Qual è la mostruosità umana, e da dove nasce?
E’ meglio mettere al mondo un figlio deforme e disprezzarlo, oppure decidere di non dargli vita, e restare col rimorso di questa scelta per sempre? Qual è la vera mostruosità?
Siamo abituati a sognare, e amiamo fantasticare di raggiungere qualcosa di importante. Ma quando lo abbiamo raggiunto, e ci rendiamo conto che non è perfetto come avevamo sperato (e non è perfettibile), arriva una delusione senza speranza di felicità.
Queste e tante altre riflessioni vengono poste da Salvatore Tramacere e Fabrizio Pugliese, dei Cantieri Teatrali Koreja, nello spettacolo “Doctor Frankenstein”, rivisitazione del noto mito dell’uomo deforme e del suo creatore pazzo. Perché Frankenstein è in grado di porre delle domande a tutti i livelli di conoscenza, dalla medicina alla filosofia, dalla letteratura alla scienza, lasciando un grande spazio di discussione aperta sulla questione etica.
E in tempi come quelli che corrono, interrogarsi (attraverso Frankenstein) sui grandi dilemmi della vita diventa quindi non solo un’operazione necessaria, ma liberatoria. Liberatoria perché sentire quel mostro che, nella sua spiazzante semplicità, desidera una sola cosa – vivere e provare delle emozioni – fa pensare e trovare un riscatto per chi è più debole. Anche se la strada per raggiungere l’obiettivo sarà uccidere proprio chi l’ha creato.
Una grande macchina metallica al centro della scena, luogo di tortura e vita per Frankenstein, irrompe sul palco e diventa fulcro centrale della narrazione, che si snoda in momenti poetici, divertenti e tragici allo stesso tempo. Per raccontare come ogni uomo si sia trovato nella esatta situazione di aver fatto nascere una creatura venuta male, trovandosi nella difficoltà di amarla come avrebbe voluto. E dovuto.
E’ una danza macabra e fanciullesca, quella di Koreja; un lavoro intenso, in cui i due attori danno prova di tutta la loro preparazione e capacità di stare in scena, e dove la fisicità deforme del mostro e la deformità fisica del padre (costretto sulla sedia a rotelle) si scontrano e si incontrano nel mito, generando dubbi e riflessioni.
Unico neo un testo a tratti un po’ ridondante ed eccessivo, quasi a sottolineare quello che già gli attori esprimono fin dal primo momento: il desiderio di vita da un lato e il disgusto della stessa dall’altro. Non è del tutto chiaro quale sia l’obiettivo degli autori, che resta un po’ rarefatto, lasciando a volte spiazzati, malgrado le tante domande interessanti che lo spettacolo costringe a porsi.
Doctor Frankenstein
regia: Salvatore Tramacere e Fabrizio Pugliese
progetto: Fabrizio Pugliese
testo: Francesco Niccolini
con: Fabrizio Pugliese e Fabrizio Saccomanno
scene: Iole Cilento
disegno luci: Lucio Diana
durata: 55′
applausi del pubblico: 3′ 30”
Visto a Milano, TieffeTeatro Menotti, il 9 dicembre 2010