Ci siamo recati a Milano, al Teatro Alla Scala, per assistere a “Die Soldaten” del compositore tedesco Bernd Alois Zimmermann con estrema curiosità, sia per ascoltare dal vivo, cosa assai rara, un’opera della seconda metà del ‘900, sia perchè allestita da uno dei registi che amiamo e stimiamo di più, il lettone Alvis Hermanis.
Composta su un libretto scritto dallo stesso Zimmerman, e tratta da un dramma in 35 scene di Jacob Michael Reinhold Lenz pubblicato nel 1776 ma rappresentato in teatro soltanto nel 1863, questo lavoro debuttò a Colonia nel 1965 dopo lunghi riadattamenti (l’idea iniziale prevedeva addirittura 12 orchestre).
Diciamo subito, dunque, che “Die Soldaten” è ugualmente di difficilissima realizzazione, sia dal punto di vista teatrale, sia da quello musicale: è forse per questo che in Italia è stata rappresentata una volta sola, per poche sere, al Maggio Musicale Fiorentino negli anni Settanta, mentre nel 2012, a Salisburgo (da cui proviene per merito del nuovo sovrintendente scaligero Pereira), è stata allestita in un’ex scuola di equitazione.
Musicalmente raffinata e composita, l’opera è composta da 15 scene, ognuna scritta secondo uno stile musicale differente (toccata, ciaccona, ricercare, capriccio, corale) recuperando così forme desuete del repertorio provenienti dalla pura tradizione. Il tessuto musicale, tra classico e contemporaneo, risulta quindi assai vario, alternandosi lampi di fluente lirismo ad asperità di suono spesso accentuate dalle percussioni e non solo, come vedremo. In esso confluiscono anche effetti registrati, suoni, rumori e voci provenienti dalla sala, dove, anche nel teatro milanese, vengono posizionate diverse casse acustiche.
Oltre ai 120 musicisti che compongono l’orchestra poi, in diversi palchi, sono posti elementi di jazz band e nastri con musica registrata. Davvero, così, la musica avvolge da ogni parte l’ascoltatore, immergendolo nel terribile mondo che l’opera descrive.
Dal punto di vista musicale “Die Soldaten” accoglie dentro di sé sia il dodecafonismo che ampie divagazioni che spaziano dal jazz, alla polifonia rinascimentale e perfino a Bach. Anche vocalmente l’opera si configura complessa, con 26 parti cantate e recitate che si impegnano in una tessitura in cui il canto si mescola al parlato e allo Sprechgesang, in un continuum di canto in cui spesso si passa dal grave al sovracuto con contrappunti vocali assai elaborati di ardua esecuzione.
Al centro della storia narrata sul palco, ambientata ai tempi della prima guerra mondiale (originariamente le Fiandre francesi in epoca non stabilita) tra la soldataglia vogliosa di sesso, vi è Maria, figlia di Wesener, commerciante in articoli di moda, fidanzata con il commerciante Stolzius, che è concupita però dal barone Desportes, un giovane ufficiale, con il consenso del padre di Marie, che vede in lui la speranza di una ascesa sociale.
In questo contesto, invano il cappellano Eisenhardt e il capitano Pirzel cercheranno di opporsi alla sfrenata avidità di piaceri dei soldati del reggimento.
Quando Desportes si stanca di Marie, infatti, la “passa” ai suoi amici. Mentre Stolzius, per poterle stare vicino, entra a far parte del reggimento come attendente del maggiore Mary, un amico di Desportes. Si troverà così davanti alla constatazione che Marie è diventata la “puttana di soldati”.
Quando anche il figlio della Contessa de la Roche si innamora di Marie, la contessa la porta in casa per proteggerla dalla soldataglia. Marie cercherà comunque di riallacciare la relazione con Desportes, che invece si sbarazzerà di lei, spingendola tra le braccia del suo attendente, che la stuprerà.
Disperata, Marie finirà in strada. E Stolzius, per vendicare la fidanzata, avvelenerà Desportes, per poi suicidarsi con il veleno.
Nella scena finale tutti i protagonisti saranno quindi morti, tranne Marie e il padre, che non riconoscendola le donerà un’elemosina.
L’opera si chiude musicalmente, nella versione scelta per la Scala, in modo assai suggestivo, con il canto di Marie, alternato al Pater noster intonato da Eisenhardt, sul suono incalzante dei timpani, che si interrompe solo all’urlo finale della donna per poi svanire nella nota RE, tenuta dall’orchestra sino al silenzio, interrotto dagli applausi scroscianti del pubblico.
