Dance N°3 di Cristina Rizzo. A Danae la danza indaga il suono

Cristina Rizzo
Cristina Rizzo
Cristina Rizzo
Danae festivalDance N° 3 (photo: danaefestival.com)

Danae Festival ha aperto i battenti la settimana scorsa.
Solo pochi giorni fa si danzava il liscio ambrosiano, riproposto dalla compagnia Cinzia Delorenzi in “Take this waltz”, assieme agli anziani danzatori del circolo Arci Corvetto. Una atmosfera bucolica e popolare invadeva le colonne di San Lorenzo –zona urbana e di fermento giovanile – in cui giovani ed anziani collaboravano in uno scambio generazionale, un rito della memoria.

Oggi è il teatro performance ad invadere le scene.
La personale dedicata a Cristina Rizzo infatti non trova una catalogazione ufficiale, non si può parlare di teatro danza quanto di movimento puro, di pensiero.
L’artista fiorentina, formatasi presso la Martha Graham School of York, il Cunningham Studio, la Trisha Brown Dance company e nota per le sue collaborazioni con Teatro Valdoca, Claudia Castellucci, Virgilio Sieni e in particolare con Kinkaleri, propone il suo percorso autonomo di produzione e sperimentazione attraverso tre progetti: “Dance n°3”, “Ex-porno” e “Invisibile Piece”.

“Dance N°3” è il primo a proporsi.
Il progetto nasce dall’idea di elaborare una partitura di gesti ispirati a film, citazioni, pensieri, titoli di libri e nomi di artisti sotto forma di atti performativi.

Assieme a Lucia Amara, ricercatrice di teatro all’Università di Bologna, la decisione è di partire direttamente con l’azione, saltando quindi il processo creativo a tavolino e di proporre al pubblico una scrittura scenica in corso d’opera, con la stessa studiosa in scena, a trascrivere le idee. Il passaggio successivo è il “travaso” della partitura, così Cristina definisce questa collaborazione, ad altri tre coreografi di diversa estetica, che modifichino e lavorino su di lei, con lei, un altro progetto per passare poi al travaso finale alla Rizzo, per la riappropriazione ed azione sul palco.

Comprendere il lavoro di questa artista non è facile. Il suo processo creativo unisce corpo e pensiero, non più danza ma gesto espressivo che forse solo gli addetti ai lavori possono comprendere appieno. Bisogna lasciarsi trasportare nel concetto che sta dietro a ciò che vediamo, ma ogni aspettativa è disillusa e il tutto è talmente impegnativo e contrario all’idea di spettacolo che anche il coinvolgimento emozionale risulta frenato.
Non è infatti spettacolo ma performance teatrale, arte concettuale in movimento.

La prima coreografia, curata da Estzer Salamon, artista ungherese attiva a Berlino, è dedicata al suono. La Rizzo, sola sul palco, lavora sulle potenzialità sonore ed espressive della voce unita al corpo. Si trasforma e, con scatti, frantuma il suo corpo, tanto che ogni sua parte diventa autonoma. Emette versi disumani, linguaggi incomprensibili, arie leggere sino a proporre un divertente ventriloquismo. Alla voce, elemento di partenza del progetto, si è aggiunta poi una fisicità: “Estzer Salomon è stata molto oggettiva – ci racconta l’artista – Il suo desiderio era quello di non cadere in una sua propria interpretazione della partitura ma di ricavare assieme, dall’idea originale, diverse sonorità”.

Il secondo lavoro, travasato in Michele Di Stefano, è invece una partitura in tre scene di danza e disequilibrio, tre momenti del giorno in cui emergono femminilità diverse. Interessante anche qui l’uso della musica, che non accompagna il movimento ma l’assenza di questo, oppure viene storpiata dalla Rizzo, che muove a suo piacimento le casse sul palco arrivando a ribaltarle verso il pavimento e farlo vibrare di musica.

Ancora suono nella terza partitura. Questa, nata assieme a Matteo Levaggi, noto anche per aver collaborato con compositori contemporanei della stregua di Bèla Bartòk, propone il mondo dell’elettronica. Rumori ‘incubotici’ invadono la scena, e il corpo della Rizzo appare a confronto con l’estremo delle sue possibilità. Forme e tensioni in cui ogni muscolo si rivela per poi sciogliersi in una camminata e trovare altre possibilità.
Un lavoro denso di progettualità e di grande ricerca, che senz’altro siamo poco abituati a vedere circolare tra i nostri palchi, e che quindi lascia ancora un po’ perplessi ma sicuramente incuriositi.

Dance N°3
concept e interpretazione: Cristina Rizzo
score: Cristina Rizzo e Lucia Amara
coreografia: Estzer Salamoi, Michele Di Stefano, Matteo Levaggi
disegno luci: Roberto Cafaggini
assistente di progetto: Caterina Frani
durata: 70’
applausi del pubblico: 1’ 40’’

Visto a Milano, Teatro Out Off, il 29 marzo 2011

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