In prima assoluta a Il Maggiore di Verbania, il coreografo Raphael Bianco presenta l’esito di un progetto per la valorizzazione del territorio, finanziato da Compagnia di San Paolo
Lasciarsi pervadere dalla natura. Esserne deformati. Entrare nell’interazione di sguardi, corpi, paesaggi. Per cogliere lo spirito della Terra, e carpirne il battito.
Si conclude a Verbania il progetto “EartHeart” di EgriBiancoDanza, inserito nella rassegna diffusa di Cross Project realizzata dalla Fondazione Egri con il teatro Il Maggiore, spazio architettonico polifunzionale che è anche bar, ristorante, sala ricevimenti, arena da 1.500 posti, foyer, sala prove e infopoint turistico.
Opera dell’architetto madrileno Salvador Perez Arroyo, Il Maggiore si staglia sul lago omonimo, in perfetta armonia con il panorama lacustre, di cui offre una splendida visuale anche dall’interno, attraverso le sue ampie vetrate. E’ un complesso di quattro volumi verticali in zinco al titanio, che ricordano i sassi del lago e dei fiumi. E nel 2017, l’anno successivo all’inaugurazione, ha ottenuto l’International Architecture Award.
Dotato di un proscenio con tre livelli d’elevazione, il teatro è l’habitat ideale per l’ultima creazione di EgriBiancoDanza, finanziata dal bando “ART~WAVES. Per la creatività, dall’idea alla scena” indetto dalla Fondazione Compagnia San Paolo. Il progetto sostiene la cultura in Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta attraverso la valorizzazione dei beni e del patrimonio culturale e il supporto alla produzione e alla programmazione artistica e creativa.
“EartHeart – il cuore della Terra” è la sintesi di un percorso di ricerca durato due anni. Il coreografo e regista Raphael Bianco, ideatore del progetto, ce lo illustra: «Dapprima i danzatori si sono immersi individualmente, per una settimana, in diversi ecosistemi, sperimentando, attraverso la fragilità del proprio corpo, la potenza della natura. Luoghi di montagna e di pianura. Paesaggi lacustri e marini. Parchi e periferie urbane».
Dunque una sorta d’anacoresi sensoriale e contemplativa, materiale e ascetica, per incontrare paesaggi invernali ed estivi, località balneari, oppure i sobborghi sciatti di una grande città, con la possibilità di incrociare un’umanità fervida e disincantata. «L’incrocio di luoghi così diversi – continua Bianco – è stato l’input per vissuti tradotti in gesti, quindi in performance, infine in una danza godibile che non rinuncia a temi di spessore. Il primo step scenico è stata una restituzione alle comunità che hanno ospitato i nostri ballerini. Il secondo step ha dato luogo a un’installazione presentata lo scorso settembre a Cuneo, durante il festival “Mirabilia”».
Raphael Bianco assembla i pezzi di una ricerca immersiva, spirituale e multisensoriale. Se la resa installativa e performativa coagulava in un unico spazio spettatori e artisti, a cercare una traspirazione comune, l’esito conclusivo di “EartHeart” è un battito all’unisono che fonde emozioni e sensazioni dei danzatori.
Lo spettacolo, in prima assoluta a Verbania, cristallizza una propria via autonoma, staccata dal pubblico. La compagnia sublima la ricerca in una gestualità via via più rarefatta. Le coreografie diventano immateriali e simboliche.
Sotto i raggi diafani del light designer Tommaso Contu, con i costumi aderenti ed incorporei che evidenziano persino le nervature dei corpi, i danzatori Jon Aizpun, Gianna Bassan, Vincenzo Criniti, Chiara D’Angelo, Cristian Magurano, Francesco Morriello e Oksana Romaniuk interagiscono con una scenografia sghemba, trapezoidale, di cuspidi, scivoli e spigoli.
È un’umanità ora ridente, solare, baldanzosa, ora piagata, genuflessa, in preghiera. È una danza di attraversamenti, tra paure e attese, abbandoni e solitudini. Eppure, tra scivoli, precipizi e crinali, i ballerini trovano sempre il senso di un equilibrio corale, con movimenti mai frenetici o nevrotici, mai del tutto omologati.
