Doppio sogno. Il gioco di specchi di Rifici e Favaro

Doppio sogno (photo: Masiar Pasquali)
Doppio sogno (photo: Masiar Pasquali)

Dopo aver affrontato per la scena il famoso romanzo di Elio VittoriniUomini e no”, Carmelo Rifici torna alla Sala Melato del Piccolo Teatro di Milano con un nuovo spettacolo, realizzato da una compagnia di 18 giovani attori, già diplomati alla Scuola del Piccolo e ora artisti pronti a una luminosa carriera.
Rifici mette in scena un altro romanzo, ma stavolta del tutto diverso, “Doppio sogno” dello scrittore, medico e drammaturgo austriaco Arthur Schnitzler, nella riscrittura che ne ha fatto Riccardo Favaro, recente vincitore del Premio Scenario con “Una vera tragedia”. Si tratta di un romanzo così pieno di suggestioni contemporanee che anche il grande Stanley Kubrick decise di privilegiarlo nel suo ultimo film “Eyes Wide Shut”.

Uscito nel 1926, il romanzo è ambientato nella Vienna dei primi decenni del Novecento, e pone il suo centro nevralgico nel rapporto tormentato di una coppia borghese, il dottor Fridolin e sua moglie Albertine. Tra desideri, sentimenti e pulsioni inizia per i due coniugi una specie di viaggio parallelo nel tentativo di ristabilire, forse, un nuovo rapporto tra loro.
Partendo da un solo accennato desiderio di Albertine per un altro uomo, confessato spontaneamente al marito, si dipana tra realtà e sogno (Freud aleggia sempre nell’opera) il racconto di due giorni vissuti convulsamente dal protagonista, due giornate in cui Fridolin vive una serie di avventure a sfondo sessuale che culminano in una specie di orgia in una casa misteriosa, mentre Albertine si consuma in un sonno agitato da incubi e fantasmi.
Fridolin vive in completa angoscia il suo viaggio interiore, soprattutto alla ricerca di una bellissima ragazza che lo aveva salvato da oscure minacce, e che aveva incontrato proprio quella sera durante la sua presenza alla festa (forse l’immagine salvifica della moglie?).
Albertine, invece, scavando nei lati più nascosti e oscuri della propria coscienza, riesce a gestire compiutamente le sue pulsioni attraverso i sogni.

Alla fine Fridolin ritornerà a casa dalla moglie, credendo forse di aver superato le sue ossessioni, anche se poi, nella scena finale dello spettacolo, sgombra di ogni orpello, rimane in scena solo la maschera che indossava nell’angosciosa serata e nottata passata nella casa misteriosa, lasciando così aperte mille domande allo spettatore.

Si consumano dunque due sogni distinti: quello fisico, invaso dall’eros, dell’essere maschile, e quello angoscioso ma riflessivo della componente femminile della coppia, nei quali ognuno può rispecchiarsi riflettendo sul confine che esiste tra amore e violenza, tra eros e sentimento, temi già in qualche modo presenti, anche se declinati assai diversamente, nell’altro capolavoro – questa volta teatrale – di Schnitzler “Girotondo”.

Rifici ha scelto questo testo per condurre un lavoro con il giovane cast sui temi del rapporto di coppia, della gestione delle pulsioni e della violenza all’interno delle relazioni, e della costruzione del concetto di identità attraverso il continuo “specchiarsi” nell’altro. Quest’ultimo elemento, nella regia di Rifici, si concretizza con la presenza di tre grandi specchi che racchiudono lo spazio da cui entrano gli attori, e nello sdoppiamento continuo dei personaggi, dove ognuno rappresenta una parte di loro: ogni attrice è Albertine, ogni attore Fridolin, e così per ogni altro personaggio, che si perde a sua volta, innestandosi nei due protagonisti.

E’ in questo modo che lo spettatore viene catapultato in un vero e proprio sogno, realizzato in scena in una sorta di gioco di riflessi che riverbera all’infinito voci e sguardi.
Su un palco (le scene sono di Paolo Di Benedetto) disseminato simbolicamente di pochi arredi, anneriti da un fuoco che dovrebbe rigenerare piuttosto che distruggere, si muovono i giovani attori, impegnati a scambiarsi le parti. Tutti, in egual misura, donano alla creazione una forza vivificatrice che tiene desta l’attenzione del pubblico, coinvolgendolo pienamente nelle tre ore dello spettacolo. Interpreti che alla fine si presentano tutti insieme a ricevere gli applausi, vestiti con i bellissimi costumi d’epoca ricreati da Margherita Baldoni.

Meno interessanti e compiute, nel loro stereotipo, ci sono sembrati i momenti della preparazione alla festa onirica nella casa misteriosa, con un istrionico burattinaio, e quella dell’orgia, con tanto di presenze femminili in autoreggenti e guepière, amplessi simulati e nudi, accompagnata dal sublime “Erbarme dich, mein Gott” di Bach.

In scena a Milano fino al 23 dicembre.

Doppio sogno
di Riccardo Favaro
da Arthur Schnitzler
regia Carmelo Rifici
scene Paolo Di Benedetto
costumi Margherita Baldoni
luci Gianni Staropoli
movimenti coreografici Alessio Maria Romano
musiche Federica Furlani
con Catherine Bertoni, Gabriele Brunelli, Leonardo Castellani, Giovanni Drago, Claudia Grassi, Giulia Heathfield Di Renzi, Jonathan Lazzini, Lucia Limonta, Sebastian Luque Herrera, Anna Manella, Alberto Marcello, Marco Mavaracchio, Francesca Osso, Antonio Perretta, Roberta Ricciardi, Paolo Rovere, Aurora Spreafico, Emilia Tiburzi
produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa

Sono presenti scene di nudo integrale

Durata: 3h 05′ incluso un intervallo

Visto a Milano, Piccolo Teatro, il 1° dicembre 2021

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