Il rammarico per non essere riuscita ad assistere alla prima di “Ambrosius” (in calendario al Teatro Strehler dal 6 all’11 ottobre) si è tristemente acuito quando ho visto risplendere di blu cobalto gli scaffali della mia libreria preferita, proprio a due passi dalla basilica del santo. Una nutrita pila di copie di “Sant’Ambrogio e l’invenzione di Milano” (pubblicato quest’anno da Einaudi) era lì, con tutto il suo carico narrativo, storico e scenico, a ricordarmi le cinque repliche da tutto esaurito dello spettacolo. E che quindi non sarei riuscita, perlomeno in quei giorni, a compiere il passaggio dalla parola sulla carta a quella sulla scena.
Così, un po’ imbronciata, ho cominciato a sfogliare il volume. Il buonumore mi è tornato accorgendomi che il testo è letteralmente commentato da una nutrita quantità immagini, tutti disegni di uno straordinario Dario Fo illustratore.
«Questa storia è scritta con l’intento di essere rappresentata su un palcoscenico posto nel quadriportico della basilica di Sant’Ambrogio o davanti alla basilica di San Lorenzo». Esulto, e la mia immaginazione fa un balzo ad un 7 dicembre ipotetico venturo. Chissà se in uno di quei giorni di caldarroste, ‘O bej o bej’ e freddo che pizzica, magari proprio quest’anno, a qualcuno verrà in mente di farlo per davvero? Per il momento è fantasia: «Sui due lati del palcoscenico saranno sistemati due grandi schermi sui quali verranno proiettate immagini fisse o in movimento (audiovisivi e filmati)».
Con curiosità infantina inseguo i segni e il tratto, e non riesco a smettere fino all’ultima riga del volume. Quasi duecento pagine di storie e di dialoghi che squarciano le fonti primarie restituendo vita a personaggi che tornano ad essere persone mentre le loro vicende vengono narrate.
Immaginandone le gesta intime e quotidiane, Ambrogio viene restituito a se stesso e al suo pensiero privato che così diviene pubblica riflessione. Come quando diventa inevitabile il provocatorio confronto con Agostino, e i due prendono la parola per discutere di potere, di amore – carnale e matrimoniale -, di Saturnali, di antico e di nuovo, di arte del chiacchierare, di fedi in concorrenza e di crudeltà. E così apprendiamo, ascoltando, che: “E’ colui che ascolta che riesce con la propria attenzione a far apparire straordinari i concetti anche modesti di chi parla”.
Il rimpianto si è definitivamente trasformato in gratitudine quando mi rendo conto che sto compiendo un esercizio quasi essenziale, propedeutico alla visione vera dell’immaginato di Fo, che si traduce in carne attraverso quel “sacro perfezionismo” che contraddistingue l’attore/autore. E non mi sorprenderò nell’apprendere che la rappresentazione dura quasi tre ore, un periodo in cui lo spettatore, come il lettore, viene guidato tra i percorsi della politica e del sentimento religioso in una Mediolanum sull’acqua che non esiste più.
Sant’Ambrogio e l’invenzione di Milano
Fo Dario
a cura di Franca Rame e Giselda Palombi
€ 20 (su Internet BookShop sconto 20% € 16)
2009
222 p., ill.
Einaudi
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