L’Edipo di Robert Carsen. La tragedia di un re con l’abito scuro

Giuseppe Sartori (ph: Franca Centaro)
Giuseppe Sartori (ph: Franca Centaro)

Il Teatro Greco di Siracusa ha ospitato lo spettacolo con protagonista Giuseppe Sartori nell’ambito della 57^ stagione della Fondazione INDA

«Mi considero figlio della fortuna che concede il bene e non proverò disonore. Questa è la madre da cui sono nato, nello scorrere dei mesi. I miei fratelli mi hanno reso ora misero ora grande. Questo sono io, io Edipo, e non potrei diventare nessun altro, perciò io non ho paura di conoscere la mia stirpe».
Queste parole recitate da Giuseppe Sartori, in black suit, nei panni e nel corpo di re Edipo, inquadrano fin da subito il tema centrale di questa monumentale opera, l’intramontabile classico che non smette di essere contemporaneo.

Il tema dell’identità è centrale nell’opera teatrale del regista canadese Robert Carsen, per la prima volta a Siracusa con “Edipo Re” di Sofocle, nella nuova traduzione di Francesco Morosi. L’identità passa attraverso la conoscenza, due elementi che interagiscono in continuo e costante scambio e contatto tra di loro. Ognuno di noi nasce, cresce e spende la propria esistenza nell’imperitura ricerca di sapere chi è, cosa fa e perché. Chi è Edipo, chi siamo noi? Noi siamo Edipo?

La ricerca compiuta da Edipo sulle proprie origini e sulla propria storia risulta essere un’analisi tragica, come precisò il poeta-filosofo tedesco Friedrich Schiller in una lettera destinata a Goethe nel 1797. «Ciò che è già accaduto essendo ormai immutabile è per sua natura tanto più terribile – sostiene Schiller – […] Il terrore che possa essere accaduto qualcosa affligge l’animo umano in modo ben diverso dal terrore che possa accadere qualcosa in futuro».
Di etichette, tuttavia, ne sono state apposte tante sul testo del drammaturgo di Colono Ippio. Da Aristotele che l’aveva definita una “tragedia perfetta” a “macchina infernale”, la definizione coniata da Jean Cocteau.

Anche questa volta, al teatro greco di Siracusa per la 57^ edizione delle rappresentazioni classiche dell’Inda (Istituto Nazionale del Dramma Antico), Sofocle fa diventare e trasforma ognuno di noi in Edipo: la sua purificazione è una catarsi collettiva. Ogni tragedia ateniese, infatti, oltre ad essere un patrimonio dell’umanità, rappresenta un unicum, non uno spectaculum. Un fenomeno di massa che si collocava all’interno del rituale religioso dionisiaco ed aveva la missione di educare una massa di contadini poveri e diseredati fino a renderli cittadini, individui. La tragedia è una forma di analisi pubblica che attraverso i miti parla di giustizia e dei grandi temi della civiltà ateniese, come l’obbedienza alle leggi. In questo frangente si colloca l’”Edipo re” di Sofocle, rappresentato per la prima volta nel teatro di Atene nel 429 a.C., durante la guerra contro Sparta.

È una scena maestosa ma essenziale, nuda, quella che si apre con la reggia di Tebe, una grandissima scalinata in calcestruzzo, speculare alla cavea, realizzata per l’opera di Robert Carsen da Radu Boruzescu e che, arrivando in altezza fino all’ultima gradinata del teatro, ne chiude lo spazio. Là regna Edipo, incarnato, reso vivo e contemporaneo, da un attore aderente e incisivo come Giuseppe Sartori. Lui che è figlio di Laio, della stirpe di Cadmo, fondatore della città. Altrettanto imponente è il coro di ottanta elementi che occupa quello spazio. Sono donne e uomini, vestiti di nero anche loro; portano sulle braccia degli abiti dello stesso colore, come esanimi spoglie mortali di altrettanti concittadini.
Edipo/Sartori si rivolge a loro con un appellativo amorevole: «Figli, stirpe nuova dell’antico Cadmo, perché siete qui? La città è piena di incensi, di peani e di lamenti, non mi sembrava giusto, figli, informarmi da messaggeri e così sono venuto qui di persona, io Edipo, noto a tutti».

