Il corpo come relazione di persone, spazi e distanze. Il gesto come ricerca di equilibrio, apertura di sguardi, misura del tempo. Stiamo vivendo un periodo forte, occasione di ripensamenti e ripartenze.
Dal 24 ottobre al 10 novembre torna a Milano Danae, il festival di teatro, danza, suoni e arti performative diretto da Alessandra De Santis e Attilio Nicoli Cristiani, giunto alla XXII edizione.
Colpisce di Danae non tanto la longevità, quanto la capacità di intercettare la scena contemporanea più connessa con i temi e gli interrogativi del presente, esprimendone graffi, ferite, luminosità, perturbazioni, con un linguaggio vivido e mai asettico, a pennellate dense come sciabolate.
Un cartellone di dieci spettacoli e diciassette repliche, che in questo 2020 parlerà solo italiano. Un programma rivoluzionato rispetto a quanto prefigurato lo scorso gennaio, ridimensionato nel budget (manca il contributo di Regione Lombardia), ma che mantiene un livello di qualità alto, con compagnie e artisti che si distinguono nel panorama nazionale per le vibrazioni della ricerca, l’ibridazione dei linguaggi, una lettura pensante, mai ordinaria, della realtà.
Dunque si inizia dopodomani, sabato 24 ottobre, con “Luci di emergenza” di Effetto Larsen (ore 15 e 17, piazzale Bacone). La compagnia guidata da Matteo Lanfranchi pone al centro della sua poetica le relazioni umane, schiudendo il linguaggio della performance a forme artistiche e discipline diverse. Il nuovo lavoro si focalizza sulla migrazione, che qui è sradicamento in senso lato, crisi e rinnesto. La metafora della migrazione è calzante in questo passaggio storico, perché identifica la partenza con un punto zero per costruire nuove certezze, rimodellando se stessi e lo spazio circostante.
Il festival prosegue sabato 31 ottobre alle ore 16 all’Arco della Pace con “Bamboo Kaboom – pezzi elementari per l’incendio del Tempio”, del percussionista Enrico Malatesta con la performer e dance maker Cristina Kristal Rizzo. Un lavoro che promette (letteralmente) fuochi d’artificio, con giochi pirotecnici da feste popolari e deflagrazioni di luci e suoni accompagnati dalla danza.
La musica imperversa anche in “Il sogno di 100 candele” di Fabio Bonelli, in prima assoluta sabato 31 ottobre e domenica 1 novembre (ore 18.30 e 20.30) al Teatro Out Off. Una sinestesia di luci, fumo e suoni sarà avviata dal fuoco delle candele. Il calore attiverà una miriade di carillon dai meccanismi sonori artigianali. Una chicca, capace di sorprendere gli spettatori di tutte le età.
Sempre l’1 novembre sarà la volta dell’istrionica Silvia Gribaudi, impegnata con la violinista Sara Michieletto e la fotografa Elisabetta Zavoli nella conferenza spettacolo nel verde “Cambium” (ore 16.00 – Anfiteatro di via Russo). Anche questo è un lavoro sulla relazione. Con sguardo beffardo e la consueta leggerezza, l’istrionica coreografa e performer torinese dirige stavolta il suo sguardo sull’ambiente, affrontando un tema scottante in modo inconsueto.
Martedì 3 e mercoledì 4 novembre (ore 20.30) torna all’Out Off Filippo Michelangelo Ceredi con “Eve #2”, che indaga il tema della paura partendo da echi autobiografici. È la seconda tappa di un progetto che aveva debuttato a Danae 2019. Ceredi utilizza le arti visive come strumento irrazionale (e paradossale) per cogliere l’essenza segreta della realtà.
L’Out Off è palcoscenico anche del terzo weekend. Venerdì 6 e sabato 7 novembre alle 20.30 è la volta di Jacopo Jenna con “Alcune Coreografie”. La danzatrice Ramona Caia, già interprete di Virgilio Sieni, è al centro di un intreccio serrato di danza e performance, sconfinando nei domini del cinema e del web.
Domenica 8 novembre, alle 17, è la volta di “Laterale”, riflessioni, appunti, memorie con Annamaria Ajmone, Silvia Calderoni e Marta Ciappina.
Chiude il festival Davide Tidoni, che lunedì 9 e martedì 10 novembre (ore 20.30, luoghi da definire) porta a Danae “Coming into being”, esperienza d’interazione tra suono e corpi per riflettere sul ruolo attivo dell’ascoltatore.
Nella fragilità, Danae trova la forza di continuare il proprio percorso. È il valore aggiunto del festival organizzato dal Teatro delle Moire: la diversificazione, la valorizzazione delle identità multiple come ricchezza, dialogo, costruzione.
È questo anche il senso del logo animato del festival, come spiega Attilio Nicoli Cristiani: «Al centro di quest’immagine in movimento danzante, creata da Marco Smacchia, ci sono gli abissi del mare e l’allaccio tra un palombaro e una medusa. È un’esplorazione incosciente, un’epifania che si esprime attraverso un legame, un prendersi cura che richiede cautela, anche perché la medusa è un essere urticante».
È la danza di Danae: un mare libero e indecifrabile, irrequieto, avvolto nel mistero, immagine flemmatica dell’infinito che ispira grandi pensieri.