Dopo la pioggia di Chiara Benedetti e Aida Talliente: l’equilibrio naturale dell’amore

Dopo la pioggia (ph: Danilo De Marco)
Dopo la pioggia (ph: Danilo De Marco)

Al TeatroBasilica di Roma la produzione di ariaTeatro racconta l’amore di due sorelle nei passaggi della vita

L’intesa dei lunghi sodalizi a due si raccoglie, si addensa nei gesti; l’amore caglia, si potrebbe dire, nella materia grumosa di pratiche quotidiane, affinate dalla ripetizione. Così gli amanti (o quei fratelli riportati uno nelle braccia dell’altro dalla risacca della vita), che da anni condividono le stesse camere, bagni, cucine, sanno aggirarsi in essi con una sicurezza e una delicatezza esatte, coordinano i loro passi, i loro gesti: preparare una colazione, rifare un letto, apparecchiare una tavola, aprire o chiudere gli scuri al sole.
È il saper abitare gli spazi nella presenza di un altro te fuori di te. Anche le parole dei sodali hanno quella sostanza, assumono la tangibilità di una materia: non divagano in sogni, non si perdono, non si elevano. Si depositano anzi sulle azioni e sono esse stesse azioni, immediatamente.

Forse a questo hanno pensato Aida Talliente e Chiara Benedetti quando hanno costruito, un’improvvisazione dopo l’altra, i loro corpi scenici di anziane sorelle per “Dopo la pioggia”, prodotto da ariaTeatro con la partnership di Fattore K – debutto romano al TeatroBasilica.

Si tratta di un lavoro tutto di movimento e tutto caparbiamente analogico, anche per quel che riguarda la materia sonora e illuministica. Un apparecchio radio (la finta “Radio Nostàlgia” vi gracchia canzoni d’epoca cucite dalla stessa Talliente) accompagna i movimenti delle due anziane zitelle nella loro routine quotidiana e nei loro flashback giovanili in riva al mare, in vacanza, quand’erano belle, sorridentissime, desiderate, un filo sguaiate.

Le luci tradizionali e ben calibrate di Luigi Biondi e una lavagna luminosa a lucidi a mo’ di videoproiettore riempiono la dimensione visiva del palco, su cui stanno gli essenziali elementi scenici di Federica Rigon (comodini anni ’60 rinfrescati da guizzi optical).
Gli stessi minimi spazi dedicati alla parola, tra scena e scena, devono appoggiarsi a qualcosa. E sono infatti frammenti di lettere che una e l’altra sorella si inviano: messa su carta, anche la parola – accenti tersi, di una squillante puntualità nell’afferrare il sentimento, a volte quasi violentemente a segno – si fa materia.

C’è poi il materiale vero, quello dei corpi: gli incroci delle gambe nelle passeggiate delle due claudicanti vecchine, trasposizione degli allegri balletti del loro passato di ingenue Kessler, il tempismo dei dispetti che l’un l’altra si fanno, i segreti di Pulcinella che continuano a tenersi (una succhia dalla fiaschetta un qualche liquore, dando le spalle; l’altra una sigaretta, che spegne nella boule del pesce rosso).

Che sia la clownerie a tradurre in scena tutti questi equilibri è solo una notazione tecnica. L’equilibrismo più grande delle due drammaturghe-performer è quello di provare a tenere il lavoro distante dalla facile attrazione gravitazionale di riferimenti espliciti (dei rispettivi toni, che oggi suonerebbero preconfezionati): restano al di qua della malinconia erotica e materna delle sorelle Materassi palazzeschiane, al di qua di Gozzano e di ogni gozzanismo al rosolio, pulverulento, al di qua del grottesco di un Landolfi, delle sue “Due sorelle”.

Né un’ombra di ripiegamento astioso oscura le due vecchine, persino quando sbraitano alla finestra contro qualche passante non è che un arrugginito esercizio di socialità, privo di risentimento. E anche il rimpianto riesce appena a venare il ricordo della giovinezza svanita. È piuttosto gioia, ciò che esso suscita, una gioia che rinfocola loro il sangue nelle vene con la pienezza di aver vissuto una stagione all’altezza di sé stesse – la musica, i piedi nudi nel mare, quei sorrisi giganteschi, di nuovo.

“Dopo la pioggia” ha la dimensione minuta di un brano chiuso e delizioso – ma non lezioso – e le prospettive interne volutamente sorde, occluse nel futuro dalla incombente dipartita e nel passato da quella mitizzazione civettuola e sclerotizzata dell’allegra giovinezza. E se non si impone nel lavoro il puntiglio dell’innovazione né dell’elaborare un linguaggio nuovo, il lavoro riesce però a dirlo, con il suo equilibrio e la sua leggerezza, qualcosa di nuovo – qualcosa di sottile e inafferrabile al pari dell’intesa muta delle due sorelle. Qualcosa che per loro sfuma all’inevitabile caduta di una delle due (che è come dire di entrambe) e per noi, come un profumo, non appena i corpi delle attrici privano la scena della loro presenza.

Dopo la pioggia
di e con Chiara Benedetti e Aida Talliente
disegno luci Luigi Biondi
fonica Alessandro Barbina
direzione tecnica Iacopo Candela
elementi scenici Federica Rigon
fotografie Danilo De Marco
organizzazione Cristina Pagliaro
distribuzione Elisa D’Andrea
produzione ariaTeatro
partnership Fattore K

durata: 55′
applausi del pubblico: 2’

Visto a Roma, TeatroBasilica, il 19 gennaio 2023

 

 

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