Il gruppo catalano de La Fura dels Baus ci aveva già abituati ad abbinamenti tra spettacolarità per certi versi barocca – per quanto molto influenzata dalle nuove tecnologie – e il tema della gastronomia: molte infatti, nel corso degli anni, sono state le loro cene/spettacolo, da quelle ispirate ai quadri di Dalì al capolavoro di Hyeronimus Bosch “Il Giardino delle Delizie”, passando per “I fiori del male” di Baudelaire.
Con “Degustaciòn de Titus Andronicus”, presentato in prima nazionale al Nuova Opera Festival di Caserta, la gastronomia (e non una qualsiasi ma quella del Mugaritz di Andoni Aduriz, quarto ristorante al mondo secondo la nota classifica del magazine inglese “Restaurant”) va a mescolarsi con una delle tragedie più sanguinolente di Shakespeare, “Titus Andronicus”.
Circondati da tre schermi (con più di tre ore e mezza di filmato montato) i personaggi – ma sarebbe forse meglio dire le pedine – della tragedia si muovono in mezzo al pubblico, molto spesso utilizzando prolungamenti meccanici che consentono loro di svettare in altezza. È così, ad esempio, per i due candidati a imperatori, Saturnino e Bassiano, lo zucchero e il sale, che a bordo di una torre metallica propagandano le proprie virtù al popolo incaricato di eleggerli. E lo fanno distribuendo al pubblico dei sacchetti di cibo. Nel mio caso è capitato il sacchetto di Saturnino, contenente una sorta di alga caramellata, dolce ma, in seconda battuta, dalla forte persistenza salata, segno della doppia faccia dell’imperatore, come poi l’evoluzione della tragedia renderà chiaro.
Il cibo, come dicevamo, fa la parte del padrone: al centro della scena una cucina mobile è il regno di Andoni Aduriz, che per tutto il tempo della rappresentazione cucinerà svariate pietanze, offerte direttamente al pubblico. È ancora il cibo, inoltre, a essere simbolo delle virtù (e dei peccati) dei personaggi: oltre ai già citati imperatori, Lavinia si presenta in scena distribuendo grappoli d’uva mentre si muove in una conturbante lap dance, segno di quella lussuria che successivamente si ritorcerà nella violenza sessuale (e non solo) che subirà dai figli di Tamora. Ed è il cibo a guidare la scena finale, quella del banchetto in cui Titus, per vendetta, cucinerà un pasticcio con la carne dei figli di Tamora e li farà mangiare a lei, all’imperatore – di cui nel frattempo sarà diventata amante – e ad un pugno di commensali scelti tra il pubblico.
E’ proprio il pubblico ad essere il lato più crudele della tragedia: appena servita la (immaginiamo!) squisita pietanza di Andoni Aduriz, i commensali finiscono per disinteressarsi alla vicenda, non facendo altro che interessarsi a mangiare e bere. Tutto previsto dalla Fura che, a compimento del dramma, lascia un monito sullo schermo: “Dopo la tragedia, la gente continua a mangiare”.
È l’indifferenza di Roma, della nostra società, simboleggiata da volti di bambini sugli schermi, ma è anche l’indifferenza del pubblico, che interpreta il popolo romano, insensibile al sangue, alla violenza e alla tragedia che si abbatte su Titus, impegnato soltanto a riempirsi la pancia. Come la storia ci insegna da secoli, in fondo.
Lo spettacolo è piacevole, ricco di trovate ed effetti scenici tipici della poetica “furera”, e la rappresentazione scivola via senza scossoni, curata piuttosto bene. Tuttavia, a mente fredda, non ci si può esimere dal chiedersi, al di là del calderone di effetti spettacolari (visivi e non), quale sia la vera sostanza.
DEGUSTACION DE TITUS ANDRONICUS
da William Shakespeare
direzione e drammaturgia: Pep Gatell
adattamento del testo: Salvador Oliva
direzione gastronomica: Mugaritz Staff (Andoni Luis Aduriz, Javieer Bergara, Dani Lasa)
composizioni musicali: Robert Merdzo
assistente di direzione: Kike Blanco
coproduzione: Fura Dels Baus, Generalitat de Catalunya- ICIC, Ministerio de Cultura-INAEM con il prezioso supporto di Institut Ramon Llull, Kutxa, Kh Lloreda, De Dietrich, Teatros del Canal
collaboratori: Alfasom, CIM, Barcelona-Reykjavik, Ajuntament de Viladecans, Apunto Lapospo, Miguel Merino
durata: 1h 30’
applausi del pubblico: 1’ 20’’
Visto a Caserta, Belvedere di San Leucio, il 25 giugno 2010