A Dro le ciambelle riescono col buco, da tempo ormai. Sono infatti vari decenni che l’impasto, nato dalla testardaggine di Barbara Boninsegna e Dino Sommadossi, è andato lievitando, sempre più, fino a diventare un progetto che d’inverno ospita in residenza alcuni degli esperimenti teatrali giovanili più significativi degli ultimi anni, e d’estate rivela il suo profumo in un festival entrato nel novero di quelli importanti.
Avevamo intervistato Barbara l’anno scorso, e tre mesi dopo hanno vinto il Premio Speciale Ubu insieme ai Pathosformel, uno dei gruppi della scuderia (che produce anche Dewey Dell, Francesca Grilli, Teatro Sotterraneo e Sonia Brunelli).
Per arrivare alla Centrale di Dro si costeggia il lago di Garda; per poi arrivare in un piccolo borgo silenzioso, immerso nella natura. Una ex centrale dell’Enel bellissima, quasi un castello, in stile architettonico eclettico di inizio secolo scorso, come la centrale Taccani di Trezzo d’Adda (altro luogo straordinario dell’arte e della danza). Vecchie centrali idroelettriche ma luogo ideale per raccontare il fluire del sentimento artistico, la generazione di energia creativa e creatrice. Lo spettatore deve oltrepassare il ponte, varcare il cancello del sito industriale e immergersi in un luogo che, anno dopo anno, si rigenera di energia nelle sue sale macchine, fra acciaio, erba e cemento.
Drodesera Fies ’09, che guarda a tutta Europa, ha intitolato questa edizione “Alla luce del nord”, esaltando una caratteristica che da sempre contraddistingue Dro: il suo essere posizionato sull’immaginaria linea che collega il nostro paese all’Europa del nord. Qui il festival ha voluto pescare gli ingredienti da mescolare alla scuola nostrana.
Alcuni nomi dal programma: nel primo fine settimana i Santasangre con il nuovo “Framerate 0”, il duo Abbondanza/Bertoni con “La densità dell’umano – progetto biennale 09/10”, il “Crac” di Motus, e “La natura delle cose” di Virgilio Sieni ispirato all’opera del poeta latino Lucrezio.
Oltre a loro, Codice Ivan e Cosmesi, le immaginifiche ed essenziali visioni dello scenografo Antonio Rinaldi. E ancora il Gruppo Nanou e Teatro Sotterraneo con “Dies Irae”, e “Barok” di Sonia Brunelli e Leila Gharib (performance da cui ho tratto la stessa sensazione della redattrice che di recente ne ha scritto, spero non sia grave! Difendo, quindi, la legittimità di quel punto di vista, colorito e fintamente naif, ma non leggero).
Non si può nascondere che l’emozione più grande l’hanno riservata, in chiusura, la Socìetas Raffaello Sanzio e Scott Gibbons con “The Cryonic Chants. Canti e poemi oggettivi, tratti da un impassibile animale”, nuova versione di un progetto storico, ma rigenerato nell’impatto sonoro e visivo, con asciugature e nuovi inserti video. Dall’imprimatur dell’arte casuale, quasi esperimento di quella corrente Eventualista di cui in Italia c’è una scuola importante, nasce un madrigale, non di parole vere, ma di fonemi randomici, le lettere che un capro, nella sua inconsapevolezza, sfiora nel suo incedere su un’enorme tavola alfabetica. Un video, con l’animale, le sue paure, la sua inconsapevole scelta e la sua paradossale “umanità”, scorre alle spalle delle quattro interpreti vocali, Claudia e Teodora Castellucci, Monica Demuru e una Chiara Guidi, concertatrice di uno spettacolo di rara potenza.
Il video che proponiamo oggi documenta quanto successo nel secondo fine settimana, con le voci del Gruppo Nanou, delle artiste islandesi Erna Omarsdottir ed Hekla Dogg Jonsdottir, di Francesca Grilli e Pathosformel.