Nel gioco cosmico di riflessi e frantumi, fra rombi e gocciolii, ogni tanto fa capolino il senso di rinascita di un’umanità primitiva. Le coreografie di Raphael Bianco, coadiuvato da Elena Rolla, interagiscono con le nuove tecnologie del collettivo artistico milanese Kokoschka Revival. La visual art di Ana Shametaj evoca paesaggi opalescenti. Si traduce in segni ora astratti e visionari, ora colorati e luminosi, espressione di una natura magnificente. Andrea Giomi (interaction sound design) mappa ed eleva suoni provenienti da scenari incontaminati, oppure da paesaggi antropizzati.
La continua interazione fra drammaturgia, suoni, immagini e corpi, produce una danza sinuosa e leggera, che sembra animare spazi siderali. Il cuore della terra, cui fa riferimento il titolo dello spettacolo, qui è un pallido puntino luminoso sperduto nel cuore della galassia. Allo stesso tempo, è un puntino luccicante che scenicamente si accende nel petto dei performer, una sorta di «rivolta dell’uomo presente alla sua fragilità» (Ungaretti).
Il senso del sacro. L’odore dei pini e la freschezza dell’acqua gelida. Cime innevate, sinuosità, morbidezza. Erosione. Modifica. Radicamento. Spaesamento. Riorientamento. Il contatto con gli elementi. Bellezza e corrosione di una natura capace di annichilire. Onde create dal vento. Vuoto e misticismo. Libertà, consapevolezza, forza. Il senso della riscoperta. Il contatto con il sé più autentico. L’affermazione del proprio sapere unico, che dialoga con quello degli altri. La sensazione di trovare il proprio ruolo nell’universo. Inquietudine e stupore. Morte e rinascita. Dinamismo e quiete. L’imprevedibilità di cadute e scivolate. Silenzio e immobilità. Tutto questo è “EartHeart”.
Osservare la natura in controluce. Interagire con un ecosistema per rispettare sé stessi. Aprire le braccia per spalancarle alla totalità, per sentirsi centro del mondo. Adagiarsi, assecondando la forza dirompente degli elementi, che diventa alleata se sappiamo rispettarla. Vivere attraverso il respiro degli alberi e della terra. Sentire la voce del vento che ci smuove. Squarciare la bolla di un silenzio ovattato. Curare per curarsi. Carpire l’energia degli alberi. Trovare bagliori esistenziali nell’aria circoscritta di morte, per inserirla nel fluido vitale. Essere in città, e isolarsi sotto un ponte dal rumore dei camion che transitano. Brancolare, strisciare, caracollare. Appendersi, annaspare. Capitombolare. Così i danzatori riportano in scena i propri vissuti negli habitat che li hanno fagocitati.
Senza mai esasperare il gesto, EgriBianco trasfigura i dettagli attraverso il corpo. Crea labirinti. Le teste dei ballerini guardano la terra, l’orizzonte, il cielo. Misticismo e pellegrinaggio interiore. La ricerca di miraggi sfuggenti. Un senso d’ineffabilità traduce nel linguaggio del corpo il mistero dei paesaggi, risvegliando anche negli spettatori gli stati d’animo che nascono dall’avvertimento della nostra piccolezza di fronte all’universo.
EARTHEART – IL CUORE DELLA TERRA
Concept e coreografia: Raphael Bianco
Assistente alla coreografia: Elena Rolla
Stage concept: Kokoschka Revival con il contributo di Ana Shametaj (visual art) e Andrea Giomi (interaction sound design)
Luci: Tommaso Contu
Danzatori: Jon Aizpun, Gianna Bassan, Vincenzo Criniti, Chiara D’Angelo, Cristian Magurano, Francesco Morriello, Oksana Romaniuk
Produzione: Fondazione Egri per la Danza in collaborazione con Cross Festival e CEM – Centro Eventi Il Maggiore di Verbania, Torino Danza Festival, OGR Torino, Unione Musicale Onlus
Il progetto EartHeart ha ricevuto il contributo della Fondazione Compagnia di San Paolo nell’ambito del bando “ART~WAVES. Per la creatività, dall’idea alla scena”
Con il sostegno di: MIC – Ministero della Cultura, Regione Piemonte, Fondazione CRT, TAP – Torino Arti Performative
durata: 1h
appalusi del pubblico: 4’ 30”
Visto a Verbania, Teatro Il Maggiore, il 2 giugno 2023
Prima Assoluta