre piccola e spesso autoreferenziale) di chi vive di/con/per la scena. L’ultimo proprio ieri, in occasione delle Buone Pratiche del Teatro 2016, alla Fonderia Napoleonica di Milano, dove tra le altre cose ha ricordato come una vergogna il mancato finanziamento al Premio Scenario e ironizzato sullo ‘stato dei pagamenti’ agli artisti: “Una volta ci pagavano a 30 giorni; poi hanno cominciato a pagarci a 180. Adesso la tendenza è quella di Star Treck: verso l’infinito, e oltre…”.

Anche su questo lo abbiamo stimolato, per parlare con l’artista ma anche con il pensatore del sistema.
Nel video documento Civica parla del suo modo di far teatro, dei suoi primi spettacoli, della direzione artistica del Teatro della Tosse, dei suoi particolarissimi spettacoli da Shakespeare a “Soprattutto l’anguria“, un lavoro che parla in modo ironico del rapporto tra due fratelli ma soprattutto della difficoltà di vivere in un ambiente teatrale dominato dal mercato.
Per grandi linee traccia l’affresco di un sistema che preferisce andare avanti anche a costo di distruggere le forme più deboli e meno tutelate di espressione, focalizzandosi su una sorta di ‘mainstream’ che rischia di gettare la nazione in un vortice di creatività indotta e di seconda mano, suggestionata più da quello che si fa altrove, piuttosto che di pensare all’artista come soggetto di quella che un tempo si sarebbe chiamata “avanguardia consapevole”.

Ma qui andiamo forse troppo in là e ci fermiamo, lasciando la parola a lui: ripercorrendo con Massimiliano Civica il percorso ne viene fuori prima di tutto un ritratto sincero e profondo di uno degli artisti più sensibili della scena italiana contemporanea.

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