Il capo coro, interpretato da Rosario Tedesco, narra che nella città è scoppiata una terribile peste, che la sta piegando. Al suo, al loro, re che già una volta li aveva salvati dalla Sfinge, il sacerdote si rivolge chiedendo: “Salvaci ancora”. Edipo lo ascolta e lo rassicura. Per comprendere il motivo di quella piaga, manda a Delfi per consultare l’oracolo un suo messaggero, il quale riporta la risposta del dio Apollo.
Più volte Eschilo ha ricordato che, sul frontespizio del tempio di Apollo, vi era incisa una scritta: “Conosci te stesso”. La risposta arriva: bisogna liberare la città dalla contaminazione che impregna quella terra. Tutto ebbe inizio con l’uccisione del vecchio re di Tebe, Laio: «E ora Iddio ci ordina espressamente di punire i suoi assassini, chiunque essi siano», recita così Creonte, in soprabito nero, che Paolo Mazzarelli interpreta restituendo la potenza e l’autorità del personaggio di Sofocle.
«Dove potremo trovare la traccia sbiadita di un assassinio così antico?»: Edipo porge questa domanda a Creonte; decide così di fare un proclama, comincia ad indagare per cercare il colpevole. Minaccia il veggente cieco Tiresia, interpretato in modo avvincente e con fascino arcano da Graziano Piazza, il quale prima si rifiuta di parlare, ma dopo lo esorta a cercare il colpevole nella sua casa.
Creonte, accusato di complottare contro di lui, si dichiara innocente e così Giocasta, con una elegante redingote bianca, nobilmente interpretata da Maddalena Crippa, si trova costretta a intervenire per placare il conflitto tra suo marito e suo fratello.

Poco alla volta Edipo scopre così la verità tremenda. L’uccisore del proprio padre è lui, colpevole del delitto di parricidio, ma ancor più grave e deplorevole è il fatto che ha violato la legge della natura e della divinità unendosi sessualmente a Giocasta, sposando sua madre. La regina ha generato quattro figli con Edipo: Eteocle, Polinice, Antigone e Ismene. Una prole mostruosa.
«Sono un re e un mostro. In un solo corpo» ha scritto Hugo von Hofmannsthal in “Ödipus und die Sphinx” del 1906. Giocasta si impicca ed Edipo si cava gli occhi, se ne andrà errabondo a morire nel bosco di Colono. «Tutto è chiaro. Luce che io ti possa vedere adesso per l’ultima volta. Io sono nato da chi non dovevo. Mi sono unito a chi non dovevo. Ho ucciso chi non dovevo»: sono queste le sue ultime parole prima del cruento gesto.

Robert Carsen sceglie una via coerente e rigorosa: “Edipo re” non è solo una tragedia privata, ma anche una tragedia pubblica che si sviluppa al cospetto di una città, Tebe, rappresentata dagli ottanta elementi del coro, diretto con armoniose euritmie e i suggestivi movimenti coreografici di Marco Berriel. Nuda è la parola, Carsen punta tutto su questo, concedendole uno spazio in primo piano, da protagonista, con una regia che si mette al servizio del testo, senza una recitazione tronfia, senza finzione, senza artifici e orpelli tonali. Il testo non ha bisogno di eclatante drammaticità per essere compreso ed interiorizzato nel 2022. Come ha dichiarato lo stesso Carsen, “la modernità dell’opera consiste nella sua onestà”.

Nudo è il corpo di Edipo così come nuda è la verità. L’inizio e la fine della sua vita coincidono senza alcuna oscillazione di movimento, questo è il suo dramma. Molti di noi conoscono la sua storia, che per Sigmund Freud è anche la nostra storia; ancora prima però l’oracolo aveva predetto al re padre il destino scellerato di Edipo, suo figlio.
Per questo motivo Laio, per evitare il compimento del vaticinio, aveva dato il piccolo, futuro re, ad un pastore con l’ordine spietato di ucciderlo. Nella tragedia di Sofocle il primo a violare la legge è dunque il padre, non il figlio, con l’intento dell’abbandono e dell’infanticidio. Laio vuole uccidere Edipo per non esserne ucciso: stesso disegno, identica matrice. Tutto sembra essere già scritto per Edipo e il regista restituisce questa rappresentazione mentale attualizzandola.

