Una lunga maratona composta di spettacoli, azioni performative e conferenze ha inaugurato la stagione di danza anconetana occupando per una giornata le varie sale del Teatro delle Muse. E’ il Tutto in 1 giorno Festival.
Si parte alle 18 con l’excursus storico curato da Rossella Battista e dedicato ai danzatori “dionisiaci” Nijinskij, Nurejev e Polunin, uno sguardo attento che tra aneddoti, connessioni, filmati rari scorre dai primi del ‘900 fino ai giorni nostri. Con accuratezza leggera emergono i tratti comuni fra i tre grandi danzatori giunti dall’Est Europa: la povertà, la determinazione, gli espatri dolorosi, i ritorni faticosi e questo spirito un po’ folle, denso, passionale, con pennellate oscure che ha permesso grandi altezze e anche grandi e dolorose cadute.
Il primo spettacolo, “Trop”, è anche la prima nazionale di un giovane danzatore italiano, Andrea Costanzo Martini, partito giovanissimo per studiare presso la Heinz-Bosl Stiftung Ballet Akademien in Germania, diventato danzatore per la Batsheva Dance Company e il Cullberg Ballet, rientrato in Israele con la Inbal Pinto Dance e ora all’inizio del suo percorso come coreografo.
“Trop” è un pezzo ironico, divertente, che mette in luce tutte le potenzialità di danzatore di Costanzo Martini, preciso, pulitissimo, potente ma duttile, mostrando al contempo quella qualità tutta israeliana in cui il corpo è il corpo, fatto di ossa e carne, materia da cui non si può prescindere.
Se il tema del brano è il rapporto tra il performer, il pubblico – chiamato in causa da lunghi sguardi – e il mondo esterno – rappresentato da una televisione che rimanda immagini e discorsi -, e la tensione che questi tre elementi ingenerano suggerendo una partitura coreografica ricchissima, in realtà è proprio il corpo a farla da padrone, a richiamare tutto lo sguardo e l’attenzione; nessun autocompiacimento, nessun racconto della danza, carne ed ossa appunto.
Tutto il contrario appare invece nello spettacolo di punta della serata, “Pa | Ethos” dello Spellboud Contemporary Ballet, una lunga pièce del coreografo di origine tibetana Sang Jijia.
Nata dall’indagine sui due termini Pathos e Ethos, ha al suo centro l’indagine dei rapporti interpersonali e delle emozioni che dovrebbero essere veicolate dai corpi e dalla loro fisicità. Indicativo il fatto che, nella seconda parte, i danzatori abbiano i volti e la parte superiore del corpo completamente bianchi, sorta di maschera che spersonalizza e lascia alla danza la possibilità di raccontare. Ma in questa coreografia la danza appunto si autocompiace di sé, diventando invasiva, inondandoci con una bulimia di gesti che fanno perdere il senso e l’attenzione pur nell’estrema bravura di tutti gli interpreti.
Debole anche il rapporto con gli altri elementi dello spettacolo, la musica e le proiezioni. Il compositore dà ai due tempi in cui il brano è diviso colori diversi, più melodico il primo, più aspro e oscuro il secondo, ma la danza non si fa contaminare, mantenendo inalterato il suo ritmo, non trovando slanci o frenate, climax o stasi.
Il bellissimo impianto luci e le proiezioni del secondo quadro creano atmosfere minimali e rarefatte, ma poco esplorate e sperimentate dalla partitura coreografica, che comunque sembra bastare a sé stessa, poco attenta e permeabile.
Si sale al Salone delle Feste per l’ultima performance della giornata. “Back Pack” di Francesca Foscarini lascia il pubblico spiazzato. Ennesimo lavoro sugli abiti usati come metafora che rimanda alle esperienze della vita, alle infinite sfaccettature della nostra identità, il lavoro non riesce a restituire in maniera forte e coinvolgente il suo senso: il peso del vissuto portato sulle spalle in uno zaino stipato, il riappropriarsi degli infiniti sé nella vestizione compulsiva, il senso di paura e di perdita che il giubbotto salvagente indossato sopra gli innumerevoli strati trasmette, il successivo lento spogliarsi e il riemergere di un sè pulito, carne bianca sotto le luci.
Forse complice una danza frammentata, fatta di pochi segni accennati che lasciano presagire un’esplosione che mai avviene, si resta ancora in attesa, anche dopo gli applausi un po’ increduli, di assaporare un gusto che ci è sfuggito.
TROP
coreografia: Andrea Costanzo Martini
con: Andrea Costanzo Martini
musica: Andrea Martini, Natachas Atlas, Marty Robbins
video performer: Mami Shimazaki
Video Artist: Yoav Barel
light design: Yoav Barel
costumi: Nir Benita
coproduzione Pavillon Noir, Aix-En-Provence / Zurich Tanzhaus / MAAT festival Lublin / Suzan Delal Center / Centrum Kultury w Lublinie / Tmuna Theatre Tel Aviv / Hateiva Theatre
durata: 20’
applausi del pubblico: 1’ 15”
PA | ETHOS
coreografia: Sang Jijia
compositore: Dickson Dee
live video artist: Luca Brinchi, Roberta Zanardo / Santasangre
disegno luci: Marco Policastro
costumi: Giuseppina Maurizi
assistente alla coreografia: Yanan Yu, Adriana de Santis
creato con: Maria Cossu, Mario LAterza, Giuliana Mele, Claudia Mezzolla, Giovanni La Rocca, Giacomo Todeschi, Serena Zaccagnini, Violeta Mena Wulff, Fabio Cavallo
produzione : Fabbrica Europa per le arti contemporanee, Fondazione Milano Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi, Spellbound Contemporary Ballet, MARCHE TEATRO-Danza alle Muse, Bejing Dance Festival, Guangdong Dance Festival
partner per la residenza di creazione: Fondazione Teatro della Toscana, Centro per la Sperimentazione e la Ricerca Teatrale di Pontedera
partner tecnico: Teatro Greco-E.C.O. Italia, Cyberaudio-tecniche avanzate per elettronica media e spettacolo, Noise Asia
durata: 90’
applausi del pubblico: 2’ 10”
BACK PACK
di e con Francesca Foscarini
cura della tecnica Luca Serafini
accompagnamento alla ricerca Ginella Chagnon, Cosimo Lopalco
produzione VAN
con il sostegno di Centro per la Scena Contemporanea du Bassano del Grappa, Centro Jobel Residenza Teatrale, MIBACT
durata: 30’
applausi del pubblico: 30’
Visti a Ancona, Teatro delle Muse, il 14 novembre 2016
Tutto in 1 giorno Festival