Essere drammaturghi, oggi come ieri, significa esercitare la propria indole creativa per il tramite di un testo rispetto al quale l’autore esercita almeno uno, se non due, atti di fede. Il testo ha infatti una doppia direzione: quello di rimanere se stesso ed essere analizzato e fruito in quanto tale.
Tuttavia il drammaturgo, a differenza del narratore, immagina, e forse fin dall’inizio crea il suo prodotto di ingegno, affinché prenda anche la direzione della messinscena.
A questo punto l’autore esercita appunto l’atto di fede, affidando le sue parole a qualcuno che conferisca loro una dimensione tridimensionale, viva, e nel caso specifico del teatro, a differenza del cinema, una dimensione unica ed irripetibile per ogni volta che vengono portate in scena.
L’Italia ha una grande tradizione drammaturgica, ma spesso è lo scrittore stesso a mettere in scena i suoi lavori.
Solo negli ultimi anni si è arrivati a pensare ad una vera e propria autonomia di questa forma creativa dalla sua parte esecutiva, e nelle scuole sono iniziate docenze e corsi, oltre a moltissime attività laboratoriali.
Siamo un Paese conservatore che porta a teatro quello che è già noto, e quindi nei cartelloni teatrali si trova facilmente il classico, mentre i giovani drammaturghi faticano a trovare spazio.
Se ne è discusso, ragionando con ciascuno di loro sullo specifico della propria arte, in un convegno recente al Teatro Sociale di Como, coordinato da chi scrive insieme a Mario Bianchi: “Diario Italiano. Appunti per una nuova drammaturgia. Cosa urge raccontare oggi attraverso il teatro”.
I drammaturghi intervenuti, che appartengono tutti ad una generazione compresa fra i venti e i quarant’anni circa, mostrano la stessa grandissima variabilità che è giusto abbia un’arte così libera.
Venuta meno la gabbia ideologica del secolo scorso, questi scrittori raccontano comunque in una qualche forma, più o meno aderente al reale, il tempo che vivono, le inquietudini, i grandi temi.
Il videoreportage realizzato da Mario Bianchi li riunisce tutti, presenti e collegati via etere, o incontrati in qualche altrove teatrale, ed è una magnifica sintesi di che cosa significhi esercitare quest’arte oggi in Italia, e non solo.