Scegliamo noi chi siamo, chi vogliamo essere; crediamo di essere liberi ma in realtà, e in fondo, non lo siamo. Più Edipo, più tutti noi, rifiutiamo, ci opponiamo al fato, più Edipo, più tutti noi rimaniamo impigliati nella sua rete. E se è vero che nel compiersi di un destino tragico, Edipo passa dalla felicità del potere alla disgrazia estrema, se è vero che nessuno è felice poco prima della propria morte, è anche vero che è esattamente quello il momento in cui si realizza il riscatto, la liberazione, la purezza dello spirito.

Edipo Re
Opera di Sofocle
Traduzione Francesco Morosi
Regia Robert Carsen
Drammaturgia Ian Burton
Scene Radu Boruzescu
Costumi Luis F. Carvalho
Luci Robert Carsen, Giuseppe Di Iorio
Coreografie Marco Berriel
Musiche di Scena Cosmin Nicolae
Regista assistente Stefano Simone Pintor

Cast:
EDIPO RE Giuseppe Sartori
CAPO CORO Rosario Tedesco
CORIFEA Elena Polic Greco
CREONTE Paolo Mazzarelli
TIRESIA Graziano Piazza
GIOCASTA Maddalena Crippa
PRIMO MESSAGGERO Massimo Cimaglia
SERVO DI LAIO Antonello Cossia
SECONDO MESSAGGERO Dario Battaglia
CORO DI TEBANI Giulia Acquasana, Caterina Alinari, Livia Allegri, Salvatore Amenta, Davide Arena, Maria Baio, Antonio Bandiera, Andrea Bassoli, Guido Bison, Victoria Blondeau, Cettina Bongiovanni, Flavia Bordone, Giuseppe Bordone, Vanda Bovo, Valentina Brancale, Alberto Carbone, Irasema Carpinteri, William Caruso, Michele Carvello, Giacomo Casali, Valentina Corrao, Gaia Cozzolino, Gabriele Crisafulli, Simone D’Acuti, Rosario D’Aniello, Sara De Lauretis, Carlo Alberto Denoyè, Matteo Di Girolamo, Irene Di Maria di Alleri, Corrado Drago, Carolina Eusebietti, Lorenzo Ficara, Manuel Fichera, Caterina Fontana, Enrico Gabriele, Fabio Gambina, Enrica Graziano, Giorgia Greco, Carlo Guglielminetti, Marco Guidotti, Lorenzo Iacuzio, Ferdinando Iebba, Lucia Imprescia , Vincenzo Invernale
Althea Maria Luana Iorio, Elvio La Pira, Domenico Lamparelli, Federica Giovanna Leuci, Rosamaria Liistro, Giusi Lisi, Edoardo Lombardo, Emilio Lumastro, Matteo Magatti, Roberto Marra, Carlotta Maria Messina, Moreno Pio Mondì , Matteo Nigi, Giuseppe Orto, Salvatore Pappalardo, Marta Parpinel, Alice Pennino, Edoardo Pipitone, Gianvincenzo Piro, Bruno Prestigio, Maria Putignano, Riccardo Rizzo, Francesco Ruggiero, Rosaria Salvatico, Jacopo Sarotti, Mariachiara Signorello, Flavia Testa, Sebastiano Tinè, Francesco Torre, Francesca Trianni, Gloria Trinci, Damiano Venuto, Maria Verdi, Federico Zini, Elisa Zucchetti
Responsabile del coro Elena Polic Greco
Direttori di scena Angelo Gullotta, Carlotta Toninelli
Coordinatore degli allestimenti Marco Branciamore
Responsabile sartoria Marcella Salvo
Coordinatore audio Vincenzo Quadarella
Responsabile trucco e parrucco Aldo Caldarella
Costumi realizzati da Laboratorio di sartoria Fondazione Inda
Scenografie realizzate da Laboratorio di scenografia Fondazione Inda

durata: 2h circa
applausi del pubblico: 10 minuti con standing ovation

Visto a Siracusa, Teatro Greco, il 2 giugno 2022

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