Cristiani di Allah è l’eco di una piccola epopea: quella dei cosiddetti “rinnegati”, gli oltre trecentomila cristiani che, nel solo Maghreb, scelsero tra ‘500 e ‘800 l’Islam. Alcuni per sfuggire alla schiavitù delle braccia e del sesso, la maggior parte in nome di una nuova libertà religiosa e morale, in cui la vita potesse finalmente chiamarsi azione e non destino.
Furono costoro i principali artefici dello splendore del Mediterraneo, della grandezza di città come Algeri, Tripoli e Tunisi, in cui sangue, bellezza, amore e commercio si sono inevitabilmente trovate a unirsi nello stesso impasto, nello stesso cibo e nello stesso profumo. Anime disperate e anime in cerca, rassegnate alla guerra ma non alla morte, attraversano il racconto di una storia che è stata e che ha continuato ad essere, che ha saputo demolire l’ipocrisia del conflitto religioso e dell’incapacità di comunicare per portare invece con naturalezza agli occhi un calcolo militare ed economico preciso: il possesso del Meditteraneo.
Con il suo romanzo Massimo Carlotto ci porta ora ad Algeri, crogiolo nel 1542 di una miriade di razze, religioni, pensieri e costumi ben più tollerati che al Sant’Uffizio. Qui l’autore staglia, nella forma di un personalissimo e truculento noir, le vicende della bella cantante veneziana Lucia De Jani, catturata in mare insieme ai suoi due musicisti – Miali il sardo e Missak l’armeno – dal corsaro rinnegato Redouane Rais. Voci, canti e liuti inizieranno nell’immaginazione a danzare, legati indissolubilmente alle grida, alla paura e al desiderio dei suoi protagonisti, di cui la penna di Carlotto sapientemente ci restituisce disegno e ritmo.
Ciò vale anche per lo spettacolo, che di queste vicende ci regala soprattutto le note, facendo del libro una vera e propria lettura musicata, incentrata soprattutto sui pensieri e sulle sofferenze di Lucia, qui interpretata dalla straordinaria voce della cantante Patrizia Liquidara, che insieme agli altrettanto bravi musicisti in scena, Maurizio Camardi e Mauro Palmas, ce ne restituisce un ritratto sensuale, ombroso e dolcissimo.
Eppure, va detto, un po’ di perplessità permane, perché se l’insieme è piacevole e la musica incanta, Carlotto legge e fa il suo mestiere: lo scrittore.
Quello a cui siamo di fronte infatti, altro non è che il semplice coronamento finale di un progetto che ha visto l’autore, Camardi e Palmas lavorare parallelamente sulle medesime fonti storiche con l’idea di farne quello che sappiamo ne è stato: un romanzo e un cd.
Va tutto bene tranne il fatto che il teatro, quello vero, quello che la parola la fa vivere non di nuovo ma per la prima volta, purtroppo non c’è. Resta il sospetto di un’operazione più commerciale che artistica con il rischio della facile messa in scena del fatto e finito. La regia avrebbe potuto, a nostro parere, raccogliere il precedente per osare di più, superare la suggestione e aprire nuovi spiragli alla riflessione e alla contraddizione di musiche e parole che, ancora oggi, hanno assoluto bisogno di farsi carne e ossa.
Un pacchetto di libro, cd e spettacolo, quello di Cristiani di Allah, che tuttavia vi consigliamo di sfogliare, ascoltare ed esperire con attenzione, proprio per il merito in primis di aver aperto l’interesse e il dibattito al pubblico su una storia che la maggior parte della storiografia occidentale ha rimosso. Si finirà così per gettare nuova luce anche su molte delle nostre credenze e predisposizioni su un Oriente che, spesso, ci fa comodo supporre.
CRISTIANI DI ALLAH
tratto dal romanzo Cristiani di Allah di Massimo Carlotto
drammaturgia: Massimo Carlotto
regia: Velia Mantegazza e Loris Contarini
con: Massimo Carlotto (voce narrante), Maurizio Camardi (sassofoni, duduk, flauti etnici), Mauro Palmas (mandole)
con la partecipazione di Patrizia Laquidara (voce), Mirco Maistro (fisarmonica), Rachele Colombo (percussioni) musiche: Maurizio Camardi e Mauro Palmas
durata: 1 h 30’
applausi del pubblico: 2’ 13’’
Visto a Bologna, Arena del Sole, il 16 dicembre 2008