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Il teatro, le sue difficoltà e l’autorganizzazione: C.Re.S.Co.

C.Re.S.Co. Coordinamento delle Realtà della Scena Contemporanea
C.Re.S.Co. Coordinamento delle Realtà della Scena Contemporanea

A Bassano, ai primi di settembre durante OperaEstate, avevamo assistito alla nascita, alla firma, all’atto costitutivo di un organismo di autoconvocati del teatro contemporaneo italiano. Oltre 40 soggetti avevano voluto dar vita ad un esperimento di aggregazione solidaristica, sulla base di una piattaforma di rivendicazione che, pur nel suo essere generica e necessariamente non circostanziata, poneva alcune questioni sulla forma dello spettacolo oggi.
Il Coordinamento delle Realtà della Scena Contemporanea (C.Re.S.Co) ha poi avuto un secondo momento di confronto collettivo a novembre a Castiglioncello, casualmente in concomitanza con il festival, e questo ci ha permesso di seguire l’evoluzione del processo.

C.Re.S.Co. è un organismo nato per favorire l’aggregazione di tutti coloro che si occupano di contemporaneità nello spettacolo dal vivo e che, spesso al di fuori delle prospettive dei grandi enti (pur essi in crisi ad onor del vero), pensano che federarsi in un movimento – di volta in volta d’opinione o di pressione “politica” – possa permettere il raggiungimento di obiettivi di sopravvivenza in un tempo di tagli e crisi.

Per quest’anno a coordinare il gruppo ci sarà, dopo un’elezione che lo ha visto prevalere su altri pur degni concorrenti, Luca Ricci, il regista fondatore della compagnia CapoTrave di Sansepolcro e del Kilowatt Festival. Ma la collegialità del processo decisionale è garantita dal fatto che tutto passi per l’assemblea.
Il Coordinamento, nella doppia sessione Bassano-Castiglioncello, ha deciso di partire da due punti: il primo, che verrà realizzato attraverso una importante ricerca commissionata alla Fondazione Fitzcarraldo, mira a censire il maggior numero di realtà di base del teatro italiano, cercando di porre un focus sulle condizioni materiali degli operatori dello spettacolo e sui fenomeni non rari di lavoro nero, o di forme di collaborazione che disconoscono la dignità del lavoro in un ambito che, invece, per vocazione dovrebbe avere proprio il rispetto dell’identità creativa e creatrice dell’altro.
Il secondo punto è raccogliere altri interlocutori per avanzare proposte e piattaforme di dialogo con le istituzioni.

L’ambivalenza del ruolo pone indubbie questioni, e una serie di queste sono emerse con vivacità proprio a Castiglioncello, dove l’organismo ha dovuto confrontarsi con i primi singulti a pochi mesi dalla nascita, con le prime prese di responsabilità, con i primi ragionamenti su che tipo di forma associativa si intende favorire, quali modalità di adesione siano le più appropriate, dove i limiti dell’auto-organizzazione.

In realtà, al di là di C.Re.S.Co. in sé, quello che ci interessa come periscopio del fenomeno teatro è proprio il seguire, ancorché in una forma discontinua e non partecipe per ovvie diversità di interessi e di bacino di appartenenza, il fenomeno dell’autorganizzazione teatrale, che sempre, con cadenze storicamente ravvicinate a periodi di difficoltà economica, ha inteso favorire il dialogo al suo interno.

In questi ultimi mesi, a partire dal Movimento Sogno 2.0 di Milano, fino a passare per gli esperimenti di auto-organizzazione su Roma, per finire proprio al Coordinamento, i fenomeni di chi cerca di tessere un tessuto di solidarietà all’interno del mondo delle arti si moltiplicano.

Sulla facciata del Piccolo Teatro di Milano campeggia un enorme paio di forbici che dà un taglio alla scritta “cultura”.
Questi movimenti autorganizzati, come nella morra cinese, potranno nel lungo periodo rivelarsi sasso o carta nel gioco con la forbice. Dipenderà da molti fattori, come la coesione, la capacità di dialogare, di cercare identità nell’accettazione delle differenze, e di porsi obiettivi concreti. Il dialogo è sempre difficile, ma spesso l’unica via per uscire dal triste silenzio del nostro tempo.

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