Altri momenti sublimi contrassegnano però “Die Soldaten”: il terzetto che termina il terzo atto, che ad alcuni ha ricordato quello del “Cavaliere della rosa” di Strauss, e soprattutto il concertato che avviene dopo lo stupro di Marie, verso la fine, quando, in una specie di tribunale, ognuno cerca di asserire le proprie ragioni, di giustificarsi in un mondo in cui tutti hanno ragione e tutti torto.
Alvis Hermanis, direttore del New Riga Theatre, di cui avevamo già molto apprezzato diversi bellissimi spettacoli teatrali assai diversi tra loro (da “Le signorine di Wilko” a “Kapusvētki – Graveyard party”, da “Sonja” a “Onegin. Commentaries”), riesce in modo assai coinvolgente e nel medesimo tempo antiretorico a mettere in scena la vicenda, che ovviamente ci ricorda molto nei modi le atmosfere espressioniste e i drammi di Büchner e Wedekind.
Vi è, in “Die Soldaten”, la denuncia della stupidità della guerra, della sopraffazione dell’uomo sull’uomo, dell’uomo sulla donna, delineati in un ambiente di corruzione e di amoralità nel quale la purezza non esiste più.
Il regista divide la scena su due piani sovrapposti in cui trovano posto la caserma (con le balle di paglia e veri cavalli che si intravedono dietro a grandi vetrate), il postribolo, delineato da grandi immagini video, mentre delimita con semplici elementi altri ambienti: la casa di Marie (un letto a castello dove la ragazza vive tutti i suoi turbamenti), quelle borghesi di Stolzius e della Contessa (divano e poltrone), il caffè dove si riuniscono i militari, la gabbia dove i soldati guardano vogliosi le loro prede.
La paglia viene poi usata come elemento metaforico che a Marie suggerisce i ricordi della sua vita, elemento che nel contempo nasconde il suo corpo e gli amplessi con Desportes. Come, metaforica della condizione di Marie, è la sua camminata pericolosa nel vuoto durante l’intermezzo del secondo atto.
Anche qui Hermanis immette tutta la vicenda in ambienti semplicissimi che la regia rende sempre di forte essenza simbolica. Convincenti tutti gli interpreti, immessi in una partitura musicale di difficilissima esecuzione su cui spicca Laura Aikin nel ruolo di Marie, interprete duttilissima per una parte attorale molto ardua, e che nel medesimo tempo riesce a superare con maestria tutte le asperità di una vocalità così particolare; ma citiamo anche il Desportes di Daniel Brenna, lo Stolzius di Thomas Bauer e infine la veterana Gabriela Beňačková nell’impervia parte della Contessa de la Roche.
L’orchestra del Teatro alla Scala era diretta da Ingo Metzmacher, uno dei pochi specialisti di lavori così particolari, che è riuscito in modo perfetto a restituirci tutte le sonorità di un’opera unica nel suo genere e che siamo stati felicissimi di ascoltare.
Die Soldaten
Bernd Alois Zimmermann
Orchestra del Teatro alla Scala
Nuova produzione
in coproduzione con Festival di Salisburgo
Direttore: Ingo Metzmacher
Regia: Alvis Hermanis
Scene: Alvis Hermanis e Uta Gruber-Ballehr
Costumi: Eva Dessecker
Luci: Gleb Filshtinsky
Video designer: Sergej Rylko
Personaggi e interpreti:
Wesener Alfred Muff
Marie Laura Aikin
Charlotte Okka von der Damerau
Weseners alte Mutter Cornelia Kallisch
Stolzius Thomas E. Bauer
Stolzius’ Mutter Renée Morloc
Die Gräfin de la Roche Gabriela Beňačková
Der junge Graf Matthias Klink
Desportes Daniel Brenna
Pirzel Wolfgang Ablinger-Sperrhacke
Eisenhardt Daniel Boaz
Mary Morgan Moody
Haudy Matjaž Robavs
Obrist Johannes Stermann
Drei junge Offiziere Paul Schweinester, Andreas Früh, Clemes Kerschbaumer
Der Bediente der Gräfin de la Roche Werner Friedl
Drei Fähnriche, Drei Hauptleute Stephan Schäfer, Volker Wahl, Michael Schefts
Madame Roux Anna-Eva Köck
Der junge Fähnrich, Ein junger Jäger Rupert Grössinger
Der betrunkene Offizier Aco Biscevic
Artistin Katharina Dröscher
Offiziere Il Canto di Orfeo
Ensemble vocale “Il canto di Orfeo”
Direttori: Ruben Jais e Gianluca Capuano
Durata spettacolo: 2 ore e 30 minuti incluso intervallo